Per chi segue abitualmente il tennis, quando si sentono le parole “Quinto Slam” si fa riferimento a Indian Wells. Ovvero un torneo che da anni è il quinto Slam figurato, premiato come evento preferito dei giocatori, una manifestazione ricca e prestigiosa che si svolge nel caldo marzo della California con spazi infiniti e comfort da albergo di lusso. Angelo Binaghi, però, vuole cambiare questa percezione e la storia stessa del tennis. Come? Trasformando il torneo di Roma nel quinto Slam, Vero, però.
Il giornale La Stampa ha scritto che la Federazione Italiana Tennis e Padel avrebbe fatto un’offerta alla IMG, la società che detiene i diritti del torneo di Madrid, per acquisirne la licenza allo scopo di eliminare il torneo e dare a quello di Roma tre settimane piene di calendario, il lasso di tempo che servirebbe per trasformare gli Internazionali d’Italia in un torneo major. Chi pensa che questo sia un longshot a livello di ritorno pubblicitario non conosce bene le ambizioni e la determinazione del presidente della FITP, che cavalca la cresta dell’onda della «nazione più forte al mondo nel tennis», che coccola e difende il gioiello della corona Jannik Sinner e ogni anno centra l’obiettivo di far crescere presenze e fatturato dei due grandi tornei italiani, le ATP Finals e gli Internazionali d’Italia.
A Torino non c’è margine per far crescere il fatturato senza alzare (ancora di più) i prezzi dei biglietti, perché il numero delle partite di quel torneo è limitato e non ci sono in Italia impianti con una capienza maggiore. Non a caso si ipotizza che le ATP Finals potrebbero spostarsi a Milano dal 2027, quando dovrebbe essere finita la costruzione della nuova Arena Santa Giulia, un impianto da 16.000 posti che ospiterà le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026.
Dal 2023 il torneo di Roma ha allungato la sua durata diventando un Super 1000 dell’ATP, il tabellone è passato da 56 a 96 giocatori andando a complicare la programmazione dei match, da sempre uno dei punti deboli del torneo, carente di spazi e di campi. La pioggia ogni tanto costringe l’organizzazione a cancellare intere sessioni con la conseguenza di affollare il giorno dopo ancora il calendario del giorno dopo. E quindi di ingolfate ulteriormente gli impianti, già al limite per la capienza.
Per far diventare Roma un torneo dello Slam vanno superati tre ostacoli: trovare lo spazio per allargare l’area del torneo e coprire almeno due campi, migliorare lo spostamento delle migliaia di spettatori in più che si avranno e soprattutto avere il benestare del Grand Slam Committee, vale a dire dei dirigenti dei quattro Slam canonici.
Quello dello spazio è il problema più semplice da superare, semplicemente perché nel Parco del Foro Italico lo spazio c’è. È trapelata la notizia che già da quest’anno il torneo di Roma userà lo stadio dei Marmi “Pietro Mennea” come parte del sito tennistico. Inaugurato nel 1932 e circondato da sessanta statue, attualmente lo stadio dei Marmi è dedicato all’atletica. Al suo interno dovrebbero sorgere tre nuovi campi, due minori con qualche centinaio di posti in tribuna e uno più grande, da oltre 6000 spettatori, che si chiamerebbe SuperTennis Arena e che dovrebbe diventare il campo più importante del torneo dopo il centrale. E già qui c’è un primo problema di ordine burocratico: chi oggi acquista i biglietti per la Grand Stand Arena è convinto di avere un ticket per il secondo stadio del torneo. Si aspetta quindi match di livello alto. Cosa succederà se, come pare, il secondo campo più importante sarà questa nuova SuperTennis Arena all’interno dello stadio dei Marmi? L’esborso economico troverà corrispondenza nella schedule?
Manca l’ufficialità ma non dovrebbero esserci ostacoli all’ampliamento dell’area del Foro Italico, perché lo stadio dei Marmi è sotto la gestione di Sport & Salute del CONI. Il grande desiderio della FITP era utilizzare il complesso natatorio del Foro Italico, che vanta una tribuna di 12mila spettatori, ma trasformare la struttura in un campo da tennis e poi rimetterla a posto richiederebbe troppo tempo, Inoltre la Federnuoto pare essersi tirata indietro. Quell’area sarebbe stata perfetta proprio perché contigua all’area del tennis, infatti qualche anno fa ospitò la sala stampa del torneo.
Invece ci sarà da camminare parecchio per colmare la distanza tra i due campi più importanti, il centrale e lo Stadio dei Marmi: bisognerà attraversare Piazza della Sfera, a Roma meglio nota come “la palla”, che sta proprio sotto la Curva Sud dello stadio di calcio. Quest’area, che comprende un lastricato che termina sul Lungotevere proprio sotto l’obelisco fascista, dovrebbe trasformarsi nel terzo ingresso per l’area tennis del Foro Italico. Infine, ma non meno importante, non c’è torneo dello Slam che non abbia almeno due campi coperti. Ogni volta che la pioggia di maggio costringe gli organizzatori a cancellare qualche sessione di gioco al Foro, tornano i discorsi sulla necessità di coprire il campo centrale, gli impedimenti dei vincoli architettonici e il gioco delle date di quando “Roma avrà un campo coperto”. Puntualmente, questi discorsi non sfociano mai in niente di concreto, spazzati dal ponentino insieme alle nuvole quando nella capitale torna il sole.
