Se Italo Calvino avesse scritto Le Città Invisibili lo scorso mese di novembre, avrebbe descritto Torino come un luogo che rimbalza, rotondo e giallo, esattamente a immagine e somiglianza di una pallina da tennis. Le Finals sono arrivate alla quarta edizione nel capoluogo piemontese – rimarranno in Italia fino al 2030 come annunciato dal presidente ATP Andrea Gaudenzi appena terminata la finale vinta da Sinner ma ancora non è dato sapere dove – e mentre si affacciano alla chiusura del quinquennio hanno definitivamente conquistato l’animo sabaudo di ogni singolo cittadino residente e attirato migliaia e migliaia di turisti italiani e stranieri. La settimana di gioco è diventata un capodanno, con i tennisti che alloggiano nel cuore del centro e ogni singola vetrina addobbata a tema con racchette e palline. Basta camminare sotto i portici regali per rendersi conto che per dieci giorni buoni nessuno parla di niente che non siano dritti, rovescio, game, set, calcoli per chi passerà il girone e orari di gioco del giorno successivo. Il mormorio della folla ricorda il rumore sordo delle corde, in fila per fare colazione ci si mette bassi sulle gambe come pronti in risposta e anche il vitello tonnato ha l’odore di un tubo di palline nuove appena aperto. Torino parla una lingua nuova fatta di scambi silenziosi e oooh di meraviglia, di punteggi annunciati, new balls please, e un’attenzione ai dettagli impressionante.
«Se ci fai caso, Sinner fa rimbalzare la pallina sette volte prima di servire, cinque volte quando deve battere la seconda».
«Come fai a saperlo?»
«È una settimana che lo guardo».
Questo dialogo è solo uno dei tanti origliati tra i passanti indaffarati a controllare sullo smartphone i risultati delle partite per cui non hanno trovato i biglietti mentre aspettano che Zverev o Rublev escano dal loro hotel concedendosi agli autografi. Il punto è che Torino non diventa ma torna capitale d’Italia con gli occhi di tutto il mondo addosso, e se ne assume la responsabilità con impegno e costanza. I mezzi pubblici per raggiungere l’Inalpi Arena sono puntuali e abbondanti, la fila dei taxi dopo le partite serali scorre veloce e domina un clima di festa e serenità che spazza via i quintali di nebbia tipica del periodo. Il vettore principale di tutto questo entusiasmo non può che essere Jannik Sinner, numero uno del mondo indiscusso, artefice di una stagione clamorosa e alfiere della seconda Coppa Davis di fila dell’Italia. Sinner è anche testimonial di Intesa Sanpaolo, il partner ospitante delle Finals con una serie di iniziative che fanno vivere alla grande tutto il contorno dell’evento. Durante la finale tra Sinner e Fritz a ogni ace messo a segno dai due tennisti – 22 in totale – sono corrisposti 1000 euro di donazione a sostegno della Fondazione Piemontese per la ricerca sul cancro Onlus di Candiolo nell’avvio della nuova Biobanca che consentirà studi avanzati sulla genetica e sui tumori. Intesa Sanpaolo, a questi 22.000 euro raccolti solo nell’atto finale, ha anche aggiunto 100 euro per ogni ace giocato durante tutta la durata del torneo, il modo perfetto per legare la solidarietà a uno dei gesti tecnici più belli. In questa stessa direzione va anche la dimostrazione di wheelchair tennis organizzata nei giorni conclusivi delle Finals sul campo di allenamento dell’Inalpi Arena. Un modo per scoprire anche un’altra angolazione di questo sport, presentandone la bellezza tecnica e l’alto grado di competizione di atleti fortissimi.
Nell’edizione 2024 il Fan Village è stato al centro dell’esperienza di giocatori, fan e partner delle Finals con un lavoro di rinnovamento totale. Vendita di abbigliamento tecnico, distribuzione di gadget, un corner con libreria solo a tema tennis, tantissimi eventi, la presenza dello stand di isybank, la banca digitale di Intesa Sanpaolo e una vivacità continua che non si è mai fermata. Le iniziative sono state innumerevoli e hanno travalicato il mondo dello sport arrivando fino ai podcast con Momentum, cinque episodi che raccontano come il tennis italiano stia cambiando in meglio anche la società raccogliendo storie vere della community di Intesa Sanpaolo; lo stesso è valso per il mondo dell’arte con Intesa Sanpaolo che ha offerto l’ingresso gratuito alle Gallerie d’Italia per chi presentava il biglietto di partecipazione alle Finals.
