Nessuno fa il calciomercato come il Brighton

Big data, scouting, investimenti a lungo termine: così il club di Tony Bloom è diventato un modello.

Quella per cui il banco deve vincere sempre è la regola non scritta del gioco d’azzardo. Tuttavia nel Sussex, estremo Sud dell’Inghilterra, c’è un uomo che sembra aver sovvertito quella che, per i comuni mortali, ha la stessa ineluttabilità di una legge di natura: si tratta di Tony Bloom, soprannominato “The Lizard”. Traduzione italiana: la lucertola. Scommettitore high roller, ovvero che investe somme decisamente elevate, laureato in matematica e massimo esperto di gambling sul calcio, Bloim può vantare un patrimonio che sfiora il miliardo e mezzo di sterline, almeno secondo Forbes. Questi soldi sono stati ottenuti, in buona parte, attraverso puntate ad alto rischio. Un esempio? Nel 1998 convinse il suo boss dell’epoca, Victor Chandler,  uno degli storici re dell’ippica britannica, a puntare f0rte sulla vittoria della Francia ai Mondiali.

Bloom è un campione al tavolo di poker, dove sfodera le facce da lucertola che gli hanno regalato il suo buffo nickname, ed è famoso per l’aggressività delle puntate a handicap sul panorama calcistico asiatico – che, a differenza di quello europeo consente investimenti senza limiti. Quando scommette, così come quando avvia ogni operazione speculativa, applica il metodo analitico e le statistiche avanzate: è così che ha ottenuto vincite astronomiche con la sua StarLizard, un’azienda che, secondo Business Insider, «approccia il gioco d’azzardo nello stesso modo in cui gli hedge fund trattano le azioni». Col tempo, Bloom è arrivato ad acquistare una squadra di calcio: il Brighton & Howe Albion, uno dei club più ammirati al mondo per l’efficacia del lavoro che svolge sul mercato. A maggior ragione perché gioca la Premier League, un torneo in cui ci sono squadre che bruciano capitali enormi come Manchester City, Manchester United, Chelsea e Newcastle – seppur con esiti molto diversi. Il Brighton, invece, opera in maniera diversa: fa risultati e macina plusvalenze milionarie sfruttando complessi modelli statistici e un’ampia rete di osservatori. Certo, sul successo di Bloom pesa il fatto che il suo club non ha alcun bisogno di concludere operazioni a effetto: deve soddisfare una piazza abituata a scenari diversi, molto meno prestigiosi. Ma oggi il presidente/proprietario è osannato dai tifosi come uno di loro. E in tanti, a Brighton, affermano di aver passato minuti piacevoli a parlare di calcio con lui.

Un tempo i calciatori si scoprivano viaggiando in giro per il mondo e passando ore a seguire partite nei campetti più sperduti. Oggi, chiaramente, la situazione è molto diversa: la quantità di big data disponibili consente – almeno in teoria – di scovare diamanti grezzi stando di fronte allo schermo di un pc. Il volume di informazioni è talmente grande da sommergere chiunque non abbia un metodo di analisi efficace. Tutti cercano strumenti validi per interpretarle, queste informazioni, e Bloom sembra aver inventato una strategia infallibile. Partendo dallo stesso modello utilizzato dalla sua StarLizard: ogni possibile voce statistica legata non solo ai giocatori, ma anche al meteo e al riempimento degli stadi in occasione delle partite esaminate, viene processata per identificare nuovi potenziali campioni.

È con questo metodo che Bloom ha avuto l’impatto di un meteorite su Brighton & Howe, la placida atmosfera della località di mare più frequentata dai britannici. La presidenza della sua squadra del cuore l’ha assunta nel 2009, dopo diversi anni vissuti all’interno del board; due anni dopo, i Seagulls – vale a dire i “gabbiani” – hanno centrato la promozione in Championship. E poi, dopo tre sconfitte nella finale dei play-off, nel 2017 sono riusciti finalmente a tornare in prima divisione a 35 anni dall’ultima volta. L’arrivo in Premier, per il Brighton, ha avviato una crescita progressiva e continua: dopo quattro salvezze consecutive, il modello Bloom è letteralmente esploso, trasformando il BHAFC in uno dei club più efficaci nel costruire calciatori da rivendere alle squadre più importanti d’Inghilterra.

I meriti, ovviamente, vanno condivisi: Graham Potter, scelto nel 2019 dopo una stagione da metà classifica allo Swansea, in Championship, è il manager che ha fatto fare il primo salto di qualità al Brighton. Forse anche perché era ed è un tecnico in grado di riconoscere e valorizzare il talento, visto che tra il 2011 e il 2018 ha portato un’oscura squadra svedese, l’Östersunds, dalla quarta divisione all’Europa League. Grazie al lavoro di Potter, per dire, il Brighton ha realizzato l’incredibile incasso di 58,5 milioni di euro ottenuto nell’estate del 2022 per la cessione all’Arsenal di Ben White: terzino destro pescato dal Brighton nel 2015, a 16 anni e a titolo gratuito dal Southampton, White è un esempio lampante di come una buona pianificazione possa tramutarsi in un affare colossale. Il club di Bloom, infatti, ha saputo sviluppare il talento di White programmando la sua crescita passo dopo passo, cedendolo in prestito alle squadre giuste – come accaduto nel 2019/20, quando a prenderlo fu il Leeds di Bielsa in Championship – e studiando strategicamente il momento ideale per monetizzare al massimo la sua cessione. Quella di White, naturalmente, non è una storia isolata. Ma ne parleremo tra poco.

