Il Como di Fàbregas è la “piccola squadra” più spettacolare di sempre

Calciatori di qualità arrivati dal mercato, ma anche un'identità di gioco ambiziosa, offensiva, che non accetta compromessi. E che sta dando i suoi frutti.
di Alfonso Fasano 24 Febbraio 2025 alle 11:20

Al minuto 72′ della partita contro il Napoli, col risultato fermo sull’1-1, l’allenatore del Como Cesc Fàbregas ha deciso di effettuare un cambio: dentro l’attaccante Patrick Cutrone e fuori Maxime Caqueret, un centrocampista. Con questa sostituzione, la prima della sua partita, il tecnico spagnolo – che secondo gli almanacchi ha iniziato quest’anno la sua carriera in panchina, visto che l’anno scorso non aveva l’abilitazione e quindi il Como gli “affiancò” il gallese Osian Roberts – è passato dal 4-3-3 con Nico Paz nel ruolo di falso nueve al 4-2-3-1 puro, facendo scalare proprio Paz nel ruolo di trequartista. Alla fine il Como ha vinto la partita per 2-1, il gol decisivo l’ha segnato Diao cinque minuti dopo l’ingresso di Cutrone. E l’assist decisivo l’ha servito proprio Nico Paz. Il punto, però, sta nel senso di tutto questo discorso sul cambio Cutrone-Caqueret: il Como, squadra neopromossa in Serie A a 21 anni dal suo ultimo campionato di massima divisione, affrontava la capolista e stava ottenendo un buonissimo pareggio. Questo pareggio però a Fàbregas non bastava, tanto che ha inserito un attaccante per cercare di vincere la partita. Alla fine l’ha vinta, ma se avesse pareggiato o addirittura perso – è già successo in diverse altre gare di questa stagione – non sarebbe cambiato niente. Per Fàbregas il Como è questo, deve essere questo. Prendere o lasciare.

Certo, ci sarebbero tante cose da dire e tanti distinguo da fare. Numero uno: il Napoli di oggi è una squadra lontanissima da quella che solo un mese fa chiudeva un ciclo entusiasmante di sette vittorie consecutive. Numero due: il Como è un club unico nel suo genere, la sua dimensione tecnica e storica è lontanissima dallo strapotere finanziario che la proprietà indonesiana potrebbe esercitare su tutto il calcio italiano, quindi di fatto è una squadra che può permettersi di condurre un mercato a dir poco aggressivo, di prendere Caqueret, Alex Valle e Diao sei mesi dopo aver preso Nico Paz, Sergi Roberto, Maxi Perrone. Numero tre: il Como ha questa ossatura e sette punti di margine sulla zona-salvezza, diciamo che virtualmente aveva e ha tutto ciò che occorre per giocare con la mente sgombra, manifestando ambizione tattica e tecnica, fino quasi a sfociare nell’incoscienza.

Il fatto, però, è che l’intera stagione del Como è stata vissuta e indirizzata in questo modo. In tutte le partite, anche quando la sua squadra era in zona-retrocessione o comunque pochi punti più su rispetto al terzultimo posto, Cesc Fàbregas ha sempre pensato e agito in funzione di certi principi. Ha inserito attaccanti, ha sperimentato formule audaci e meccanismi sofisticati, non ha mai rinunciato a un certo approccio. A un certo stile. Al possesso palla intensivo ma anche teso a una certa verticalità, all’aggressività estrema in fase difensiva, alle rotazioni tra mezzali e centrocampisti.

Tornando alla partita contro il Napoli, tanto per dire, Fàbregas ha schierato la difesa a quattro e poi Perrone, Caqueret, Da Cunha, Strefezza, Diao e Nico Paz, tutti dal primo minuto. Vale a dire: due mezzali creative (Perrone e Caqueret), un ex esterno di qualità trasformato in centrocampista (Da Cunha), un laterale offensivo puro (Strefezza) e due dei talenti offensivi più brillanti dell’intera Serie A. Poi, come detto, è subentrato un centravanti di ruolo al posto di un centrocampista. Infine, giusto per rimanere coerenti, dopo il gol del 2-1 Fàbregas ha dato spazio ad altri tre giocatori offensivi (Fadera, Vojvoda e Douvikas) e a Engelhardt: un centrocampista appena più contenitivo rispetto a Da Cunha.

