Tra poco meno di cinque anni, Spagna e Marocco ospiteranno i Mondiali di calcio del 2030. Ma l’avvicinamento alla manifestazione non sta andando come previsto. Da quasi una settimana, infatti, il Marocco sta vivendo le proteste più vibranti da quelle della Primavera Araba del 2011, quando la popolazione scese in piazza per ottenere una riforma costituzionale. Le manifestazioni sono scoppiate in dodici città del Paese, tra cui la capitale Rabat, lo scalo turistico Casablanca e due centri importanti come Agadir e Oujda. Il nome del gruppo che ha dato il via alle manifestazioni è GENZ-212, dove GENZ sta per indicare un’età media piuttosto bassa, mentre 212 è il prefisso internazionale del Marocco. Esattamente come avvenuto in Nepal e in Madagascar l’organizzazione è avvenuta tramite social network: TikTok e soprattutto Discord, il social pià amato dai gamer e dagli appassionati di videogiochi, sono state le piattaforme in cui più di 120mila persone si sono radunate per scendere nelle piazze marocchine. Le richieste sono semplici: più soldi investiti per modernizzare gli ospedali e le scuole, meno per i Mondiali – per i quali il Governo ha stanziato oltre cinque miliardi di euro.
Le proteste sono iniziate sabato 27 settembr, un centinaio di manifestanti sono stati arrestati dopo qualche episodio di violenza; ad Agadir, per esempio, un uomo è stato investito da un camion della polizia. In molti sono rimasti sorpresi da queste proteste, il Marocco è considerato un paese stabile, non ci sono state proteste di massa da quindici anni e sono previsti diversi investimenti per un totale di 35 miliardi nelle energie rinnovabili e nei trasporti veloci. Eppure, come spiega El Confidencial in questo articolo, i giovani marocchini si sono schierati in modo chiaro contro il loro governo. E contro i Mondiali.
Nel mirino dei manifestanti, da questo punto di vista, sono finiti soprattutto le espropriazioni di abitazioni e le demolizioni di interi quartieri: più di tremila famiglie sono state lasciate senza casa ed è stato riconosciuto loro un risarcimento di appena 1.300 euro. Tutto in vista del programma Marocco 2030, istituito da un comitato incaricato di organizzare e supervisionare tutte le opere previste per il Mondiale secondo il “Piano di modernizzazione del Regno. Durante una conferenza stampa, la sindaca di Rabat – Fatima El Moundi – ha dichiarato che tutti gli accordi economici per il trasferimento dei contratti di affitto sono stati fatti su base volontaria e personale, e che tutti gli ex inquilini sono stati ricollocati in altre zone del Paese. Affermazione che contrasta con quanto detto da Hakim Saikouk, presidente della sezione di Rabat della Associazione marocchina dei diritti umani (AMDH), che racconta come i contratti in questione siano stati fatti firmare a persone analfabete, e che le espropriazioni siano iniziate a dicembre con minacce di sanzioni legali come processi o carcere per chiunque non avesse accettato “volontariamente” il compromesso offerto dalle istituzioni.
Le opere che il Marocco sta portando avanti per il Mondiale sono tante e sono grosse, dalla creazione di nuove vie di comunicazione come autostrade e ferrovie al rinnovamento degli stadi esistenti, come quello della capitale Rabat. E poi in cantiere c’è anche la costruzione dello stadio più grande del mondo, ovvero il Grand Stade di Casablanca, destinato – secondo progetto – a ospitare 115mila persone. Ciò che sta succedendo in Marocco non non è una novità, anzi è una spiacevole consuetudine legata alle opere per le grandi manifestazioni sportive. In Brasile, tanto per fare un esempio recente, i Mondiali di calcio del 2014 e le Olimpiadi di Rio del 2016 hanno portato a manifestazioni non lontane da quelle marocchine. A Recife, città dove fu ampliata l’area intorno all’Arena Pernambuco, interi quartieri vissero con gli escavatori a pochi metri di distanza, esattamente come sta accedendo a Rabat in questi mesi. A Rio de Janeiro invece, più di 22mila famiglie vennero allontanate forzatamente dalle loro proprietà, finendo per vivere ai margini delle autostrade dopo la fine dei Giochi. Oggi in Marocco si teme che questo piano di modernizzazione del Regno porti alle stesse conseguenze: un prezzo sociale non digeribile per una manifestazione di cinque settimane.