In un passato neanche troppo remoto, il Messico era la Nazionale dominante dell’America centrale e settentrionale. La rivalità con gli USA era del tutto sbilanciata verso il Tricolór, soprattutto a livello di pubblico: i tifosi messicani, infatti, affollavano gli stadi americani con percentuali decisamente più alte rispetto a quelle fatte registrare da quelli statunitensi. E questa differenza si manifestava anche in occasione dei ripetuti scontri diretti tra le due rappresentative. Ecco, ora tutto questo sta svanendo. A dirlo sono gli ultimi risultati della squadra guidata da Javier Aguirre: agli ultimi Mondiali e all’ultima Copa América, il Tri non è andata oltre il primo turno; gli ultimi sette scontri diretti con gli USA si sono conclusi con cinque vittorie degli americani e due pareggi; l’ultimo titolo messo in bacheca, la Gold Cup del 2023, è arrivato solo perché, come dire, il calendario è stato piuttosto clemente: per vincere il torneo, infatti, il Messico ha dovuto eliminare Honduras, Haiti, Qatar, Costa Rica e Giamaica, prima della finale contro Panama.
Anche al botteghino le cose stanno andando piuttosto male: pur di attirare pubblico per la (stranissima) amichevole della Nazionale contro il Valencia, che si giocherà sabato 12 ottobre a Puebla, la Federcalcio messicana ha promesso due biglietti al prezzo di uno. E ha offerto l’ingresso gratuito a tutti i tifosi che hanno assistito dal vivo, e possono dimostrarlo esibendo il tagliando originale, all’ultima partita giocata all’Estadio Cuauhtémoc – che risale al 2007. È una sorta di scelta cautelativa dopo quello che è successo in occasione delle ultime due gare giocate a Los Angeles e a Dallas, le amichevoli contro Nuova Zelanda e Canada, quando gli spalti erano desolatamente vuoti.
Secondo Sports Illustrated, le cause di questa crisi sono molteplici: nella Liga MX non esistono più le retrocessioni, di conseguenza la competitività generale si è abbassata in maniera evidente; inoltre le squadre messicane non partecipano più alla Copa Libertadores dal 2016, e anche questa scelta ha determinato un calo nella qualità dell’intero sistema. Ciò non toglie che il campionato resti ancora il più ricco e attrattivo del Nord e Centro America, ma ormai anche la distanza con la MLS diventa sempre più sottile. E i propositi di riforma strutturale avanzati un anno fa dal commissario federale Juan Carlos Rodríguez, a dirla tutta, non hanno prodotto i risultati sperati. Anzi.
Il paradosso sta proprio nella solidità economica dei club messicani, che in virtù della loro ricchezza non sono costretti a vendere i loro talenti ai club europei, e allora sparano cifre molto alte. L’ex ct Tata Martino, in questo senso, ha detto parole eloquenti e anche significative: «Sono le squadre messicane a bloccare il sistema: non permettono ai giocatori migliori di andare in Europa, chiedono un sacco di soldi». Le conseguenze sono facili da intuire e da riscontrare: la qualità dei singoli e quindi della Nazionale resta stagnante, a maggior ragione in un contesto di mercato – tra campionati sudamericani e MLS – ipertrofico, ricco e oramai senza confini. Basta leggere la rosa della Nazionale per rendersene conto: per l’amichevole contro il Valencia e per quella successiva contro gli USA, programmate nei prossimi giorni, sono stati convocati ancora Ochoa, Guardado e Jiménez, 110 anni in tre; i calciatori tesserati con club europei, a parte Ochoa e Jiménez, giocano con l’AEK Atene (Pineda), la Lokomotiv Mosca (Montes), il West Ham (Álvarez), il Genoa (Vásquez), il Copenaghen (Huescas); lo stesso ct Aguirre ha accettato per la terza (!) volta l’incarico di commissario tecnico, e tra meno di due mesi festeggerà i 66 anni. Insomma, il Messico è una squadra che sa di vecchio. E che, proprio in virtù di questo, non esercita più alcuna attrattiva. Non proprio il miglior biglietto da visita in vista dei Mondiali 2026, con alcune partite che si disputeranno proprio in Messico.