Non c’è limite alla crisi, in casa Manchester United. Il brutto ko in casa del Brentford – il quarto su sette incontri stagionali – fa sprofondare i Red Devils ancora una volta nella seconda metà della classifica di Premier League. E visto il blackout che ormai attanaglia da tempo immemore Maguire e compagni, peggiorare l’imbarazzante 15esimo posto della scorsa annata rientra nella sfera del possibile (per quanto improbabile, ma è chiaro che il solo blasone del club non basti più). A meno di una brusca inversione sul piano tecnico, che con Ruben Amorim in panchina – 19 ko su 49 gare totali – non ha mai dato la sensazione di poter avvenire. A Manchester sentono che il tempo dell’allenatore portoghese sia scaduto da un pezzo. Eppure l’esonero tarda ad arrivare. Ed è un fatto a suo modo comprensibile.
Basti pensare che lo United, meno di un anno fa, aveva sborsato quasi 13 milioni di euro per assicurarsi le prestazioni dello stratega che stava riportando lo Sporting Lisbona ai fasti di un tempo (quale miglior biglietto da visita). Disconoscere il proprio piano progettuale per l’ennesima volta nel giro di poche stagioni, avrebbe un pessimo ritorno d’immagine. E affosserebbe ancora di più una reputazione manageriale e sportiva già ridotta ai minimi termini. I risultati però sono tiranni: se sabato la squadra – fuori discussione ormai che Amorim venga allontanato prima – non dovesse sfoderare una convinta reazione sul campo nell’abbordabile impegno casalingo contro il Sunderland, anche la pazienza della famiglia Glazer – e di Jim Ratcliffe, che da qualche mese tiene le redini societarie – arriverebbe a un limite.
Lo scenario ha comunque i contorni del fallimento. E pensare che per 27 gloriosi anni, quando cioè Sir Alex Ferguson faceva le fortune del Man United, nessuno in città aveva più dovuto preoccuparsi della questione allenatore. Congedatosi il venerando scozzese, nel 2013, il club ha cominciato a brancolare nel buio. E non ha più smesso di farlo: 6 guide tecniche diverse nei successivi 12 anni. Moyes, van Gaal, Mourinho, Solskjaer, Carrick, ten Hag, Amorim – senza contare i traghettatori: Giggs, Carrick, Rangnick, van Nistelrooy. Se il numero è sintomo della confusione, l’aspetto economico pesa ancora di più. Perché come fa notare The Athletic, per imbastire la congiuntura più sciagurata della sua storia il Manchester United ha speso ben 63 milioni di euro soltanto in allenatori. Il resto – per dirla à la George Best – li ha sperperati in sessioni di calciomercato sempre più altisonanti e poi, puntualmente, deludenti.
Perché gli esoneri costano caro. E nonostante la sempre più alta probabilità dello scenario, il club non è ancora riuscito a tutelarsi in sede contrattuale: dare il benservito ad Amorim in questo momento della stagione, vorrebbe dire versargli altri 5 milioni di euro. Per questo Ratcliffe e soci temporeggiano. Meglio rischiare uno smacco in più, che andare incontro all’ennesima spesa certa – in fin dei conti, siamo soltanto a ottobre e la qualità di Bruno Fernandes e compagni dovrebbe bastare da sé per evitare altre brutte sorprese in classifica. Ma con questo United, mai dire mai. E a proposito di costi: va anche considerato che il flop della scorsa stagione ha portato nelle casse societarie il premio-campionato più basso del decennio (“solo” 156,6 milioni di euro). Quest’anno i Red Devils non giocheranno le coppe europee, e sono altri introiti che vanno in fumo – mentre quelli dei club rivali aumentano. Sul futuro di Amorim, più che una vittoria in più o in meno, pesa dunque una precaria analisi costi-benefici. In ogni caso sarà un lose-lose. Va soltanto capito qual è il male minore: auguri.