Adesso l’Arabia Saudita punta su giocatori giovani, e per il calcio europeo è un grosso problema

L'enorme investimento fatto per il 21enne Jhon Durán, preso dall'Al-Nassr per 77 milioni, è solo l'ultimo di una serie di colpi che stanno cambiando lo scenario.
di Redazione Undici
06 Febbraio 2025

Nel bel mezzo dell’estate del 2023, quella in cui i vari Benzema, Kanté, Mahrez, Koulibaly e Milinkovic-Savic accettarono le irrinunciabili offerte arrivate dall’Arabia Saudita, arrivò una notizia di mercato ancora più sconvolgente: l’Al-Ahli, uno dei club di Saudi Pro League di proprietà del fondo PIF, convinse Gabri Veiga a stracciare un accordo già trovato con un club europeo, nella fattispecie il Napoli, e di andare a giocare a Gedda. La cosa particolare di quell’affare era l’età di Gabri Veiga, allora fresco 21enne: tra tutti i calciatori famosi che si erano trasferiti in Arabia Saudita, era quello più giovane. E, di conseguenza, era anche quello con le maggiori possibilità di avere una grande carriera in Europa. Non a caso, viene da dire, un’icona assoluta come Toni Kroos non prese benissimo – per usare un eufemismo – la scelta del centrocampista spagnolo.

È facile capire perché furono registrate sorpresa e anche un po’ di indignazione, per Gabri Veiga all’Al-Ahli: in altre epoche era già successo che i club di una lega emergente e ricchissima – si pensi alla Super League cinese dieci anni fa o alla NASL degli anni Settanta – convincessero dei grandi giocatori a chiudere o a rilanciare la loro carriera lontano dall’Europa, ma l’approccio con i giovani talenti era stato quasi sempre respinto. Insomma, casi come quello di Oscar (passato al Guangzhou quando aveva 25 anni ed era una stella del Chelsea e della Nazionale brasiliana) erano più unici che rari. Ecco, la vicenda di Gabri Veiga avrebbe dovuto mettere in allarme i club europei, adesso ne abbiamo la conferma più o meno ufficiale: i club della Saudi Pro League vogliono puntare e stanno puntando su giocatori giovani, di qualità e non ancora pienamente affermati.

Nella sessione di mercato appena conclusa, l’investimento più oneroso – nonché il secondo colpo più costoso di sempre nella storia della Saudi Pro League – l’ha fatto l’Al-Nassr per prendere Jhon Durán, 21enne attaccante colombiano dell’Aston Villa pagato 77 milioni. Lo stesso club, che poi è quello di Cristiano Ronaldo, in estate aveva speso 35 milioni per Simakan (25 anni) del Lipsia, 23 milioni per Ángelo (19 anni) del Chelsea e 18 milioni per Wesley (19 anni) del Corinthians. Tornando ancora alla sessione di gennaio, l’Al-Hilal ha preso Kaio César (20 anni) dal Vitória Guimarães per nove milioni, l’Al-Ittihad ha acquistato Unai Hernández (20) dal Barcellona e Mario Mitaj (21) dalla Lokomotiv Mosca, l’Al-Ahli ha comprato Dams (20) dal Psv.

Insomma, ci sono diversi indizi per poter affermare che l’Arabia Saudita abbia attuato un cambio di strategia, di modus operandi. In realtà, a pensarci bene, gli stessi manager della Saudi Pro League avevano già detto che la seconda fase del loro progetto sarebbe stata improntata su un approccio più razionale e più sostenibile al calciomercato. Anche i nuovi regolamenti, in qualche modo, hanno spinto in questa direzione: due dei dieci slot per giocatori stranieri concessi a ogni squadra sono infatti riservati a giocatori nati dopo il 31 dicembre 2002. In virtù di tutto questo, ora la palla passa ai grandi club europei. Che, di fatto, hanno iniziato a subire – ed è facile immaginare che subiranno ancora – ancora più concorrenza nella corsa ai giovani talenti. Sia quelli allevati in casa che quelli brasiliani, tanto per fare un esempio, che fino a pochi mesi fa avrebbero pensato di continuare il loro percorso di crescita – e di andare a guadagnare più soldi, naturalmente – soltanto nel Vecchio Continente. Ora, invece, anche l’Arabia Saudita offre questa opportunità.

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