È chiaro, ma è opportuno ripeterlo: Fàbregas parte da una condizione estremamente favorevole, il Como è un club che a gennaio ha potuto permettersi di rivoltare la rosa come un calzino, di avvicinare e convincere giocatori che le altre squadre in lotta per la salvezza non possono neanche mettere tra gli obiettivi di mercato. Lo stesso tecnico spagnolo, poi, ha un’aura nettamente superiore a quella della sua stessa società, quindi può concedersi comportamenti e dichiarazioni un po’ provocatorie – dopo aver perso contro il Milan ha detto che «durante la partita sembrava che il Milan fosse la squadra biancoblu». Anzi, la sua presenza e certe uscite servono proprio a dare ulteriore credibilità al progetto-Como.

La realtà delle ultime settimane, però, dice che dietro questa vetrina luccicante c’è un negozio-azienda che lavora benissimo. Che ha fatto molte scelte corrette. Che ha un’identità chiara, non negoziabile, di cui Fàbregas non è solo garante o testimonial: il Como fa un gran calcio perché ha dei giocatori di talento, naturalmente, ma anche perché ha un allenatore che sa intuire e incastrare quel talento. Perché non manifesta alcun tipo di timore reverenziale, perché scende in campo per fare determinate cose e prova a farle fino in fondo. Anche se a volte è una scelta che dà l’impressione di essere esagerata, presuntuosa, o comunque ben oltre il limite del rischio.

Insomma, diciamolo brutalmente: per fare operazioni indovinate come quelle relative a Nico Paz e Diao servono molti soldi, per pensare di prenderli e di affiancargli Caqueret serve essere il Como. Allo stesso tempo, però, il Como funziona perché non si limita ad acquistare certi giocatori e a metterli nella squadra affidata a Cesc Fàbregas, allenatore dal nome cool e dal passato importante: Fàbregas è un tecnico vero, già formato per certi livelli, con idee brillanti e ambiziose che permettono di valorizzare il talento a disposizione. E allora questi giocatori sono nel posto giusto per crescere, per migliorare, per approdare al livello successivo e trascinare anche lo stesso Como in una nuova dimensione. È quello che serve a una società del genere per continuare il suo percorso di sviluppo, per imporsi come brand in grado di esercitare una grande attrazione. Fuori dal campo, e questa non è una novità, ma anche dentro il campo. Non era un passaggio scontato dopo la promozione e le prime partite in Serie A, eppure sta avvenendo davanti ai nostri occhi. In modo naturale, divertente e quindi davvero promettente per il futuro.

>

Leggi anche

Calcio
Migliaia di tifosi del Barcellona sono andati a vedere un allenamento al Camp Nou, anche se è ancora un cantiere e i lavori sono in ritardo
Dopo continui prolungamenti e progetti cambiati, la gente del Barça ha ritrovato un simbolo, seppur ancora in allestimento.
di Redazione Undici
Calcio
La squadra canadese dell’Atlético Madrid sta andando piuttosto bene, in campo e fuori
Domenica a Ottawa si giocheranno la seconda "finale scudetto" della loro breve storia, mentre il club continua a fare da traino per l'intero movimento. L'esportazione del modello Atlético funziona.
di Redazione Undici
Calcio
«È più difficile segnare in Arabia Saudita che nella Liga», ha detto Cristiano Ronaldo
Una dichiarazione destinata a far discutere, per usare un eufemismo. Esattamente come voleva CR7.
di Redazione Undici
Calcio
La partita di quinta divisione inglese tra Southend e Carlisle sarà trasmessa in diretta da DAZN sul suo canale TikTok, ed è la prima volta che succede
È un passo importante, nel rapporto tra calcio, media e nuove generazioni.
di Redazione Undici