Il fatto che il calcio sia uno sport a basso punteggio, a pensarci bene, è un po’ fuorviante. Nel senso: quando una partita – soprattutto se si tratta di una partita di primissimo livello – finisce con un risultato ampio, inatteso, con tanti gol, tutti pensiamo immediatamente che qualcosa sia andato storto. Che tutti questi gol, detto con tono inquisitorio, siano dovuti agli errori di chi doveva evitarli. Dei difensori, dei portieri. C’è sicuramente una parte di verità in questo assioma, ma come detto è anche una questione di bias: il gol, nel calcio, è un evento raro. Ma lo è anche per chi lo segna, non solo per chi lo subisce. In virtù di tutto questo, allora, bisognerebbe fare una rilettura un po’ diversa di Inter-Juventus 4-4. Che è stata una partita aperta, intensa, non è giusto raccontarla come la saga degli errori. Oppure, per dirla meglio: gli errori che abbiamo visto a San Siro, e che ci sono stati, non sono degli strafalcioni incredibili. Non tutti, almeno.
Per capire cosa intendiamo, bisogna partire da un concetto tennistico: quello per cui l’errore commesso da un giocatore può essere forced oppure unforced. Traduzione letterale dall’inglese: un errore può essere forzato e non forzato. È una differenza sottile e apparentemente semplice, ma è una differenza enorme: quando si parla di errore forzato, infatti, si fa riferimento a un colpo sbagliato perché l’avversario ti ha spinto/costretto a sbagliarlo, perché chi lo commette doveva rispondere da un angolo remotissimo del campo, magari dopo la terza-quarta corsa a tergicristallo, da destra a sinistra; di converso, un unforced error è un colpo sbagliato su una palla comoda o comunque non così scomoda, che nella maggior parte dei casi finisce nel campo dell’avversario. Ecco, appunto: riprendiamo Inter-Juventus 4-4: quali e quanti errori commessi in occasione dei gol sono stati effettivamente unforced? E quanti, invece, sono da considerare forced?
In realtà queste domande non sono postulate nel modo giusto. Perché nel calcio, a pensarci bene, pochissimi errori sono davvero unforced: una papera del portiere, un passaggio completamente fuori misura, un liscio, ecc. E infatti Inter-Juve 4-4 è stata aperta da un rigore che Marcus Thuram si è conquistato bruciando letteralmente Danilo, togliendogli il pallone un istante prima che potesse rinviarlo: è vero, il difensore brasiliano della Juve avrebbe potuto essere molto più reattivo e/o rendersi conto della situazione e rinunciare al tentativo di anticipo, ma quanti falli in area vengono fischiati dopo azioni del genere? Sono tutti errori grossolani dei difensori o magari il calcio di oggi – inteso come insieme di regolamento, doti fisiche degli attaccanti, velocità e intensità del gioco, ecc. – favorisce gli attaccanti, quando ci sono questi contrasti?
Stesso discorso pochi minuti dopo, dall’altra parte del campo: la Juventus ha pareggiato su un’azione ispirata da un cross di Cabal, che ha trovato McKennie smarcato in area di rigore; su quella palla la difesa dell’Inter ha dato l’impressione di essere statica, e in effetti nessun giocatore nerazzurro è riuscito a seguire il taglio del centrocampista americano. Ma è vero pure che bisogna metterlo, quel cross. Ma è vero pure che i difensori di Inzaghi, in quell’azione, hanno dovuto (o meglio: avrebbero dovuto) marcare o comunque seguire McKennie e Vlahovic che si inserivano, appena fuori area c’erano Conceição e Locatelli, a sinistra c’era Weah. E poi è arrivato a supporto anche Cabal, bravissimo a dosare un lancio che i telecronisti di una volta avrebbero definito coi giri contati. Quanti terzini o comunque quanti difensori di Serie A riescono a pensare ed effettuare un cross così preciso, così pulito?
Non male davvero, come cross
Ecco, questo è quello che intendevamo quando parlavamo di errori forzati e non forzati: è chiaro che la difesa dell’Inter avrebbe potuto e dovuto leggere meglio l’inserimento di McKennie, ma bisogna anche dire che Cabal esegue una giocata davvero pregiata. Poi, volendo, si potrebbe aggiungere che tanti inserimenti di questo tipo, nel corso di una qualsiasi partita di Serie A, vengono vanificati da passaggi meno accurati. E che, su 50-60 azioni imbastite dalla Juve, in fondo, una copertura sbagliata e/o in ritardo va messa in conto.
Questa è la chiave: il discorso relativo al fallo di Danilo e alla mancata marcatura su McKennie può essere fatto anche per tutti gli altri gol, più o meno. Magari Bastoni e Dimarco avrebbero potuto arginare meglio Conceição un attimo prima del tocco sotto porta di Weah che è valso l’1-2, magari l’intervento di Kalulu su Dumfries è più goffo e gratuito rispetto a quello di Danilo, ma il punto è che Inter e Juve hanno costantemente messo sotto pressione la difesa avversaria. Lo hanno fatto con meccanismi difficilmente leggibili, poi ci hanno messo anche la qualità dei singoli, i giocatori non si sono risparmiati per un istante. E, anzi, hanno anche fallito delle occasioni da gol, hanno commesso degli errori in attacco. E allora bisognerebbe ribaltare un attimo la prospettiva iniziale: più che sottolineare gli errori dei difensori, sarebbe più giusto elogiare ed esaltare le intuizioni e le pure giocate tecniche di Mkhitaryan, di Dumfries, di Yildiz, così come le parate effettuate da Di Gregorio sui tiri di Dimarco e di Barella.
Insomma, non stiamo dicendo che Inter-Juventus 4-4 debba per forza essere considerata spettacolare, o più spettacolare di partite che finiscono con meno errori difensivi e meno gol, questo giudizio lo lasciamo al gusto di ognuno: stiamo dicendo che gli errori difensivi e i gol venuti fuori a San Siro sono frutto della forza di chi era in campo delle idee degli allenatori, quindi dell’atteggiamento tenuto dalle due squadre. Del fatto che i meccanismi offensivi preparati da Inzaghi e Motta, in questa occasione, hanno avuto la meglio su quelli difensivi. È un evento raro, ma può avvenire. Avviene sempre più spesso, anche ai livelli più alti. E non è sintomo di un deterioramento dell’arte difensiva, non per forza almeno: nel calcio contemporaneo, a volte, semplicemente, il gioco d’attacco diventa troppo veloce e troppo sofisticato per essere limitato. Forse è arrivato il momento di farsene una ragione.