Di misura, di rigore, ma tanto basta. L’Italia Under 20 trova il sorriso al debutto del Mondiale di categoria: 1-0 all’Australia a Valparaíso, grazie al penalty segnato nei primi minuti da Mattia Mannini – capitano e centrocampista della Juve Stabia. Poi diverse occasioni per il raddoppio, che però non arriva. Va bene così: al netto del valore tecnico dell’avversario, non era una partita semplice e la tensione dell’esordio si fa sempre sentire. Soprattutto considerato il peso della memoria. Gli Azzurrini sono vicecampioni del mondo in carica, hanno sempre centrato almeno le semifinali nelle ultime tre edizioni. Eppure ora sono un gruppo nuovo, da rodare e forgiare nel torneo in corso. Unico punto fermo: Carmine Nunziata, commissario tecnico oggi in Cile come due anni fa in Argentina.
“Ci siamo radunati soltanto cinque giorni fa”, ha spiegato il ct nel postpartita. “Dunque è normale che ci siano ancora alcune cose da sistemare. Questo successo però ci permette di lavorare con maggiore serenità: godiamoci la vittoria, da domani penseremo al prossimo match”, mercoledì contro Cuba. Poi, domenica 5 ottobre, l’Italia affronterà l’Argentina nella terza e ultima partita del girone: lì, di fronte a una contendente per il titolo, si comincerà a capire l’effettivo valore tecnico di questi ragazzi. Va ricordato infatti che la Nazionale è un vero e proprio cantiere aperto. Nunziata è tornato al timone lo scorso luglio, dopo un biennio alla guida dell’Under 21. E il giocatore più rodato fra i 21 convocati è l’attaccante dell’Empoli Ismail Konate: 7 presenze in totale. Nessuno dei suoi compagni ne conta più di tre.
La sfida principale sarà trovare l’alchimia di squadra nel giro di pochi giorni, sull’onda emotiva del ritiro e dell’energia intrinseca del Mondiale. Affidandosi anche ai punti di riferimento sul campo: Alessandro Nunziante tra i pali – per il resto dell’anno all’Udinese –, la precocità di Wisdom Amey – il più giovane esordiente di sempre in Serie A, a 15 anni e 274 giorni, con la maglia del Bologna –, la leadership di Mannini a centrocampo, l’asse interista Mosconi-Idrissou in attacco. Certo, due anni fa a quest’ora i loro predecessori – da Baldanzi a Casadei – avevano più esperienza. E si fermarono soltanto in finale, cedendo 1-0 all’Uruguay. Ripetersi o migliorarsi non sarà affatto facile, anche perché le big come Argentina e Brasile possono contare su giocatori “già pronti” al palcoscenico dei grandi. Ma perché smettere di sognare? Il bello di questo torneo è che riserva sempre delle sorprese, premiando il collettivo più dell’estro del singolo. Dunque avanti, con voglia di crescere. E come dice Nunziata, godersela.