Il Mondiale per Club ha dimostrato che in Brasile c’è la Premier League del Sud America

Politica, economia, cultura del gioco: il Brasilerão ha scavato un solco enorme con tutte le altre leghe CONMEBOL. E la distanza competitiva con l'Europa, per quanto ancora ampia, non sembra più così incolmabile.
di Redazione Undici

Il primo indizio di quanto sia cresciuto il calcio brasiliano negli ultimi dieci anni si ha anche solo guardando all’albo d’oro della Copa Libertadores, la massima competizione sudamericana per club: le ultime sei edizioni, infatti, sono state vinte da quattro squadre diverse del Brasilerão, vale a dire Flamengo, Palmeiras (due volte a testa), Fluminense e Botafogo. Se si allarga la sguardo anche alla Copa Sudamericana, l’Europa League della CONMEBOL, si nota che dal 2018 ad oggi l’Atletico Paranaense l’ha vinta due volte. Insomma, siamo di fronte a un vero e proprio dominio. Un dominio ahe dipende da diverse ragioni. Tecniche, certo, ma prima di tutto legate al budget: i club brasiliani magari non saranno solidissimi a livello finanziario, ma quando i soldi ci sono, li spendono. E così, adesso, le società del Brasilerão non solo sono in grado di richiamare dall’Europa giocatori nella fase finale di carriera, ma anche nel pieno della maturità. Il Brasile, poi, sta diventando un punto di riferimento e di arrivo per i calciatori argentini, cileni, ecuadoriani e colombiani che a volte lo preferiscono anche all’Europa, soprattutto se viene loro offerto un contratto migliore. Il Mondiale per club non ha fatto che confermare questa tendenza.

Come sottolineato da The Athletic, bisogna partire da un valore numerico piuttosto significativo: sono 508 i giocatori scesi in campo nel primo turno delle partite a gironi del Mondiale per Club, e 70 di questi – il 14% – erano brasiliani. L’Argentina aveva 57 giocatori in quella lista. La terza nazione più rappresentata, la Spagna, ne aveva 26. I brasiliani, insomma, sono dappertutto. Oltre ai quattro club presenti negli USA, di cui due (Palmeiras e Botafogo) già qualificati agli ottavi, ci sono dei giocatori brasiliani nel Manchester City (Matheus Nunes, Savinho, Ederson) nel Real Madrid (Rodrygo, Endrick e Vinicius) e nei Los Angeles FC (Marlon, Igor Jesus), ma anche nell’Espérance de Tunisi, negli Urawa Red Diamonds, nel Pachuca e nell’Al Hilal, nell’Ulsan e nei Mamelodi Sundowns. Alcuni Paesi vendono petrolio, grano o schede elettroniche al mondo; il Brasile esporta calciatori.

I risultati dei club brasiliani sono stati accolti con un misto di umorismo ed eccitazione in Brasile. «Gli europei stanno inviando una petizione alla FIFA» recitava uno dei soliti commenti maligni in circolazione su WhatsApp in Brasile. «Vogliono il Vasco da Gama (la quarta grande squadra di Rio) in competizione, così hanno una possibilità di vincere». Scrivendo sul giornale Folha de São Paulo, l’ex fuoriclasse Tostão si è concesso di sognare, anche solo per una frase: «Riuscite a immaginare l’euforia e l’orgoglio se una squadra brasiliana finisse per diventare campione?».

Il mercato brasiliano potrebbe crescere ancora nei prossimi anni, specie grazie a un nuovo accordo televisivo globale. Diversi investitori sono arrivati dall’estero, come John Textor, importante businessman americano proprietario, oltre che del Botafogo, anche del Lione e del Moleenbeek. Finanze, stadi e strutture non mancano, inoltre anche una legge ad hoc del governo – che ha trasformato le squadre da enti non-profit a vere e proprie aziende – ha permesso e sta permettendo al Brasilerão di diventare la Premier League del Sud America.

Eppure, naturalmente, rimangono delle criticità. Innanzitutto il calendario, pienissimo: le squadre brasiliane qualificate al Mondiale per Club hanno già accumulato 70 o 80 partite stagionali, sia a causa dei campionati statali che della partecipazione alle manifestazioni organizzate dalla CONMEBOL. Il numero di match influisce sulla qualità del gioco, così come i campi scadenti. Le condizioni di lavoro per gli allenatori sono migliorate, ma resiste ancora una cultura della mentalità a breve termine e del ricambio continuo che, per usare un eufemisno, non favorisce i progetti a lungo termine. Però, come dire, il Mondiale per Club sta trasmettendo la sensazione per cui il divario con il calcio europeo non sia più incolmabile.

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