L’unica piccola consolazione che l’Inter si porta dietro dalla notte di Monaco riguarda i conti di fine stagione. Grazie al cammino fino alla finale i nerazzurri il prossimo 30 giugno chiuderanno il miglior bilancio della loro storia, anzi il più redditizio mai visto in Italia. Come stimato da La Gazzetta dello Sport, il fatturato sfonderà il tetto del mezzo miliardo di euro, assestandosi sui 515-520 milioni di euro. Un netto miglioramento rispetto ai 399 milioni del 2024. La grande differenza ovviamente è stata marcata in Champions League. Dall’Europa sono arrivati 190 milioni, tra premi Uefa (137), incassi dei biglietti (circa 50) e un paio extra dagli sponsor per aver raggiunto l’ultimo atto.
Il nuovo format, infatti, ha aumentato la spettacolarità e il livello tecnico del prodotto Champions, ma ha soprattutto soddisfatto il desiderio delle società più importanti: fare più soldi. I top club ci avevano provato con la Superlega, la UEFA si è naturalmente opposta ma qualcosa doveva pur concedere all’interesse delle società più prestigiose, guidate da un interesse di business superiore rispetto a quello sportivo. Ecco allora che si è creato un sistema che prevedesse più partite, maggiori scontri diretti, i playoff come seconda possibilità per chi avesse sonnecchiato durante la prima fase e un senso di esclusività e di novità che ha fatto impennare i costi dei biglietti e degli eventi collaterali.
Dalla vittoria di ieri sera, il PSG ha incassato 140 milioni di euro, cifra che sarebbe stata ancora più alta se avesse ottenuto un piazzamento migliore in League phase (la squadra di Luis Enrique è arrivata 15esima). Curiosamente l’Inter ha riscosso una cifra simile, perché non ha alzato la Coppa ma ha vinto più match nel corso della manifestazione. Economicamente, quindi, conta anche la singola gara o il singolo gol, dato che la differenza reti è decisiva in caso di arrivo a pari punti determinando un premio più o meno proficuo. Il Paris non ha certo bisogno di soldi, ma in Francia il budget non è altissimo. L’accordo di trasmissione della Ligue 1 con DAZN, già ridotto, è stato annullato solo dopo una stagione su cinque di contratto. Come sottolineato da The Athletic, Jean-Marc Mickeler, capo della DNCG, l’organo di vigilanza finanziaria del calcio francese, ha avvisato i club di non prevedere alcun introito domestico dalla TV per il 2025/26.
Un rapporto del quotidiano francese L’Equipe dello scorso agosto ha mostrato il calo previsto per i club di Ligue 1, quando DAZN era ancora presente. Si prevedeva che il vincitore del campionato avrebbe incassato circa 22 milioni di premi quest’anno, circa un terzo dei 60 della stagione 2023-24 e meno di quattro in più rispetto ai 18,6 che il PSG, Lille, Monaco e Brest hanno incassato solo per aver raggiunto la fase a gironi della Champions. In sostanza, per le squadre francesi è più vantaggioso entrare in Champions che vincere il campionato. Considerando che in Ligue 1 sono stati ridotti anche i paracaduti, l’equazione viene facile: cresce il divario tra chi va in Champions e chi no, tra i club più importanti e quelli più piccoli, con un evidente problema di equilibrio competitivo.
Allargando lo sguardo anche agli altri top campionati europei, si può notare che il trend è simile. In Spagna e Germania, il denaro UEFA ha rappresentato circa il 10% del totale del fatturato, anche se le società spagnole e tedesche hanno ricevuto rispettivamente 386 e 335 milioni dall’organo di governo europeo. Per i club della Premier League il discorso è diverso. Secondo l’ultimo rapporto UEFA sul panorama finanziario e degli investimenti, hanno fatto affidamento sui ricavi delle competizioni continentali per solo il 6,7% dei loro ricavi combinati nella stagione 2022/23. Questo è stato il terzo valore più basso tra le 54 federazioni continentali; gli unici paesi in cui i premi europei costituivano una proporzione inferiore dei ricavi dei club erano la Russia, le cui squadre sono ancora escluse dalle tre competizioni a seguito dell’invasione dell’Ucraina, e la Romania, dove i dati sono stati influenzati dal fatto che gli anni finanziari dei club si conteggiano su un anno solare e non in base alle stagioni sportive. All’altro estremo della scala, secondo lo stesso documento, diverse associazioni nazionali fanno affidamento in modo significativo sui ricavi europei. In cinque di esse, il denaro UEFA ha rappresentato più della metà del fatturato 2023. In testa in questo senso sia nel 2022 che nel 2023 c’era Gibilterra, dove i fondi UEFA hanno costituito oltre il 70% delle entrate. Degli 8,2 milioni nei due anni messi insieme dalle squadre del Paese, sei provengono da Nyon.
A volte la bilancia è davvero squilibrata. La storica vittoria al Bernabéu per 2-1 contro il Real Madrid quattro anni fa ha contribuito a portare nelle casse dello Sheriff Tiraspol 24,2 milioni di euro in premi, otto in più di quelli ottenuti per la conquista del titolo moldavo. In Portogallo nel 2021-22 e nel 2022-23 i club della Primeira Liga hanno ottenuto il 32% dei loro ricavi collettivi dall’Europa. Nella stagione successiva, 195 dei 615 milioni di ricavi totali della divisione provenivano dalla UEFA, con la maggior parte di essi destinati a un piccolo numero di squadre. Nella scorsa annata, quei 161 milioni di fondi sono andati solo a quattro squadre: Porto, Benfica, Braga e Sporting. A parte il Braga, quei club già vantavano ricavi significativamente più alti rispetto agli altri. I premi europei non hanno fatto nient’altro che ampliare un divario già esistente.
L’altro lato della medaglia riguarda il livello tecnico-tattico delle competizioni europee. La UEFA paga anche per avere squadre più forti e match più combattuti. È probabile, infatti, che senza questi emolumenti le squadre che non fanno parte dei migliori campionati difficilmente potrebbero essere competitive. Distribuire questi premi – giunti a 3,724 miliardi nel 2024 – ai club sembra giusto, ma dovrebbe essere pensato all’interno di un sistema in cui crescono nello stesso momento il portafogli e la concorrenza tra le squadre.
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