Ormai è una consuetudine storica: prima di ogni partita di tornei organizzati da UEFA o FIFA, c’è sempre una campagna di sensibilizzazione contro il razzismo e ogni forma di discriminazione. Da decenni, ormai, i due enti più importanti del calcio mondiale sono impegnati attivamente sul tema e promuovono progetti e campagne di tutti i tipi, dentro e fuori dal campo. Eppure al Mondiale per Club non si è visto niente di tutto questo. Finora, almeno, nei luoghi dell’evento non è passato nessun messaggio, video o altro materiale che faccia esplicitamente riferimento alla lotta contro il razzismo o la discriminazione. A rivelarlo a The Athletic sono state diverse fonti vicine all’organizzazione del torneo.
Secondo il sito americano, la FIFA avrebbe effettivamente preparato nei mesi precedenti una campagna dedicata ai temi “No to Racism” e “No to Discrimination”, come quelle che hanno caratterizzato tutti gli eventi recenti. Ai Mondiali femminili del 2023 in Australia e Nuova Zelanda, così come al torneo maschile del 2022 in Qatar, i messaggi contro il razzismo erano ben visibili su maxi-schermi, cartellonistica LED e social media. In quelle occasioni, poi, la FIFA aveva anche introdotto protocolli specifici e un gesto simbolico universale contro il razzismo, presentato nel settembre 2023 e destinato a essere applicato in tutte le competizioni. Eppure, durante le prime partite del Mondiale per Club, così negli stadi e sui canali social ufficiali del torneo, non ce n’è traccia. Senza nessuna ulteriore spiegazione al pubblico.
La FIFA non ha risposto alle richieste di chiarimento su un eventuale coinvolgimento dei club partecipanti nella decisione. E quindi restano ignote le ragioni ufficiali di questo cambiamento. Tuttavia, alcuni analisti collegano la scelta al clima politico negli Stati Uniti, dove molte aziende e istituzioni hanno recentemente ridotto o abbandonato programmi legati alla diversità, equità e inclusione. Il motivo? Il cambio di presidenza e il particolare rapporto, già finito sotto la lente di ingrandimento, del presidente Infantino con Donald Trump. Alla domanda se il contesto politico americano abbia influenzato la scelta di eliminare i messaggi anti-discriminazione, la FIFA ha risposto in modo vago, appellando al diritto-dovere della «neutralità in campo politico».
Durante i recenti Mondiali femminili, la FIFA aveva promosso numerose cause sociali: dalla parità di genere all’istruzione, dalla pace al sostegno ai popoli indigeni attraverso fasce da capitano, bandiere e schermi negli stadi. In Qatar, pur vietando la fascia “One Love” a squadre europee (vista come una protesta contro le leggi islamiche vigenti nel Paese), la FIFA aveva mantenuto una forte presenza visiva di campagne come “No Discrimination”, “Save the Planet” e “Education for All”. Nel torneo attuale, l’unico messaggio visibile è lo slogan generico “Football Unites the World” sulle fasce dei capitani, accompagnato da una “Dance Cam” che promuove l’attività fisica e che è stata realizzata in collaborazione con l’OMS. Curiosamente, viene da dire, gli USA hanno formalmente avviato il processo di uscita dall’OMS sotto l’amministrazione Trump.
Anche i canali social ufficiali del torneo non riportano alcuna comunicazione riguardante le campagne contro il razzismo. La FIFA non ha risposto alle domande sul futuro Mondiale del 2026 — che sarà ospitato proprio da USA, Canada e Messico — e sulla possibilità che, tra un anno, i messaggi contro la discriminazione torneranno visibili. Insomma, l’impressione è che non si voglia mettere in imbarazzo l’amministrazione Trump. Un mese fa, lo stesso Infantino aveva sollecitato i legislatori di tutto il mondo a introdurre pene dure contro atti di razzismo, affermando che «FIFA non può vincere questa battaglia da sola» e definendo il razzismo «un crimine». In una nota inviata a The Athletic, la Federazione Internazionale ha scritto di avere «una posizione ferma e di tolleranza zero contro ogni forma di discriminazione e razzismo. Questo impegno è stato recentemente rafforzato con l’approvazione del nuovo Codice Disciplinare da parte del Consiglio FIFA, che introduce sanzioni più severe per episodi di razzismo». Tutto vero, tutto giusto, ma evidentemente non se si gioca negli USA guidati da Trump.
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