La Premier League è diventata ricchissima perché ha sempre guardato al futuro, e continua a farlo

Storia del dominio economico del campionato inglese, un percorso che da trent'anni fa si poggia su diritti tv, contenuti autoprodotti, capacità di commmercializzare il calcio come nessun altro.

Nata poco più di 30 anni fa, con la stagione inaugurale disputata nel 1992/93, la Premier League è oggi il campionato più ricco del mondo. Un po’ per meriti, in parte per colpe altrui, ma soprattutto grazie ad una qualità rara nello sport moderno: la capacità di darsi una visione e pianificare un percorso virtuoso di lungo periodo. Non è quindi un controsenso se, per raccontare cosa è diventata in tre decenni la ex First Division inglese, partiamo dalle mosse strategiche ufficializzate nelle ultime settimane del 2024. Oggi, in piena crisi di crescita dei diritti tv, la Premier League è l’unica lega sportiva al mondo a generare più entrate dalle trasmissioni a livello internazionale che in patria. I rinnovi contrattuali – già decollati – vedranno il divario ampliarsi. Dal 2025 al 2028, la massima serie calcistica inglese incasserà 2,01 miliardi di euro all’anno a livello nazionale rispetto ai 2,60 miliardi di euro a livello globale, contribuendo a un aumento del 17% delle entrate commerciali totali del triennio (che includono anche le sponsorizzazioni) a 14,73 miliardi di euro rispetto ai 12,62 miliardi di euro del ciclo 2022-2025.

Un dominio costruito in tre decenni

Se si fa riferimento alle dimensioni del business ad oggi è del tutto fuori luogo, quindi, parlare di Big 5 europee. La realtà è che la massima serie inglese è una lega a sé stante nel mondo del calcio. Ma come si è arrivati a queste cifre, che le altre leghe possono solo sognare? Con la visione, appunto, in una storia trentennale che possiamo dividere grossomodo in tre decenni. Il primo, dal 1992 ai primi anni 2000, fu quello degli investimenti massicci: stadi nuovi, soprattutto, ma anche una crescita nel reclutamento di professionalità in grado di far crescere i club nelle tre aree tipiche del business sportivo, ovvero matchday (ricavi da biglietteria e vendite dirette ai tifosi di merchandising e ristorazione), sponsorizzazioni e diritti tv.

Il secondo, all’incirca fino a metà degli anni Dieci, fu quello della crescita che portò ad inizio 2015 al contratto monstre (valido dal 2016/17) che vide crescere del 70% i diritti televisivi domestici rispetto al triennio precedente. Il terzo è in corso, non senza criticità interne (ovvero lo scontro le regole sul fair play finanziario), e vede la Premier League conquistare fette sempre più importanti di audience internazionale.

La nuova era della Premier League

Ora gli inglesi guardano già avanti e la strada è tracciata: dal 2026/27 (a dieci anni esatti dall’accordo tv che spostò gli equilibri finanziari del calcio europeo) il campionato inglese produrrà internamente tutte le sue trasmissioni mettendo fine all’accordo con IMG che dura dal 2004 e che diede vita a Premier League Production (PLP). È il primo passo per quello che in Italia viene banalmente chiamato “Canale di Lega”, che spesso è solo un pretesto minaccioso da mettere sul tavolo contro i broadcaster in sede di trattativa per il rinnovo dei diritti tv, ma che in concreto significa: produzione indipendente di contenuti e possibilità di commercializzazione diretta bypassando i broadcaster. La strada è tracciata: centralizzare le operazioni significa aprire all’opzione di lanciare una cosiddetta piattaforma direct-to-consumer (DTC) in futuro, qualora si desiderasse seguire quella strada in alcuni territori.

L’operazione non nasce dal nulla. Già oggi Premier League fornisce, attraverso PLP in partnership con IMG, 6.000 ore di contenuti ogni stagione ai 55 partner di trasmissione internazionali, coprendo 189 mercati a livello globale. La copertura include tutte le 380 partite in diretta, oltre a un servizio di contenuti 24 ore su 24, sette giorni su sette (il Premier League Content Service, che viene trasmesso da alcune emittenti come un canale di fatto) e altri programmi di supporto come Fantasy Premier League Show e The Final Word.

Mosse intelligenti

Tornando alla capacità di visione e pianificazione, questa operazione è stata preparata di fatto dal 2020, primo anno della pandemia da Covid 19, in poi. Ed è stata possibile con tre mosse. La prima è stata quella di offrire ai broadcaster nazionali (Sky, Amazon e Bt sports divenuta poi Tnt) il rinnovo per altre tre stagioni alle stesse condizioni degli accordi vigenti. La Premier si copriva così da eventuali perdite possibili e i broadcaster avevano una garanzia in più per pianificare le loro operazioni.La seconda fu quella di concentrarsi sui mercati internazionali, che ha portato al risultato detto sopra: ad oggi la Premier è l’unica lega che incassa più dalle tv estere che nazionali. La terza, molto sottile ma inevitabilmente prodromica alla centralizzazione della produzione, è stata quella di offrire quattro anni anziché tre per il rinnovo dei contratti tv domestici.