Se quindi lo Stadio dei Marmi sarà la soluzione a livello di spazio, il problema che rimarrà difficile da risolvere è quello relativo allo spostamento di migliaia di persone, da sempre uno dei punti di criticità del torneo di Roma. Nelle giornate in cui il torneo di Roma si svolge su tutti i campi sono oltre 35mila le persone che affollano l’area, e se l’ampliamento del sito dovrebbe far crescere – seppur di poco – lo spazio pro capite a disposizione quando si è nelle zone comuni, rimane comunque il problema di come far arrivare e far defluire le migliaia di persone in più che già da quest’anno dovrebbero verosimilmente seguire il torneo.
Roma non brilla per dei mezzi pubblici adeguati, per capacità e frequenza, allo spostamento dei cittadini in tempi accettabili. Neanche in situazione di normalità, in un giorno feriale come tanti. E allora figuriamoci cosa potrebbe succedere durante un evento con un surplus di frequenza nell’ordine delle migliaia di persone. L’area non presenta possibilità di parcheggio per le auto, essendo in una zona centrale di Roma, e non ha neanche una fermata della metropolitana dalla quale si può camminare per una decina di minuti per raggiungere l’impianto. Qui ci sarà da lavorare duro per rendere migliore la gestione degli spostamenti di molte più persone, che comunque rimarrà caotica, ma da questo punto di vista veti non ne possono arrivare.

L’ostacolo più grande, come detto, sarà però quello di avere la benedizione del Grand Slam Committee, l’organismo che governa i quattro Slam da oltre 130 anni. Per far diventare ufficialmente Roma un torneo major, i quattro Slam devono essere disposti ad accogliere un nuovo fratello nella famiglia. La stessa famiglia che da oltre cent’anni è formata dalle stesse quattro persone. E parliamo di quattro organismi che solamente qualche anno fa sono riusciti a mettersi d’accordo sul far terminare le partite al quinto set dei loro tornei alla stessa maniera, introducendo il tie-break sul punteggio di sei giochi pari.
Aggiungere un quinto torneo del Grande Slam sarebbe un cambiamento epocale nel mondo del tennis, per averlo bisognerebbe giustificare il cambio con un bisogno sportivo e commerciale chiaro. I quattro Slam si giocano in tre continenti diversi e su tre superfici diverse. Un quinto Slam dovrebbe aggiungere quantomeno varietà per giustificare il cambiamento sotto il punto di vista della novità tecnica, a livello di superficie mancherebbe uno slam indoor ma al coperto si gioca già il torneo di fine anno del tennis maschile, il più lucrativo per l’ATP. Avere due Slam giocati sul rosso altererebbe in maniera pesante questo equilibrio di superfici.
Anche la motivazione logistica, ovvero una nuova sede per un grande evento major, non è dalla parte di Roma. Piuttosto, si deve guardare in direzione Medio Oriente, perché gli arabi hanno risorse che potrebbero veramente portare a stravolgere il calendario del tennis mondiale. Da anni, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita stanno intensificando i loro investimenti nel tennis, dapprima con esibizioni strapagate con tutti i campioni, come il Mubadala Championship e il più recente Six Kings Slam, un torneo che ha consegnato al vincitore Jannik Sinner la cifra record di sei milioni di dollari per due partite giocate. Nel tennis femminile poi, dal 2024 le WTA Finals si giocano a Jeddah, nelle scorse settimane si è svolto il WTA 1000 di Doha e da quelle parti aspettano che Gaudenzi realizzi la promessa di far disputare anche un 1000 maschile, che sarebbe il decimo di questa categoria. E in questo caso bisogna avere autorizzazioni degli altri Slam.
Infine, anche dal punto di vista della persuasione politica, rispetto a Roma non c’è partita. Gli arabi hanno praticamente risorse illimitate e possibilità di costruire e disfare senza vincoli: in Qatar si sono giocati i mondiali di calcio del 2022, i primi giocati d’inverno, e in Arabia Saudita si giocheranno quelli del 2034. Immaginare che Angelo Binaghi, colui che ha guadato la Federazione Italiana Tennis dai tempi di Gaudenzi, Sanguinetti e Volandri a quelli di Berrettini, Musetti e Sinner, possa cambiare la tradizione e la storia del tennis convincendo il mondo che serve un quinto Slam e che questo vada giocato nella Capitale è un’impresa titanica anche per uno come lui. Perché Roma varrà anche più di una messa e il Pietrangeli al tramonto è commovente, ma questi argomenti non varranno mai più dei petrodollari. Ovvero l’unico argomento che potrebbe intaccare lo status intoccabile dei quattro major.