L’approvazione della vendita a Inter e Milan di San Siro, arrivata stanotte nella delibera della giunta comunale di Milano, mette il punto finale a una vicenda durata più di sette anni. Almeno quattro progetti diversi, ritardi sui piani di regolazione, comuni dell’hinterland come Assago e San Donato pre-allertati per costruire dei nuovi impianti e pure un’inchiesta della magistratura che non ha toccato direttamente il “Giuseppe Meazza” ma tutte le case intorno, sì. È successo davvero di tutto dal 2018 ad oggi. Eppure, la decisione del comune di cedere lo stadio, avvenuta non senza dei lunghi confronti con il sindaco Giuseppe Sala e l’ostilità di buona parte dei consiglieri d’opposizione, sembra quella ideale per i due club. O quanto meno quella che garantisce loro più serenità, in quanto d’ora in poi potranno cominciare la costruzione del nuovo impianto, di fianco all’attuale, per poi abbattere con calma San Siro.
Giusto per far capire quanto quest’iter si sia trascinato, basti pensare all’orario del voto decisivo: le 03:40 del mattino con 24 favorevoli, 20 contrari e due astenuti. Una seduta fiume che ha seguito il rinvio della votazione avvenuto settimana scorsa. Diamo un po’ di cifre: il Meazza e le aree circostanti sono vendute ai club per 197 milioni di euro, per permettergli di realizzare un nuovo impianto, mentre San Siro verrà buttato giù. A far pendere la giunta verso il parere positivo alla vendita è stata Forza Italia, che in una nota emanata poco prima della seduta ha fatto sapere che, pur non condividendo molti aspetti della delibera, era favorevole alla riqualificazione di tutta l’area. Tradotto dal politichese, semaforo verde. I tre consiglieri forzisti contrari alla cessione sono usciti dall’aula. Un’assenza che non ha spostato gli equilibri della votazione ma di certo ha contribuito a dilatare i tempi e accrescere la tensione.
Le modifiche al primo testo, che in gergo si chiamano emendamenti, sono state sette. Tra queste la lista di imprese non a rischio di infiltrazioni mafiose cui destinare l’incarico e le opere a vantaggio della sostenibilità, considerate le conseguenze negative sull’ambiente. Fino all’emendamento tagliola, ovvero quello che tecnicamente serve per dichiarare chiusa la discussione sugli emendamenti. Una scelta operata dal centrosinistra che ha fatto infuriare il centrodestra, considerando che erano pure le due di notte. Approvato l’emendamento tagliola, intorno alle 3:00, si è potuto procedere allo scrutinio, conclusosi con il passaggio del sì.
Ma quali sono le ragioni di un tale ritardo? Il fatto che l’offerta dei due club scadeva oggi e il comune ha cercato sempre di rimandare una questione aperta da tempo. Il 10 di novembre, poi, partirà il vincolo paesaggistico sullo stadio, a 70 anni dalla realizzazione delle opere principali, tra cui il secondo anello. Una deadline che nel concreto equipara San Siro a un patrimonio pubblico, quindi impossibile da distruggere. Ora si guarda ai prossimi passi. Intanto il rogito, appunto entro il 10 novembre. Le incognite saranno ancora molte e non mancheranno i ricorsi nel tentativo di allungare le tempistiche e andare oltre all’avvio del vincolo. Il sì è comunque arrivato. Se non ci dovessero essere intoppi, nascerà un nuovo impianto condiviso entro il 2031,in base a un progetto affidato a Norman Foster, la star dell’architettura mondiale che ha costruito Wembley. Poi di San Siro, progressivamente demolito, resterà solo una piccola porzione. Un’ultima sezione romantica di quelle torri girevoli che hanno cambiato la storia del calcio italiano.