L’Italvolley si è presa la finale dei Mondiali con la forza della sua mente e la potenza del suo braccio

Nonostante lo status di campioni in carica, gli azzurri partivano sfavoriti contro una Polonia che sembrava d'acciaio.
di Redazione Undici 27 Settembre 2025 alle 14:46

La potenza non è nulla senza controllo, recitava un vecchio spot di un’auto. Un claim che sembra incollarsi splendidamente all’analisi della performance dell’Italia del volley che nella semifinale dei mondiali nelle Filippine ha eliminato la Polonia, battendola su ogni aspetto del gioco. Per potenza di braccio e precisione dei particolari non è parsa neanche una classica vittoria italiana, se non fosse che a ricordarlo il dj mettesse i Ricchi e Poveri in sottofondo dopo ogni punto azzurro. Il 3-0 finale (25-21, 25-22, 25-23) ha mostrato quanto la nazionale di De Giorgi stia un gradino più in alto a livello mentale rispetto a quella di Grbic che cercava una rivincita dopo l’ultima finale mondiale, persa in casa proprio contro gli azzurri.

E dire che la era partita non era cominciata proprio benissimo per la squadra di De Giorgi. Semeniuk, ottimo giocatore di tocco, all’inizio del primo set ha messo in difficoltà gli opposti azzurri, certi di poter piegare facilmente le mani del muro polacco ma anche un po’ imprecisi. Un leggero black out di Gargiulo ha mandato i vice campioni del mondo sul 12-8. Da lì però è cambiato il ritmo dell’Italia, salita nella qualità della ricezione e del palleggio. Gestirla bene per poi azionare Alessandro Michieletto, questo il piano del ct azzurro, molto bravo a chiamare il time out nel momento giusto, prima che la Polonia potesse scappare. Una maggiore precisione e potenza con cui l’Italia metteva a terra il pallone, sia in diagonale che da pipe, ha aperto delle crepe nella fiducia degli avversari che hanno cominciato a non capirsi più. Tre errori consecutivi al servizio hanno lanciato l’Italia e neanche i cambi di Grbic hanno modificato l’inerzia del match. Anzi, i polacchi hanno perso ancora qualche connessione tra palleggiatore e opposti, in particolare tra Komenda e Huber. L’ultimo disperato tentativo di Leon di chiamare un challenge per un tocco a muro sul 23-20 Italia non ha scosso per niente i compagni. A fissare il punteggio sul 25-21 ci ha pensato che ha pensato Bottolo, spingendo fortissimo sul parquet una palla vicino a rete, per poi scaricare tutta la tensione con un urlo risuonato per tutta Pasay City.

Il secondo è stato un set di parziali. È fuggita subito la Polonia, variando gli attacchi, scegliendo soluzioni più liftate con Leon, lavorando a muro meglio dell’Italia. La forza dell’Italvolley, però, è stata credere nelle proprie qualità. Giocando punto su punto, scovando palloni più puliti in ricezione con Balaso, servendo con alzate più alte Michieletto e Bottolo, la nazionale è rientrata e ha messo la freccia, fuggendo sul +4 (20-16). È bastata però una leggera flessione di intensità per ricordarsi di quanto questa semifinale mondiale fosse un ostacolo durissimo. Punto a punto su tutti i set si diceva questa mattina e punto a punto è stato. La Polonia ha ripreso energia con i colpi di Leon e le super battute di Huber che hanno riportato i biancorossi, oggi in verde, sul 22-21. Qui l’Italia ha dimostrato quanto il trionfo mondiale di tre anni fa l’abbia sbloccata psicologicamente. Prima del successo di Katowice questo set gli azzurri non sarebbero mai riusciti a portarselo a casa e invece questa volta hanno aumentato il ritmo, rischiando con Bottolo, abile prima a scovare le mani del muro e poi a individuare un grande linea parallela per il set point. Mancava giusto un ace per incorniciare un’ora di celestiale pallavolo della nazionale e un ace è arrivato, quando più contava, con Sani che ha fatto esplodere tutta la panchina azzurra.

La risposta polacca è stata rabbiosa. All’alba del terzo set Leon si è appropriato di quei pochi spazi concessi da Giannelli e Russo. Sinceramente c’era da aspettarselo dal miglior schiacciatore del mondo. Eppure, ancora una volta con pazienza l’Italia è ritornata nella partita, non più con un parziale, ma rosicchiando mini break su mini break. Si è elevata la qualità del muro ma soprattutto è cresciuto Yuri Romanò. Se c’è un barometro per capire il grado di pressione di questa squadra, quello è proprio l’opposto del Fakel. È stata una prestazione in costante sviluppo la sua. Sei punti da attacco diretto nel primo set, undici nel secondo, una macchina nel terzo. La vecchia guardia che dà la carica giusta, come quella che si leggeva sulla faccia di Anzani, chirurgico nel piazzare il muro del 20-19 e permettere a De Giorgi di giocarsi la carta Sani. Arrivato all’ultimo per sostituire Lavia, lo schiacciatore di Verona ha in questo momento probabilmente il miglior servizio sul pianeta. Due turni decisivi i suoi per lanciare l’Italia verso l’allungo decisivo, impreziosito dai grandi attacchi di Porro e Michieletto.

Non poteva che essere lo schiacciatore di Trento, al termine di una delle sue migliori partite della sua storia azzurra, a regalare all’Italvolley la seconda finale mondiale consecutiva. Il top player che decide la partita. Uno scherzo del caso, considerando quanto questa vittoria sia stata frutto del gruppo. Aldilà di ogni retorica e di ogni considerazione di “famiglia”, mai come questa volta la somma delle singole skills di tutti i giocatori italiani è stata superiore a quella dei polacchi. L’Italia è stata più forte di un grande avversario sotto l’aspetto tecnico, tattico, caratteriale e di management mentale del match. Non era affatto scontato, dopo i diversi cali di tensioni avuti all’inizio della competizione, soprattutto nel girone. Quando si è cominciato a fare sul serio, dai quarti di finale in poi, però, i ragazzi di De Giorgi sono stati perfetti, limando in ogni partita un pezzetto del loro capolavoro artistico. Non resta che finirlo, domani, in finale, contro la Bulgaria.

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