Il Brentford è diventato un grande club grazie ai dati e agli algoritmi

Dietro l'ascesa del piccolo club londinese in Premier League c'è un metodo unico di analisi dei dati, che prevede anche l'assunzione a ciclo continuo di nuovi dottorandi in statistica.
di Redazione Undici 07 Aprile 2025 alle 14:19

Altro che smanettoni. Se la figura del data analyst è sempre più centrale – e talvolta discussa – all’interno dei club professionisti, il modo in cui la utilizza il Brentford è avanti anni luce rispetto a tutti gli altri. Ed è la base sempre più esclusiva di un successo sportivo iniziato quasi un ventennio fa: da quando cioè, nel 2007, il giovane Matthew Benham ha deciso di investire in questo piccolo club alle appendici di Londra e del football. Portandovi il suo particolare know how: l’esperienza nel mondo della finanza e, soprattutto, nello sviluppo di modelli statistici applicati alle scommesse calcistiche, con capacità predittiva superiore a quelle dei bookmaker. Oggi quell’approccio è alla base del Brentford, club acquistato quando era in League Two e che adesso vive in pianta sempre stabile nei piani alti Premier League. Grazie ai gol della coppia Mbeumo-Wissa – già 30 nel campionato in corso – e ai non meno importanti studenti di PhD arruolati per snocciolare ogni tipo di dato attorno alla prima squadra.

La storia, raccontata nei dettagli dal Times, parte dal crossover – incredibile, col senno di poi – tra due future sorprese della Premier: l’ambizioso Benham, infatti, ha iniziato il suo percorso dal lavoro per la startup di scommesse online posseduta da Tony Bloom, oggi proprietario del Brighton. Sono loro a formulare per primi il concetto di expected goals, che ormai vediamo nelle grafiche postpartita in pianta stabile. L’intuizione aziendale si è rivelata talmente fortunata che Benham e Bloom arrivarono poi a scontrarsi per vie legali, sul diritto di utilizzo del modello in altre sedi. Quella di Benham alla fine si sarebbe chiamata Smartodds, un’altra società di ricerca negli eventi sportivi. Il cui analista capo ora è co-direttore dell’area tecnica nel Brentford.

Attorno a questa figura, negli ultimi anni The Bees hanno coinvolto nelle operazioni anche i più brillanti dottorandi in Statistica delle università inglesi. Studenti in origine senza alcuna nozione calcistica, eppure determinanti alla causa: nel giro di poche stagioni alcuni di loro sono arrivati a ricoprire ruoli strategici sull’allestimento della prima squadra orchestrato da Benham. «Molti dei dati che trattiamo sembreranno inediti alla maggior parte dei club», raccontano. «Tutto si basa non sul chi conosci, ma sul come conosci e puoi fare le cose in modo diverso». Che sia individuare una giovane promessa in un campionato minore o il modo statisticamente migliore per battere il calcio d’inizio. Lo scorso settembre il Brentford era riuscito a segnare nei primi 40 secondi per tre partite consecutive, contro Manchester City, Tottenham e West Ham: secondo Smartodds è una sequenza senza precedenti in oltre un milione di match nel database.

E se tre indizi fanno una prova, il Brentford va ben oltre. L’attività principale dei dottorandi – assunti ogni estate di sette in sette – è proprio analizzare quel tipo di dati che le avversarie non considerano. Cioè tutto ciò che va oltre il semplice profilo tecnico di un giocatore, ormai nel taccuino di qualsiasi dirigente, a partire dalle sue caratteristiche fisiologiche e biologiche. «Sono informazioni che ci aiutano a rispondere a domande come questa: può questo calciatore inserirsi in Premier League e giocare con l’intensità fisica che la Premier League richiede?» Un’area chiave di ricerca, per esempio, è attorno agli sprint ad alta intensità, che gli esperti del Brentford considerano un indicatore chiave per i tassi d’infortunio.

È qui che si manifesta l’oculatezza degli investimenti da parte del club biancorosso, che da quando è stato promosso ai vertici del calcio inglese nel 2021 non ha mai rischiato la retrocessione. Ritagliandosi il proprio spazio fra le big di Londra. Negli ultimi 15 anni, per intenderci, il Chelsea ha sborsato oltre tre miliardi di sterline: sette chilometri più in là, Benham per trasformare il Brentford ne ha spese appena 100 milioni. E tra i costi più preziosi, da autentico valore aggiunto, si annoverano gli stipendi annui dei suoi “cervelloni”. Inezie, per gli standard del calcio: 20.780 sterline all’anno, più altre 5.500 di tasse universitarie garantite. Un affare che presto potrebbe fare scuola.

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