Piccolo elogio al coraggio del Parma che sta prendendo Carlos Cuesta, un allenatore straniero di 29 anni

L'ormai ex secondo di Arteta all'Arsenal non ha una carriera da calciatore alle spalle ed è il più giovane tecnico nella storia recente della Serie A.

Una delle notizie di calciomercato più significative di queste ultime ore, quindi all’inizio della sessione estiva 2025, non riguarda un calciatore, né tantomeno un club di prima fascia in Serie A. Riguarda invece il Parma, che tra poche ore annuncerà l’arrivo del suo nuovo allenatore: si tratta di Carlos Cuesta, tecnico spagnolo di 29 anni reduce dalle esperienze – come assistente tecnico – nelle giovanili dell’Atlético Madrid e della Juventus, e poi nella squadra senior dell’Arsenal, accanto a Mikel Arteta. Beh, a questo punto dovrebbe essere chiaro perché si tratti di una notizia significativa: nell’anno in cui il calcio italiano sembra aver finito gli allenatori d’élite e forse anche le idee, nell’anno in cui il Milan e la Lazio e la Fiorentina hanno pensato che non ci fossero alternative migliori rispetto ad Allegri e Sarri e Pioli, nell’anno in cui la Juventus è rimasta scottata dal mancato ritorno di Antonio Conte e solo allora ha deciso di rinnovare il contratto di Igor Tudor, l’unico vento di novità arriva da Parma.

Sì, certo: anche il Cagliari ha dato un’opportunità a un tecnico giovane e allevato nel vivaio, a quel Fabio Pisacane che ha vinto la Coppa Italia con la Primavera rossoblu e che ha certamente una bella storia personale, di riscatto e di crescita. Però, possiamo dirlo: con Cuesta siamo completamente su un altro pianeta, siamo sul pianeta dell’azzardo, del rischio non calcolabile, quasi della follia, se leggiamo l’operazione attraverso la lente del giornalismo sportivo italiano – quello classico, almeno. In questo senso, basti pensare che Cuesta diventerà il secondo allenatore più giovane di sempre nella storia della Serie A, solo che il recordman – tale Elio Loschi – ha stabilito il primato nel 1939. Per trovare dei casi simili in Serie A, e in tempi relativamente recenti, bisogna arrivare fino a Bocchetti (Verona 2022) e a Stramaccioni (Inter 2012), che avevano 35 e 36 anni al momento della loro nomina ad allenatori. Allo stesso tempo, altra cosa abbastanza inusuale per il nostro calcio, Cuesta non ha una carriera da calciatore alle spalle. E non perché si sia interrotta a causa di un infortunio, tutt’altro: quando aveva 18 anni, Cuesta ha deliberatamente scelto di cominciare gli studi come tecnico. Un anno dopo, nel 2014, era già nello staff delle giovanili dell’Atlético Madrid.

Ecco, questa è un’altra ottima notizia per il nostro calcio. Il Parma, di fatto, ha aperto le porte – a livello di Serie A, quantomeno – a un allenatore non soltanto giovane, non soltanto straniero, ma anche formatosi in maniera diversa da tutti gli altri tecnici che lavorano in Italia. Nel nostro movimento, infatti, l’iter è abbastanza delineato e definito, si può dire che sia inscalfibile: un ex giocatore accede ai corsi di Coverciano, ottiene i titoli che servono per diventare allenatore e poi comincia la sua carriera, nei settori giovanili, nelle serie inferiori oppure – per i più bravi/fortunati – direttamente in Serie A. Cuesta, invece, si è formato direttamente come tecnico, come avviene da tempo in altri Paesi europei – la Germania su tutti. Questo ovviamente non significa che sia necessariamente più preparato rispetto ai suoi colleghi che hanno un background di campo, magari potrebbe anche mancargli qualcosa a livello di interazione coi calciatori. Il punto, però, sta proprio nell’accettazione della diversità, nell’abbracciare un profilo – e quindi una formula – che non appartiene alla nostra storia. Per dirla brutalmente: Cuesta non è nemmeno un allenatore à la Fàbregas, a cui il Como ha affidato il suo progetto tecnico. Nel senso che anche Fàbregas non aveva esperienza come allenatore in prima al momento della nomina, ma quantomeno aveva un certo status, una certa riconoscibilità e quindi un certo credito “gratuito”. Poi si è dimostrato pronto ad allenare ai massimi livelli, ma questo è un altro discorso.

Il Parma, quindi, ha fatto una scelta che in Serie A non si era mai vista: ha dato credito all’idea che gli allenatori del presente possano anche “nascere” in maniera diversa, passando per i vari step della carriera da coach – Cuesta ha lavorato all’Atlético e alla Juve come assistente tecnico nelle squadre giovanili, poi dal 2020 a oggi è stato secondo di Arteta – e non da un percorso consolidato; ha ripetuto, almeno in parte, la mossa già fatta a suo tempo con Maresca e poi anche con Chivu, oggi sulle panchine di Chelsea e Inter – ripetiamo: Chelsea e Inter – al Mondiale per Club; ha investito su un prospetto – e quindi su un progetto – che ha dei riferimenti forti, Arteta su tutti, riferimenti che in qualche modo andranno a urtare le fondamenta ideologiche del nostro calcio. Ben venga, però, il club che ha il coraggio di andare controcorrente, di osare, di cambiare lo status quo: le rivoluzioni vere, quelle importanti, quelle che hanno fatto la storia (non solo del calcio), sono iniziate tutte così.

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