Per un attimo, nei giorni scorsi, Lorenzo Musetti ci aveva creduto davvero. Aveva un pensiero leggero che gli solleticava la giornate: quello di interrompere a 25 la striscia di vittorie consecutive di Jannik Sinner sul cemento. Un’idea pazza a cui si è voluto aggrappare fino a ieri, tanto da spiegarlo anche in conferenza stampa, quasi che contasse più quello che raggiungere la sua prima semifinale allo US Open. Un proposito matto che, per quanto romantico e in linea con tutti i valori sportivi possibili, è rimasto tale. Perché Sinner ha dimostrato ancora una volta la differenza tecnica che c’è nel tennis di oggi: da una parte ci sono lui e Carlos Alcaraz, dall’altra ci sono tutti gli altri. Troppo profonda la risposta del numero uno del mondo, troppo potente quel dritto ad aprire il campo, troppo veloci quei recuperi sulle palle corte. Anche quelle super-ispirate di Musetti.
Specialmente quando infila delle buone percentuali con la prima di servizio (nella notte contro Musetti ha viaggiato intorno al 60%), Sinner diventa implacabile. Se va bene, l’avversario riesce a tenere lo scambio per quattro o cinque colpi, ma lì si manifesta il il vero segreto della superiorità di Jannik: il numero uno del mondo lavora sempre ai fianchi, picchiando dritti e rovesci sempre più forti e rapidi via via che lo scambio e il game si fanno più lunghi, quando al di là della rete l’intensità inevitabilmente scende. È capitato anche contro Musetti. Il numero dieci del mondo, ha giocato molto meglio di quello che dica il punteggio finale, 6-1, 6-4, 6-2: ha trovato delle ottime soluzioni, ha mostrato dei gesti tecnici assoluti, uscendo spesso dalle limitate porzioni di campo in cui Sinner l’aveva rinchiuso. Eppure, per soccombere, gli è “bastato” non essere preciso al 100% su alcuni colpi. E, naturalmente, un peso decisivo ce l’hanno avuto anche le poche palle break che non è riuscito a sfruttare.
Stanotte, poi, Sinner era in modalità martello. Memore dell’esperienza del terzo turno contro Shapovalov, altro tennista stiloso come Musetti, Jannik ha voluto imprimere un ritmo frenetico alla partita. Travolto dalle accelerazioni del suo avversario e comunque un po’ teso per l’importanza del match e del contesto, Musetti si è lentamente spento nel primo set, chiuso da Sinner in soli 27 minuti. Curiosamente, negli ottavi contro Bublik, ci aveva messo quattro minuti in meno. Dopo l’iniziale sbandamento, però, Lorenzo è venuto fuori poco a poco, conquistando anche una palla break nel secondo game del set successivo, anche grazie a un paio di errori non forzati di Sinner. Una piccola chance non sfruttata che, però, gli è servita per prendere coscienza che non era arrivato nei primi otto del torneo per caso, anzi. Il flusso della partita è rimasto incerto fino al 4-4, quando un doppio fallo di Musetti sul 15-30 del nono game ha spalancato la strada al break decisivo, consolidato pochi minuti dopo dal numero uno del ranking al servizio.
Musetti ha accusato la botta psicologica di un secondo set perso in questo modo e ha cominciato a sfiduciarsi. Emblematica quella sbuffata con sbracciata all’inizio del terzo set, sull’1-0 di Sinner, dopo l’ennesima intelligente palla corta centrale che Jannik ha gestito benissimo, stringendo un dritto terminato sulla linea. Dopo aver vinto il primo game, però, Sinner ha abbassato le sue percentuali nella prima di servizio, assestandosi intorno al 50%. E così Musetti ha visto come una sorta di miraggio le quattro palle dell’immediato contro break, tutte vanificate da Sinner. Abbattuto fisicamente e mentalmente, Musetti ha perso il servizio nel settimo game dopo l’ennesima magia di Jannik, uscito con un passante devastante dall’angolo sinistro di campo in cui il toscano l’aveva rintanato. Un punto che è sembrato molto una resa, arrivata formalmente solo qualche istante più tardi.
Gli highlights della partita
Musetti, insomma, ci ha provato fino all’ultimo, ma non è bastato. Perché ha sfidato un alieno, un fuoriclasse assoluto che ha raggiunto l’ottava semifinale Slam della sua carriera. Ad attenderlo ci sarà Auger-Aliassime, che avrà pure convinto contro De Minaur ma di sicurò si sarà spaventato a vedere questo Sinner. Ovvero un tennista in stato di grazia, che dà l’impressione di rendere il gioco noioso, ma in realtà non è affatto così: in ogni partita riesce ad alternare i suoi colpi classici a una strategia sempre più stratificata e quindi sofisticata, adattabile e quindi adatta all’avversario di turno. Il bello del tennis di Sinner sta proprio in questo, nella sua capacità di vincere in modo autoritario, imponendo il suo ritmo infernale ma apportando dei micro-cambiamenti che fanno la differenza. E che sono interessanti da leggere, da capire, anche perché è proprio così che si può intuire la sua grandezza.