Solo adesso molti osservatori, che avevano criticato l’accordo precedente alla luce della diminuzione del prezzo medio a partita pagato dalle tv nazionali, capiscono che in una situazione come quella attuale la certezza dei ricavi è più importante della crescita degli stessi, soprattutto se hai altre carte strategiche da giocarti. Il campionato è ora trasmesso a più di 800 milioni di case in 188 paesi tramite più di 90 emittenti. Al centro di questa rete multimiliardaria c’è e ci sarà, come detto, Premier League Productions (PLP), che da quando è stata creata due decenni fa, ha visto il valore degli accordi esteri della lega aumentare da 390 milioni di euro a 6 miliardi di euro nel ciclo più recente. E questa cifra aumenterà ancora di più a partire dal 2025. PLP che, peraltro, nacque sull’onda lunga di un dibattito già aperto sui canali di lega e sulla disintermediazione del rapporto con i tifosi consumatori televisivi del prodotto, e che vede solo 20 anni dopo maturare i tempi per un salto ulteriore, visto che il rapporto leghe-broadcaster è stato fin qui la gallina dalle uova d’oro imprescindibile per chiunque nel mondo dello sport.

L’importanza di (saper) investire sulle idee

Vi è poi un motivo più profondo che fa da corollario al successo della Premier League: in 30 anni non si è mai tirata indietro quando c’era da investire su un’idea. Lo ha fatto con gli stadi, quando i club a inizio anni Novanta erano indebitati e il rapporto Taylor imponeva loro alti costi di ristrutturazioni per portare il calcio fuori dagli anni bui dell’hooliganismo culminati nella strage di Hillsbrough del 15 aprile 1989. Lo ha rifatto nei primi anni 2000 con PLP, che ha tradizionalmente operato come un’organizzazione piuttosto piccola, con il suo team concentrato principalmente su compiti legali e amministrativi e che svolge la funzione primaria di aumentare il più possibile i ricavi commerciali e mediatici per i suoi 20 club. Il partner IMG invece aveva in carico tutta la parte contenutistica e i relativi giornalisti, operatori, tecnici e registi. Saranno queste persone a diventare ora dipendenti diretti a tutti gli effetti della Premier League.

In anni in cui si parla di contenuti automatizzati, intelligenza artificiale, piattaforme e fine dei media, la lega calcistica più forte al mondo di fatto acquista un ramo d’azienda dedicato alla produzione dei contenuti in nome di una propria visione strategica. Banalizzando: assume giornalisti. In questo la Premier League si è sempre distinta: un approccio originale rispetto alla narrazione dominante. La novità è stata salutata dagli analisti come il primo passo verso un Netflix della Premier League, e non ci sarebbe da stupirsi se tra qualche anno l’eventuale piattaforma diventasse potenziale acquirente dei diritti tv di altre leghe o di altre forme di intrattenimento a rimpolpare il proprio palinsesto.

Less is more

Facciamo infine un salto all’indietro, in questa sorta di retrospettiva al contrario, per capire da dove tutto è iniziato, perché il successo in qualche modo era scritto già nelle prime mosse della Lega. Due in particolare. La prima, lo Statuto della Premier League dichiarò sin dall’articolo 1 il suo obiettivo: creare una lega internazionale capace di attrarre i migliori calciatori al mondo. Il modello era la Serie A degli anni Ottanta dall’apertura delle frontiere (1981) in poi, e gli inglesi avevano capito che solo coi campionissimi si poteva crescere a differenza di quanto accadeva fino a quel momento da loro con un reclutamento che avveniva soprattutto tra le altre federazioni britanniche e che aveva visto una decrescita a fine anni Ottanta in seguito all’esclusione dei club dalle coppe europee legato alla strage dell’Heysel del 29 maggio 1985.

La seconda fu silenziosa, ma decisiva, sempre da annotare nel capitolo “approccio originale rispetto alla narrazione dominante”: la Premier League non ha mai concesso il 100% delle partite in diretta sul territorio nazionale. Quando l’Italia nel 1995 concesse alle tv di trasmettere in diretta tutte le partite di Serie A, Oltremanica si ebbe l’accortezza di non farlo, vendendo le partite singolarmente, per fasce orarie, a peso d’oro, con contratti collettivi gestiti dalla Lega. Del resto anche il contratto multimiliardario del 2016 prevedeva solo il 44% di partite in diretta. Il che è curioso: ci raccontano che le tv sono affamate di partite e poi scopri che paga di più chi trasmette meno.

Nessuno in Inghilterra ha mai teorizzato di poter offrire ai tifosi “tutte le partite della propria squadra su un’unica piattaforma” ed a tutt’oggi questo non è possibile se non con mezzi illegali. Questo innanzitutto difese i ricavi da stadio ed in secondo luogo non inflazionò il prodotto. Se nel breve periodo i ricavi furono più contenuti, nel lungo periodo il boom fu ad un certo punto inevitabile. E se oggi la Premier League è la lega calcistica più ricca al mondo, banalmente, è perché i suoi strateghi non hanno mai avuto dubbi: la gallina domani è sempre meglio dell’uovo oggi. Se sai come ottenerla.

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Questo articolo è stato pubblicato nel numero 61 di Undici, in cui trovate un lungo speciale di approfondimento sulla Premier League: il modello finanziario, la tradizione, il mito, l’estetica e tutto quello che volevate sapere sul campionato più ricco del mondo. Il magazine è disponibile nel nostro store online.