Ci sono partite in cui Carlos Alcaraz è davvero ingiocabile, come la finale degli US Open 2025 contro Jannik Sinner

Il tennista spagnolo ha vinto meritatamente, anche alla luce del grande lavoro fatto negli ultimi mesi. Siamo di fronte all'inizio di una lunga, durissima, bellissima rivalità.
di Redazione Undici 08 Settembre 2025 alle 02:47

«It’s always a pleasure», è sempre un piacere. Le prime parole da nuovo campione dello US Open, Carlos Alcaraz le ha riservate a Jannik Sinner, ovvero il giocatore a cui lo spagnolo ha tolto la prima posizione del ranking ATP dopo 65 settimane. E sono una sintesi di quello che hanno pensato i 20mila dell’Arthur Ashe Stadium e tutti quelli che hanno guardato la partita da casa: la terza finale Slam consecutiva tra i due padroni del tennis ha offerto un livello altissimo, viene da dire stellare. Per merito di entrambi i giocatori, solo che Alcaraz è riuscito ad arrivare più in alto, decisamente più in alto. E infatti il risultato dell’ultimo atto, in realtà, è molto più netto di quanto dicano quattro set finali. È dall’inizio del torneo di Flushing Meadows che Sinner aveva un bersaglio sulla schiena, e Alcaraz – ancora scottato dalla finale persa a Wimbledon – l’ha centrato in pieno.

A luglio, sul centrale dell’All England Club, la differenza l’avevano fatta i dettagli e gli errori non forzati dello spagnolo. Che però ha imparato la lezione, e a New York ha giocato una finale perfetta al termine di un torneo perfetto: ha servito fortissimo e soprattutto benissimo (61% di prime palle in campo), ha mostrato dei grandi miglioramenti in risposta e con il rovescio lungo linea, armi tradizionalmente appartenenti a Sinner, e soprattutto ha impresso fin dalla prima palla un ritmo devastante agli scambi. I suoi game hanno viaggiato a una cadenza di due o tre colpi. Giochi rapidissimi, svoltisi a una potenza e a una velocità vertiginosa. Anche quando Sinner ha vinto il secondo set per 6-3, sfruttando l’unica palla break avuta in tutto l’incontro, non c’è mai stata la sensazione che l’altoatesino potesse prendere in mano il match.

Bisogna tornare per forza alla percentuale di servizio: attraverso quella Alcaraz ha vinto la partita, è per colpa di quella che Sinner l’ha persa. Jannik non mai trovato il suo flow durante le quasi tre ore sul centrale di Flushing Meadows, è impossibile pensare di vincere con un 41%, figlio della preoccupazione di non fare prendere all’avversario l’inerzia del game. È pur vero che Jannik ha litigato con questo fondamentale sin dai primi turni degli US Open: da questo punto di vista le sue incertezze sono state palesi, manifeste, contro Shapovalov – ma anche contro Musetti e Bublik – la percentuale di prima in campo è calata man mano che la partita andava avanti. In finale, aumentando il livello di tensione, e ovviamente la qualità dell’avversario, gli errori sono aumentati.


La sintesi della finale

Nel post match, però, Sinner come al solito non ha cercato scuse: «State facendo un lavoro straordinario», ha detto rivolgendosi ad Alcaraz e alla sua squadra. «Complimenti davvero So che c’è tantissimo impegno dietro questa prestazione di oggi. Sei stato migliore di me. Complimenti. Goditela, è un grande momento. Ho dato il massimo, non potevo fare di più». La chiave della partita sta proprio nell’ultima frase di Sinner. Da Monte Carlo in poi, Alcaraz è stato quasi ingiocabile, e da allora tutti i match che ha perso sono legati a degli errori non forzati, spesso di distrazione, che ne hanno condizionato il cammino verso la rincorsa alla cima del ranking mondiale. Ora che Carlos sta diventando una macchina, emerge anche il divario fisico che c’è con tutti gli altri giocatori, non solo in termini di bordate al servizio, ma anche di resistenza atletica, prima nel singolo game e poi in tutta la partita.

Insomma, per dirla con poche parole: in questo momento della stagione, e forse anche della carriera, Alcaraz ha raggiunto il suo apice più alto, sia a livello atletico che di pura qualità. E allora, contro un fenomeno del genere, Sinner deve essere al meglio e deve essere perfetto – se vuole anche solo sperare, di vincere. A New York Jannik non è quasi mai riuscito a essere perfetto, né in finale e anche prima. Forse è arrivato lungo a livello di energia e di condizione fisica, forse perché non ha mai recuperato davvero dopo il crollo di Cincinnati. Oppure forse, molto più semplicemente, perché Alcaraz in questo momento è più forte e più in forma di lui. Succede, può succedere, a Wimbledon era andata in maniera esattamente opposta, con Alcaraz contenuto e poi spazzato via dal campo. Al Roland Garros, poche settimane prima, la partita è stata davvero in bilico, punto a punto. Nel frattempo Carlos ha lavorato durissimo ed è riuscito a limitare quei difetti atavici che l’avevano tenuto per un anno e più dietro Sinner. Così si è preso una gustosa rivincita e ha rilanciato una bellissima sfida ad altezza siderale. Sta a Sinner, adesso, capire come rimettersi in pari col suo rivale. Ha tutto quel che serve per riuscirci, l’ha già dimostrato.

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