Angelo Binaghi è una figura centrale nel panorama sportivo italiano. Presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel dal 2001, ha impresso una svolta decisiva a un movimento che in passato faticava a reggere il confronto con le altre grandi nazioni tennistiche. Oggi l’Italia può essere considerata una delle maggiori superpotenze del tennis, riuscendoci su tutti i livelli: per i giocatori ai vertici delle classifiche mondiali, per i grandi tornei organizzati sul territorio, come gli Internazionali definitivamente rilanciati e le ATP Finals, per la capacità di seminare talento e diffondere competenze. Alla base di questo percorso una lunga strategia che ha visto il tennis crescere in tutto, oltre i successi dei protagonisti più importanti: praticanti, appassionati, ricavi. Sotto la sua guida, il bilancio federale è cresciuto in maniera costante, l’organizzazione interna si è modernizzata e il padel è esploso come fenomeno di massa. Alla viglia di Wimbledon, abbiamo realizzato un’intervista che parlasse di tutto questo: di percorsi, di visione, di cambiamento.
Partiamo dall’ultimo torneo dello Slam. Al Roland Garros abbiamo visto una delle finali maschili più belle di sempre. Se lo aspettava Sinner già così competitivo, nonostante i mesi forzati di stop?
Jannik è un ragazzo fuori dal comune, con una grande mentalità. Sapevamo che si sarebbe presentato al Roland Garros ancora più forte e ancora più affamato. È stata una delle finali più belle degli ultimi anni, tra due campioni che faranno il bene del nostro sport.
Ha parlato con lui dopo la finale?
Brevemente. Gli ho ricordato quello che fece a Malaga in Coppa Davis nel 2023, quando fu lui ad annullare tre match point a Djokovic. Nel tennis succede, bisogna trovare la forza di resettare tutto e ripartire più forte di prima.
Ormai nessuno si stupisce più dei successi del tennis italiano, che siano di Sinner o Paolini, di Musetti o Errani. C’è una cosa che la inorgoglisce maggiormente del momento d’oro del tennis italiano?
È un percorso iniziato 20 anni fa. Non esisteva nulla, e quello che esisteva faceva acqua da tutte le parti. Ci siamo rimboccati le maniche, abbiamo seminato per anni, abbiamo investito nei centri tecnici, nei maestri, nei tornei giovanili, nelle strutture e nell’intero sistema. E oggi raccogliamo i frutti di questo lavoro. Abbiamo, soprattutto, un gruppo di ragazzi straordinari che esportano la nostra immagine nel mondo nel modo più bello e genuino possibile.
Alle radici di questa Belle Époque c’era stato un piano lungimirante: aumento dei tornei in Italia, “decentramento” del talento, metodi di lavoro condivisi su larga scala. Continua a essere la strada preferita o l’affinamento dei tennisti italiani passa anche da altro?
La strada è tracciata. Ora dobbiamo pensare a un ulteriore salto di qualità: incrementare le strutture, continuare a supportare la preparazione psicofisica dei nostri atleti e lavorare sulle opportunità offerte dallo sviluppo tecnologico. Non basta mandare i ragazzi in giro: servono percorsi solidi, costruiti bene, ovunque sul territorio.
Uno dei suoi cavalli di battaglia è la trasmissione del tennis in chiaro. Cosa può fare la Federazione e come pensa di muoversi nei prossimi mesi?
La televisione a pagamento è un danno sociale enorme. Il tennis in chiaro non è un favore ma un diritto. La Federazione continuerà a insistere: lavoreremo con il Governo per introdurre norme chiare e garantire che le partite decisive, specialmente con i nostri campioni, siano visibili a tutti. Vogliamo che questo sport sia popolare anche in tv, non un privilegio dei pochi che in Italia possono permettersi un abbonamento. Creare SuperTennis, nel lontano 2008, e riportare in tv uno sport che era praticamente sparito, è senz’altro uno dei principali motivi della rinascita del tennis italiano.
In questo momento il tennis italiano macina numeri sotto ogni aspetto. C’è un aspetto su cui però è ancora non del tutto soddisfatto?
Serve ancora un salto di qualità sull’impiantistica, soprattutto al Sud. Più campi coperti, più strutture adeguate. La domanda del tennis supera l’offerta e questo è inaccettabile.
Un traguardo probabilmente sottovalutato ma molto importante è la crescita impressionante del fatturato della Federazione nel corso della sua presidenza. A livello di partnership commerciali, ticketing, premi, i numeri sono in costante crescita. Cosa rappresenta per lei questo successo e come può dare ulteriore spinta a tutto il movimento?
Oggi il bilancio è solido con uno dei fatturati più importanti tra le realtà sportive italiane. Avere più risorse significa poter investire di più sui giovani, sui tornei e sulle strutture, oltre ad offrire la possibilità di accesso al tennis, a centinaia di migliaia di ragazzi che, altrimenti, non potrebbero imparare questo meraviglioso sport. Stiamo crescendo grazie a un modello che funziona e che va ampliato.
Il tennis è davvero arrivato a tutti. C’è al tempo stesso una parte di pubblico, chiamiamolo lo zoccolo duro degli appassionati, che sembra infastidito da certe dinamiche “calcistiche” di tifo che sono arrivate nel tennis. Lei cosa ne pensa?
Abbiamo riportato la gente nei circoli, negli stadi e davanti alla TV. Se il tennis oggi fa numeri da record è perché ha smesso di essere uno sport per pochi. Non dobbiamo aver paura dell’entusiasmo. Detto questo, serve rispetto per le regole; è nostro compito educare, ma senza escludere nessuno. Il tennis deve continuare a parlare a tutti.
Quanto è concretizzabile l’idea di un quinto Slam a Roma?
Vogliamo essere ambiziosi. L’idea del quinto Slam a Roma non è un sogno ma un obiettivo concreto. Lo abbiamo messo sul tavolo pubblicamente: siamo stufi dei monopoli, di qualsiasi genere, che non aiutano il tennis a crescere.
A livello di impianti per il tennis in Italia, è contento così o pensa che ci sia ancora da fare?
Non sono contento. Il tennis italiano è cresciuto più in fretta delle strutture. Nei comuni medi e piccoli mancano ancora campi. È necessario aumentare il numero degli impianti, visto che le società hanno le liste d’attesa per i soci e le scuole di avviamento. Ma per farlo serve perseveranza, programmazione e servono risorse; non chiacchiere. Noi ci stiamo attrezzando per fornire tutto il supporto, anche materiale, necessario perché un bambino, che si avvicini per la prima volta a questo sport, ne resti innamorato per sempre.