L’avventura di Mbappé come proprietario del Caen non è iniziata benissimo, ma lui e i suoi manager stanno cercando di sistemare le cose

La retrocessione in terza divisione è stata una brutta botta, ma ora il club normanno punta a risalire subito. E a ricreare un rapporto di fiducia con i suoi tifosi.
di Redazione Undici 29 Luglio 2025 alle 01:34

C’erano dell’attesa e del fermento, a Caen, dopo che la squadra locale – il cui nome ufficiale è Stade Malherbe Caen – era stata rilevata da una holding che fa capo d Kylian Mbappé. Questa attesa e questo fermento si sono poi trasformati in scoramento e delusione. Una trasformazione emotiva inevitabile, visto com’è andato a finire il campionato di Ligue 2: il Caen è retrocesso in National, la terza divisione della piramide calcistica francese. Ed erano quarant’anni esatti che la squadra normanna non scendeva così in basso. Certo, le colpe non sono da addebitare tutte all’attaccante del Real Madrid, anche perché – di fatto – la sua presenza e il suo impatto nella gestione del club sono stati prossimi allo zero. Ed è proprio questo quello che lamentano i tifosi del Caen: il proprietario del loro club è un fuoriclasse di livello internazionale, quindi ci sta che non sia costantemente accanto alla squadra. Ma essere un fantasma, come lo è stato da un certo punto della stagione in poi, beh, questo è imperdonabile.

Come è venuto fuori da un articolo pubblicato da L’Équipe, però, Mbappé ha fatto una scelta precisa: quella di manifestarsi poco, di delegare la gestione del Caen a un gruppo di manager fidati. Ziad Hammoud, presidente del club, l’ha detto piuttosto apertamente: «Quando abbiamo preso in mano il Caen con Kylian, avevamo due opzioni: trasformarlo nella squadra di Mbappé, e la gente non ne avrebbe parlato che in questi termini; oppure lasciare che restasse ciò che era, solo con un proprietario/azionista di maggioranza che è un personaggio speciale ma che non sta sempre al centro dell’attenzione». E che, come detto, delega quasi tutto a delle persone fidate: Hammoud, appunto, ma anche il direttore del reclutamento (Reda Hammache), il direttore tecnico (Pascal Plancque) e il direttore generale (Josselin Flamand). In più c’è anche Pierre-Antoine Capton, che detiene il 20% delle azioni del club.

Hammache, molto semplicemente, ha spiegato che «noi ci occupiamo della gestione del club e riportiamo tutto a Kylian Mbappé. Il quale, ovviamente, riceve informazioni in modo dettagliato e regolare, è informato su tutto e ha un certo peso quando dobbiamo prendere decisioni importanti. Ma non è invadente, ha deciso di non esserlo. Resta un azionista che guarda al suo club da lontano, che ha spazio per incidere ma finora si è sempre fidato di noi. Noi a nostra volta ci siamo assunti le responsabilità delle nostre decisioni, anche dei nostri errori». E forse sta proprio qui l’errore commesso da Mbappé, almeno agli occhi dei tifosi del Caen: i manager che ha scelto/assunto e di cui si fida, beh, hanno commesso degli errori troppo grandi. E, soprattutto, non sono riusciti a connettersi con l’anima del tifo normanno. E infatti, viene da dire, per far fronte alla retrocessione e «alla necessità di proseguire nella ristrutturazione del club», come ha detto la madre di Kylian (Fayza Lamari) parlando a L’Équipe, il budget del Caen è rimasto intorno ai 12 milioni di euro. Una cifra che, sempre stando alle parole di Lamari, «permetterà al club di continuare a crescere, soprattutto dal punto di vista strutturale, e di consolidare il rapporto con chi ama e vive il club quotidianamente. L’atmosfera è tornata molto sana e c’è una reale voglia di riallacciare i rapporti con il pubblico, in particolare quello della Normandia, un legame che, nella fretta di ripartire e nelle sfide della prima stagione, forse non è stato sufficientemente messo al centro del progetto». Forse non è troppo tardi per provare a riallacciare un rapporto con Caen e i suoi tifosi.

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