L’UEFA si è presa qualche giorno di riflessione per decidere il futuro della Federazione di Israele nelle competizioni europee e subito sono arrivate le prime sollecitazioni. Come anticipato qualche giorno dal giornale inglese Times, sono giorni decisivi per capire il destino delle squadre israeliane nelle coppe UEFA e della nazionale nei gironi di qualificazioni ai prossimi mondiali, dato che il massimo organismo del calcio europeo sarebbe intenzionato a escludere Israele dopo l’attacco alla striscia di Gaza, in Palestina, che ha causato più di 60mila vittime in quasi due anni di guerra.
Una questione spinosa in cui la Storia, con la S maiuscola, entra nella storia, con la s minuscola, del calcio che verrebbe inevitabilmente sconquassato a livello di organizzazione e sistemi di assegnazione di posti. In caso di ban, infatti, cosa fare con i punti conquistati da Israele nel girone delle World Cup Qualifiers, in cui peraltro è presente l’Italia? E per i club che si sono qualificati all’Europa League come il Maccabi Tel-Aviv? Dovesse essere escluso, è probabile che l’UEFA annullerebbe il pareggio contro il PAOK nella prima giornata. Valutazioni complicate per cui l’ente vuole tempo. La decisione potrebbe arrivare in settimana, ma dalla sede di Nyon tutto tace. In questo contesto si inseriscono delle pressioni non indifferenti.
Come rivelato da The Athletic, infatti, un gruppo di 50 atleti professionisti, tra cui il centrocampista del Crystal Palace Cheick Doucouré e l’esterno offensivo ex Chelsea Hakim Ziyech, ha firmato una lettera in cui chiede alla UEFA di sospendere Israele dalle sue competizioni. Il documento sostiene che «lo sport non può restare in silenzio mentre atleti e civili, inclusi bambini, vengono uccisi indiscriminatamente e in massa a Gaza». Tra i firmatari anche l’ex attaccante dell’Aston Villa Anwar El Ghazi – che aveva portato in causa il Mainz dopo il licenziamento per un post in sostegno alla Palestina del novembre 2023, vincendo – l’ex capitano dell’Ipswich Sam Morsy e l’ex allenatore del Leicester Nigel Pearson, ma nell’elenco ci sono anche importanti sportivi non legati al calcio, come l’ex capitano della nazionale inglese di cricket Moeen Ali, il pugile Zak Chelli e la fantina Khadijah Mellah.
Il testo rende omaggio a Suleiman al-Obeid, soprannominato il “Pelé palestinese”, che secondo la Federcalcio Palestinese è stato ucciso dalle forze israeliane a Gaza in agosto. «In vita ha portato speranza attraverso lo sport, nella morte è diventato un doloroso promemoria del perché il mondo e in particolare gli organismi sportivi devono agire» si legge nella lettera che cita l’ormai tristemente famoso rapporto delle Nazioni Unite di settembre, secondo cui «le autorità e le forze di sicurezza israeliane hanno l’intento genocida di distruggere, in tutto o in parte, i palestinesi di Gaza». Accusa sempre negata da Israele, anche recentemente proprio al Palazzo di Vetro di New York, quando il premier Netanyahu ha minimizzato le operazioni militari nella Striscia.
«È obbligo degli organismi sportivi agire contro le squadre che rappresentano un Paese che una commissione ONU ha concluso stia commettendo genocidio contro i palestinesi a Gaza» recita il documento coordinato da Nujum Sports, l’organo di rappresentanza degli atleti musulmani nel Regno Unito. Nujum Sports ha spiegato di essere stato contattato da «giocatori di diversi sport, musulmani, non musulmani e senza fede, che vogliono unirsi per chiedere giustizia». La lettera si conclude così: «Chiediamo alla UEFA di sospendere immediatamente Israele da tutte le competizioni fino a quando non rispetterà il diritto internazionale e non porrà fine all’uccisione di civili e alla diffusa carestia. Lo sport non è neutrale di fronte all’ingiustizia. Restare in silenzio significa accettare che la vita di alcuni valga meno di quella di altri. Crediamo in un unico standard per tutte le nazioni e per tutte le persone, giustizia senza doppi standard».
In una situazione già complicata di per sé, non potevano che arrivare le bordate di Donald Trump. Il presidente USA, rimasto di fatto l’unico alleato internazionale di Netanyahu, ha rivelato che lavorerà per impedire che Israele venga escluso dal Mondiale 2026 che si disputerà proprio nel suo Paese, oltre che in Messico e in Canada. Quest’ultimo, però, ha recentemente riconosciuto lo Stato di Palestina. La crisi a Gaza è entrata anche nel mondo del calcio e la decisione dell’UEFA potrebbe spostare diversi equilibri della geopolitica sportiva.