Il tennis in Italia sta diventando un grande sogno collettivo e grazie alla bravura e all’attitudine di Jannik Sinner sta nascendo una generazione di bambini che diventeranno adulti appassionati. Basta osservare un dettaglio per allargare la lente e capire la portata popolare di quello che sta succedendo: il rapporto dei tennisti con le bambine e i bambini che li accompagnano in campo e poi rimangono a fare da raccattapalle. Ha fatto notizia la piccola Francesca di sette anni che non vedeva l’ora di dare la manina a Jannik e di fargli la domanda che si portava dentro da chissà quando: «Gli ho chiesto se poteva vincere e lui ha detto che ci provava, poi gli ho chiesto se aveva paura e ha detto sì». Un manifesto di essenza tennistica a una spremuta di umanità che è il concentrato ultimo di tutto quello che fanno i raccattapalle sul campo in ogni partita. Se un torneo viene apprezzato dai giocatori, il merito è anche di chi sta sempre con gli occhi fissi sulla palla per recuperarla al momento giusto, passarla con velocità e stare vicino agli atleti in ogni momento. Per questo è nata Intesa Sanpaolo Ball Person Academy, la tenuta a battesimo della scuola di raccattapalle organizzata dalla Federazione proprio per l’evento. Al torneo ATP di Barcellona la tradizione impone che il vincitore si tuffi in piscina insieme a tutti i raccattapalle e molte di queste scene negli ultimi anni sono divenute iconiche grazie a Rafa Nadal. Chissà che il vincitore del prossimo anno, magari sempre Sinner, non voglia sfidare il freddo, regalandosi un tuffo nel Po.
In questi anni di torneo arrivato a Torino dopo un lungo periodo a Londra, l’Italia ha avuto la fortuna di trovare un allineamento di pianeti impensabile con uno degli eventi sportivi più importanti del mondo giocato a casa dell’astro nascente indiscusso di questo sport. Quelle del 2024 sono state le Finals di Jannik Sinner che le ha dominate sul campo e l’eredità di questo tifo arriva fin dalla sua prima apparizione quando sostituì in corsa l’infortunato Berrettini e dall’edizione 2023 in cui si arrese in finale a Djokovic, non prima di aver regalato alla città una vittoria sullo stesso nei gironi e una grande semifinale contro Medvedev. Sinner ama il tennis e non fa niente per nasconderlo, è l’esatto opposto della narrazione appassionante e nichilista di Agassi nel suo Open, ed è su questa morbidezza che atterra l’amore del pubblico. La Sinner-mania vive dentro al palazzetto con le macchie arancioni dei Carota Boys unite alle tantissime bambine e bambini con magliette, cartelli, cappellini, gonfiabili e qualunque cosa una persona di dieci anni o giù di lì possa ritenere utile per spingere alla vittoria il proprio idolo. Durante la finale contro Fritz, in un settore ad angolo abbastanza vicino al campo, un bambino ha tenuto in alto la sua racchetta Head bianca e nera – stesso modello di quella di Jannik ma un po’ più piccolina – per tutto il pre partita, mentre Virginia Bocelli cantava l’Inno di Mameli, a ogni cambio di campo e poi durante la premiazione. Sinner probabilmente non è riuscito nemmeno a vederlo – i suoi vicini di posto sicuramente sì e qualcuno ha anche protestato – ma lui niente, la teneva in alto imperterrito. È stata una grande dichiarazione d’amore, una cosa piccola ma buona come l’avrebbe chiamata Carver.
Senza retorica, il clima dentro all’Inalpi Arena è sempre stato ottimale in equilibrio perfetto tra il tifo per un campione italiano come non era mai esistito e il grande rispetto per tutti i suoi avversari come ha sottolineato anche Taylor Fritz all’inizio della premiazione. In attesa che venisse allestito il podio, gli schermi del palazzetto lo hanno inquadrato sconsolato con lo sguardo perso nel vuoto e tutti gli spettatori hanno applaudito e coccolato questo ragazzo che aveva appena concluso la stagione nettamente migliore della sua carriera trovandosi davanti un alieno capace di batterlo con facilità in finale sia agli Us Open sia all’atto conclusivo dell’anno. Non ci sono mai state scene da torcida come a volte accade al Foro Italico, con il pubblico aizzato dalla terra rossa e da una fame di vittorie italiane che ancora non si è saziata. Il pubblico di Torino è misurato e l’equilibrio investe anche i tantissimi che arrivano dalle altre parti d’Italia e dall’estero come se davvero lo spirito del luogo prenda tutti e non risparmi nessuno. Sembra davvero che le Finals siano sempre state qui ed è una grande fatica immaginarsele altrove. Non si trova più il confine dove comincia la città e dove finisce l’evento. Tornando sempre a Calvino che la definiva una città «ideale per scrivere», adesso sembra che Torino sia diventata davvero la città ideale per giocare a tennis, per andarlo a vedere, per appassionarsi e per scoprire uno sport magnifico e regale che ha il pregio migliore di portarsi dentro una tradizione lunghissima ma di essere moderno nella sua essenza.
Il pubblico della finale ogni tanto si guardava intorno e cercava lo sguardo di un vicino di posto o di uno sconosciuto per riconoscersi dentro un rito collettivo enorme, una riunione di famiglia da raccontare per anni e anni, a generazioni e generazioni. Un selfie veloce, un video rubato sul match point spegnendo il flash, la speranza di incrociare almeno per un secondo lo sguardo di Sinner. Ai cambi di campo risuona solo altissima musica dance o giù di lì, eppure ci starebbe meglio Francesco De Gregori, meno festaiolo certo ma perfetto per descrivere ogni momento della vita. «La storia siamo noi, nessuno si senta escluso», e queste Finals sono diventate veramente una storia bellissima a cui tutti possiamo partecipare almeno un po’.