Un piccolo indizio

Se i principi base dello scouting del Brighton sono vincolati da una serie di accordi di riservatezza che impediscono categoricamente a qualsiasi dipendente di rivelarne i contorni, sono note alcune peculiarità distintive del modello di business che ha determinato il successo del club, per esempio  l’esistenza di una lunga lista di nomi da assumere in caso si renda necessario rimpiazzare gli oltre 25 elementi dello staff. Incluso il Ceo in carica, Paul Barber. L’efficacia di una pianificazione così meticolosa è illustrata molto bene proprio dal processo di sostituzione di Graham Potter, che nel settembre 2022 è stato “acquistato” dal miliardario americano che aveva da poco rilevato Chelsea, Todd Boehly, in cambio di 16 milioni di sterline. Insieme a Potter, altri cinque dei suoi collaboratori si sono trasferiti a Stamford Bridge. Un simile stravolgimento, per altro a campionato già iniziato, avrebbe potuto mandare all’aria la stagione di qualsiasi squadra. Ma non è stato il caso del Brighton. Alla partenza del tecnico che era riuscito a portare il BHAFC fino al nono posto in classifica, la dirigenza ha risposto ingaggiando un allenatore emergente come Roberto De Zerbi. Che. attraverso un gioco offensivo e spettacolare è riuscito a portare il Brighton in Europa per la prima volta nella sua storia. Tutto come da previsioni di Bloom.

Per i meccanismi di selezione del Brighton, dopotutto, non è necessario che l’allenatore entri nelle scelte di mercato, tanto che di recente De Zerbi ha dichiarato con candore che non conosceva uno dei pezzi pregiati della sua rosa, l’attaccante brasiliano João Pedro, prima che venisse acquistato dal Watford. Proprio in relazione a questo punto, Barber ha raccontato al New York Times che la società non intende assemblare la squadra su misura delle richieste di un allenatore, perché altrimenti alla sua partenza «diventerebbe necessario ricostruirne una completamente diversa per il nuovo tecnico». Lavorare in questo modo è un tentativo per garantire la continuità del progetto, e la stessa filosofia di programmazione assoluta viene applicata anche sul calciomercato, nella gestione temporale degli affari: l’acquisto del giocatore dovrà sostituire un titolare, magari destinato a trasferirsi in un grande club, viene effettuato prima della cessione. In questo modo il Brighton non va sul mercato con le tasche piene e una posizione vacante in campo, spingendo i club venditori ad alzare i prezzi. 

In questo senso, il caso emblematico è quello delle cessioni di Trossard e Bissouma, passati nell’estate del 2022 rispettivamente all’Arsenal e al Tottenham per 22 e 29,2 milioni di euro, ma già rimpiazzati dal club con Kaoru Mitoma e Moisés Caicedo, comprato per quattro milioni di euro dagli ecuadoriani dell’Independiente del Valle e poi rivenduto al solito Chelsea per la cifra mostruosa di 116 milioni di euro. Dopo un solo anno a Brighton, per altro. La vicenda di Mitoma è ancora più significativa: in attesa della cessione di Trossard, l’esterno giapponese era stato girato in prestito ai belgi dell’Union Saint-Gilloise, altra squadra di proprietà di Bloom. E che, ovviamente, è specializzata nella produzione di talenti. L’ultimo in ordine di tempo è Victor Boniface, attaccante che sta facendo benissimo a Leverkusen.

Sam Jewell, l’ex golfista messo a capo del recruitment del club quando Paul Winstanley è passato al Chelsea insieme a Potter, ha dichiarato che il Brighton fa in modo di vendere sempre i suoi giocatori al prezzo più alto possibile, anche e se questo comporta – come accaduto lo scorso anno con Caicedo – rinnovare in anticipo un contratto a cifre più alte. Il Sudamerica sembra essere una delle aree del mondo in cui il Brighton opera meglio, sia in mercati a grande concorrenza come l’Argentina – da dove è arrivato Alexis Mac Allister – che in Paesi meno glamour come l’Ecuador e il Paraguay. Ma lo scouting della squadra raggiunge con facilità anche le serie minori britanniche, e così scova in anticipo dei talenti importanti. Gli ultimi in ordine di tempo? Il centravanti irlandese Evan Ferguson e, appunto, il brasiliano João Pedro. Che nei suoi primi tre anni al Watford non aveva certo incendiato il calcio inglese. Ma il Brighton ha deciso di prenderlo comunque, ha scommesso su di lui fidandosi dei suoi dati, del proprio modello. Nel calcio, per fortuna, non è sempre il banco a vincere.