Al novantesimo di Hellas Verona-Napoli sembrava che nulla fosse cambiato rispetto alla scorsa stagione, che la Serie A fosse ricominciata così com’era finita. Un lungo filo di continuità passava attraverso la mestizia inconsolabile degli azzurri e arrivava fino alla carica euforica dei gialloblu, come se l’estate avesse congelato il tempo, fermando la realtà allo scorso giugno. Invece in queste settimane entrambe le squadre sono cambiate tanto. L’Hellas in particolare è stato trasformato profondamente, di nuovo, dal mercato e sul mercato: la rosa è stata spogliata di molti protagonisti della salvezza conquistata in primavera, al loro posto è arrivato un nuovo lotto di giocatori apparentemente sbucati dal nulla. Lo stesso allenatore Paolo Zanetti ha ammesso di essere rimasto sorpreso dai due marcatori del 3-0 finale, Dailon Livramento e Daniel Mosquera, perché non li conosceva fino a pochi giorni prima. Oltre alle due punte, sono arrivati anche Martin Frese, Casper Tengstedt e Yllan Okou da campionati esteri, due volti noti della Serie A come Aboud Harroui e Grigoris Kastanos e una manciata di giovanissimi da altri club italiani. La lista dei giocatori partiti è ancora più lunga, così a Verona sono rimaste poche certezze: Montipò in porta, Dawidowicz in difesa, a centrocampo e sugli esterni Duda, Lazovic, Tchatchoua e Suslov. Per il resto sono tutti punti interrogativi.
Al Bentegodi devono esserci regole gattopardesche per cui il Verona ogni sei mesi è costretto a resettare la squadra per mantenere lo stesso livello atletico e agonistico – un livello molto alto per la bassa classifica. Questo è l’unico pattern fisso nelle rose assemblate dal direttore sportivo Sean Sogliano, anno dopo anno: il Verona è sempre una squadra forte fisicamente, pronta a spostare la partita sul piano dell’energia e dei duelli individuali. Dopo la partita con il Napoli, Zanetti ha detto a Dazn: «Quando si allenano questo tipo di ragazzi diventa difficile parlare di copertura degli spazi, è più semplice andare uomo su uomo, alzando l’intensità».
L’altro aspetto evidente del lavoro di Sogliano è l’obbligo di rispettare una regola aurea del mercato: vendi a molto, compra a poco. il diesse dell’Hellas ha fatto incassare oltre 70 milioni di euro alla sua società, se guardiamo alle ultime due sessioni di mercato. E ne ha reinvestito in acquisti soltanto il 15%. Un circolo virtuoso per necessità, in cui i giocatori migliori devono essere valorizzati e venduti, spesso in tempi brevissimi. Gli esempi più evidenti sono quelli di Ngonge e Noslin, due con un percorso praticamente identico. Il belga è stato acquistato a gennaio 2023 dal Groningen per poco più di mezzo milione e un anno dopo è stato venduto al Napoli per una ventina di milioni; il suo sostituto, Noslin appunto, è arrivato dal Fortuna Sittard per tre milioni e dopo sei mesi è passato alla Lazio per 15. Plusvalenze su plusvalenze, plusvalenze al quadrato, sempre con giocatori venuti dalla periferia del calcio. Adesso l’obiettivo è ripetere lo schema con Livramento e Mosquera: il primo è stato preso dall’MVV Maastricht, seconda divisione olandese, per 600mila euro; il secondo arriva dal campionato colombiano, dall’América de Cali, ed è stato pagato 700mila euro. Ma ogni volta smontare e ricostruire la squadra alza il livello di difficoltà di una tacca. «Le plusvalenze per noi sono fondamentali, ma non è facile sostituire giocatori che hanno fatto bene e ripetersi non è mai facile», dice Sogliano.
A ogni nuova sessione di mercato l’Hellas si costringe a ripartire da zero, invitando l’allenatore di turno a trovare una coerenza tra le macerie della squadra precedente e del materiale nuovo, mai visto prima, che nessuno sa se può essere mescolato insieme oppure no. Era successo anche a gennaio scorso, quando Sogliano è entrato in modalità Football Manager pescando giocatori sconosciuti da campionati esotici. Dodici cessioni nel mercato invernale, compensate dagli arrivi di Centonze, Mitrovic, Suslov, Swiderski, Noslin, Belahyane, Dani Silva, Tavsan. Meno di otto milioni la spesa, 44 milioni entrati nelle casse del club. Di mezzo anche quell’inchiesta giudiziaria per bancarotta fraudolenta, con quote del club sequestrate al proprietario Maurizio Setti e poi restituite ad aprile 2024. Lo smantellamento della squadra sembrava una resa, invece i nuovi arrivi sono diventati argilla modellata con maestria da Marco Baroni: la salvezza è arrivata dopo un girone di ritorno da 24 punti. Il Verona aveva riprodotto il meme “Call an ambulance. But not for me”.
