Trovare l’America lontano dall’America. Strano paradosso per uno che il mondo lo ha girato per davvero, ma che si è sentito davverp completo solo a casa sua. È come se più si distanziasse da Chambery, dalla Francia in generale, più ne sentisse l’attrazione. La maglia della Nazionale ha colmato un po’ questo vuoto, e quando l’ha dovuta lasciare – per sopraggionti limiti d’età – l’equilibrio non ha più retto. E così, dopo una sola stagione, Olivier Giroud ha fatto il percorso inverso alla maggior parte dei grandi giocatori di quasi quarant’anni: ha lasciato gli Stati Uniti, dove pensava di concludere la carriera con il Los Angeles FC, per tornare nel suo Paese. La scelta è stata abbastanza naturale. Ha detto sì al primo club che gli ha offerto un progetto serio: il Lille.
È stato lui stesso a confessarlo. «Avrei voluto avere un impatto maggiore sulla squadra e sui risultati. Ma, in fondo, è stata una bella esperienza. Ora ho bisogno di una nuova sfida, e quando ho avuto l’opportunità di tornare in Francia, l’ho colta subito». Giroud ha parlato così, piuttosto chiaramente, nella conferenza stampa con cui si è congedato dagli Stati Uniti. «Il Lille ha soddisfatto tante condizioni», ha aggiunto Giroud, «sia per me che per la mia famiglia. Spero di poter essere utile alla squadra, come leader in campo e fuori, ponte tra i giovani e lo staff. E sono emozionato all’idea di giocare in Europa League».
In realtà l’ex Milan attaccante del Milan non ha mai legato con Los Angeles, in campo e fuori. Pochi gol (solo cinque in 37 partite) e la sensazione di non essere mai completamente a proprio agio. Delle attenuanti gliele si possono tranquillamente concedere. Giroud è atterrato a Los Angeles stanco: 47 partite con il Milan, in cui comunque, da leader tecnico, ha messo insieme 17 reti e nove assist, si sono fatte sentire sul suo fisico. A questo si deve aggiungere l’impegno ad Euro 2024 con la Francia e l’uscita in semifinale contro la Spagna. Il regolamento MLS, con i suoi playoff a fine anno, l’ha un po’ disorientato. «Qui tutto è diverso. Puoi vincere la stagione regolare ed essere eliminato due settimane dopo. Strano, ma è così» ha confessato al LA Times nell’ottobre 2024. Anche l’adattamento alla vita californiana, per usare un eufemismo, non è andato benissimo: a gennaio è rimasto coinvolto in prima persona negli incendi che hanno devastato l’area di Los Angeles, poi poche settimane dopo è avvenuto un furto nella sua casa. Infine, come se non bastasse, ha vissuto anche un terremoto piuttosto significativo.
Il sistema di gioco di mister Cherundolo, poi, non ha mai esaltato le sue caratteristiche. Da centravanti di manovra e vero regista offensivo del Milan, si è ritrovato a toccare pochissimi palloni in area, 4,14 palloni a partita, e a calciare meno di due volte (1,9) a partita. La meraviglia su punizione contro Portland ad aprile sembrava una boccata d’ossigeno, ma era ormai chiaro che fosse scivolato dietro nelle gerarchie. Da subentrato ha segnato contro Montréal e Kansas City e ha realizzato un assist decisivo contro i messicani del Club América, nel playoff che ha portato Los Angeles al Mondiale per Club. Nella fase finale, però, non ha mai davvero brillato: al debutto contro il Chelsea è subentrato all’intervallo, senza invertire il trend del match; è partito titolare contro i tunisini dell’Esperance, ma non ha creato granché e nell’ultima contro il Flamengo ha giocato meno di una mezz’oretta.
Il Lille aveva bisogno di trovare rapidamente un sostituto di David, in scadenza di contratto e molto vicino alla firma con la Juventus. Nonostante i 39 anni compiuti, Giroud fisicamente sta bene, come dimostrano le sue stats riportate da L’Équipe: dieci duelli vinti a partita (53% di successo), pressione alta e capacità di intercetto nel terzo offensivo. Nel 2025 ha generato 0,33 xG a match (contro lo 0,17 nel 2024). Dal punto di vista caratteriale, poi, Giroud è una certezza. Dovunque sia andato, è sempre stato un leader dello spogliatoio, con intelligenza e saggezza. È uno che parla tantissimo, si interessa, capisce il momento dei suoi compagni. E soprattutto è un vincente. L’ultimo grande trofeo del Milan, lo scudetto del 2022, porta la sua firma, con la famosa “girata” nel derby contro l’Inter. E poi parliamo di un calciatore che ha vinto un Mondiale, una Champions League, una Ligue 1, una Europa League e quattro FA Cup. Da solo potrebbe far concorrenza all’intera bacheca del Lille. Quando conta segna, come nella finale della US Open Cup, la Coppa degli Stati Uniti, conquistata nel 2024. Nel nord della Francia ci è andato per riaccendersi. Anche senza Nazionale, gli potrebbe bastare ritrovare l’aria di casa.