Contro il Napoli, all’esordio in campionato, uno dei protagonisti meno celebrati è stato Reda Belahyane. Il centrocampista classe 2004, insospettabile padrone del gioco, fa parte degli acquisti di gennaio 2024, ma non si era ancora visto. Era stato comprato dopo 26 minuti in Ligue 1 con la maglia del Nizza, Baroni lo aveva provato subito, contro la Juventus per qualche minuto, come per testarlo. Poi lo ha messo in ghiacciaia fino a fine stagione, quando ha giocato da titolare contro l’Inter all’ultima giornata, a campionato finito e salvezza raggiunta. Eppure adesso sembra un giocatore che in Serie A ci può stare. E pure molto bene. Sogliano aveva visto in lui un centrocampista in grado di fare il titolare. E questo non è scontato, visto che la parte più difficile in sessioni di mercato così frenetiche è avere uno sguardo al futuro mentre si tengono insieme i pezzi del presente – come si fa a capire chi starà bene nella squadra di domani se non sai nemmeno com’è la tua squadra oggi?
Sogliano viene dipinto come quel tipo di diesse che ragiona un po’ d’istinto e un po’ di cuore, lontano dalle recenti evoluzioni di un lavoro raccontato sempre più spesso attraverso pc, tablet e algoritmi. Lo scorso febbraio aveva detto di essere uno all’antica: «Sono un direttore sportivo atipico, mi piace andare a vedere le partite dal vivo. Le intuizioni più belle e la passione partono da lì. Io sono ancora legato a questo, poi gli algoritmi e gli altri strumenti che ci sono oggi per valutare il calcio mondiale sono di grande aiuto». Non è solo una posa passatista, Sogliano è anche uno che non usa WhatsApp – almeno per lavoro – e a cui piace vivere l’ambiente squadra all’altezza del campo, sentendosi un po’ allenatore in seconda e mettendoci la faccia nelle situazioni scomode. Come dopo Inter-Verona dell’anno scorso, quando attaccò frontalmente il Var e la direzione di gara.
Poco celebrato in Italia, oscurato mediaticamente da colleghi più in vista, Sogliano da anni inanella scelte corrette, e a questo punto non è più concesso il verbo “indovinare”. Dietro i suoi meriti c’è un lavoro di squadra portato avanti ogni giorno con i suoi collaboratori. È l’unica strada percorribile per seguire tutti i mercati emergenti, dal Belgio ai Paesi Bassi, dalla Danimarca alla Polonia fino alla Repubblica Ceca. Al suo fianco ci sono sempre il vice Gennaro Delvecchio e lo storico collaboratore Vincenzo Bevo, tornato un anno fa a Verona nelle vesti di capo dell’area scouting dopo l’esperienza alla Fiorentina. Alle loro spalle, nell’ombra, lavora una squadra di osservatori e collaboratori coordinati per coprire decine di campionati, anche lontani dall’Europa, dividendosi ore di viaggio, ore di partite da vedere e decine report da compilare.
All’inizio di questa stagione, per il quinto anno di fila, il Verona ha cambiato tecnico e ha scelto Zanetti per trovare la quadratura della nuova rosa. Zanetti è reduce da un deludente esonero all’Empoli, ma si sta costruendo il curriculum da specialista della zona salvezza, abituato a tenere insieme pezzi dispari, a organizzare le sue squadre partendo dall’aggressività senza palla e portare le partite nel fango per renderle un inferno a qualsiasi avversario. La prima di campionato ha lasciato subito buone sensazioni, ma se dovessero arrivare altre offerte per giocatori chiave – Suslov, Montipò e Tchatchoua su tutti – la rosa cambierebbe ancora. «Negli ultimi giorni di mercato può succedere ancora di tutto», ha detto Sogliano con una buona dose di realismo. A questa eterna precarietà non c’è alternativa per il Verona. E non volendo credere ai miracoli, l’unica cosa da fare, è ripetere l’esperimento con nuovi reagenti, sperando che il risultato sia lo stesso degli altri anni.