Il Venezia non è solo una squadra di calcio, è un progetto unico al mondo: intervista a Tancredi Vitale

Il nuovo Managing Director della società arancioneroverde racconta presente e futuro di una società legata al suo territorio, alla sua gente, ma che vuole anche ispirare e coinvolgere tutto il resto del mondo. Non solo quello del calcio.
di Francesco Paolo Giordano 10 Ottobre 2025 alle 08:20

La parola Venezia, presa anche così, da sola, è un brand dal valore gigantesco. Perché identifica subito, per tutti, un luogo dalle atmosfere uniche, una storia millenaria, una città dal patrimonio culturale sconfinato. È a partire da tutto questo che il Venezia FC è diventato, grazie al lavoro fatto negli ultimi anni, un club calcistico che va oltre la sua dimensione: la società ha investito e sta investendo sulla squadra, naturalmente, e le due promozioni in Serie A (nel 2021 e nel 2024) sono state una conseguenza diretta di questo impegno; allo stesso tempo, in parallelo, il Venezia ha costruito una chiara identità estetica, ha insistito sul crossover con tanti mondi extracalcio, con la cultura, con la moda.

Una delle ultime mosse, in questo senso, è stata l’arrivo di Tancredi Vitale come nuovo Managing Director del club arancioneroverde. Vitale vanta una carriera di oltre 30 anni sviluppata tra Olanda, Germania e USA, e porta con sé competenze in crescita e sviluppo globale del business, nella leadership di team e nella creazione di brand equity. Ha lavorato presso l’headquarter di Nike in Oregon, dove negli ultimi 15 anni ha ricoperto ruoli di senior management in diverse aree, guidando molteplici linee di business nell’ abbigliamento e nelle calzature per i marchi Nike e Jordan. In precedenza, ha operato nella sede centrale tedesca di Adidas, collaborando con Yohji Yamamoto alla creazione di Y-3, e ancora prima ha contribuito alla crescita dei brand Kappa e Jesus Jeans presso Basic.Net.

Oggi Vitale ha scelto Venezia per una volontà personale di ritornare in Italia e una volontà professionale di accogliere una nuova sfida, diversa, ambiziosa. Nonostante la retrocessione in Serie B, il club negli ultimi mesi sta continuando a crescere sotto tutti i punti di vista: quello che salta più all’occhio è la crescita del merchandising – maglie da gioco, ma anche collezioni di abbigliamento, accessori e così via – che rispetto allo scorso anno si è impennata del 60 per cento. Ma le voci in aumento riguardano un po’ tutto, soprattutto guardando all’ultima stagione di B: +40% nel ticketing e +50% nei ricavi da sponsorizzazione. E anche sui social, una piattaforma dove il Venezia lavora bene e in una maniera che è diventato un “modello” per molti altri club, la crescita è del 117% negli ultimi 28 mesi. Di questo e molto altro, e in particolare del presente e del futuro del Venezia, abbiamo parlato con Vitale.

Tancredi, la tua prima esperienza nel calcio parte da un club che – mi viene da dire – non è come tutti gli altri. Come stai mettendo al servizio del Venezia la tua esperienza e il tuo know-how?
Partiamo dal fatto che il Venezia Football Club è un club sportivo e l’obiettivo è di continuare a sviluppare un club di calcio che rappresenti sul medio e lungo termine una realtà di eccellenza nello sport del calcio. Detto questo, ci rendiamo tutti conto che il Venezia è già molto di più che un semplice un club sportivo. È un brand identitario e culturale e questo è uno dei motivi per cui è uno dei progetti più innovativi, più aspirazionali nell’industria del calcio a livello globale. Ci sono pochissime realtà come quella del Venezia e ci sono pochissime realtà come Venezia, in cui storia, innovazione, e tutto quello che rappresenta la città nel mondo ci offrono un’opportunità fantastica sulla quale costruire. È un brand profondamente radicato nella tradizione veneziana, nonostante abbia allo stesso tempo la volontà di innovare e di essere all’avanguardia. E nella mia esperienza ci sono molti punti di contatto con quello che voglio fare adesso.
Cioè?
Parliamo sempre di sport, di consumatori, e anche di leggi che regolano brand come Nike, Jordan o adidas. A Venezia vogliamo portare tutti gli elementi necessari a creare un brand che sia essere ispirazionale e aspirazionale allo stesso tempo, che debba fare engagement, che debba capire e servire i consumatori o i tifosi in giro per il mondo.

Qual è la strada privilegiata per far crescere il Venezia in termini di brand?
Il club si sta dedicando a contaminazioni con mondi che vanno al di fuori del calcio. Pensiamo all’arte, alla cultura, alla moda, alla musica, all’hospitality, all’innovazione, alla storia della città, ai valori unici del Venezia e dei veneziani che hanno radici profonde e che continuano a guardare verso il futuro. La nostra mission è introdurre un nuovo linguaggio condiviso nel club, che attinga alla cultura globale per ridefinirla, restando però fedele a quello che è l’identità della sua città. Il Venezia è un’opportunità fantastica e unica, che ci permette di dialogare con tutto quel sistema culturale che è presente nella vita di ognuno di noi. Quindi calcio più musica, calcio più moda, calcio più hospitality, calcio più innovazione, storia e cinema. Se pensiamo al calendario culturale della città di Venezia ci rendiamo conto che sono pochissime le città al mondo che hanno un asset del genere.
Come sta rispondendo il pubblico di Venezia e del Venezia?
Estremamente bene. Stiamo sperimentando un engagement molto forte e in continua crescita. Il nostro compito principale è ispirare e servire l’appassionato, il tifoso, il fan del Venezia, ovvero il tipo di consumatore che viene prima di tutto. Poi ovviamente c’è l’opportunità di ampliare il ventaglio a clienti appassionati del Venezia, ad appassionati del calcio, ad appassionati della città. Vogliamo avvicinare al mondo del calcio chiunque entri nell’ecosistema Venezia per i motivi più disparati. In questo senso tutti gli indicatori sono in crescita. Uno degli esempi principali è il lancio delle prime tre maglie, esempio di come il brand abbia margini di crescita enormi a livello internazionale: parliamo di un aumento del 60 per cento non solo sulle maglie, ma su tutto il prodotto del Venezia rispetto all’anno scorso.
A proposito di questo tema, caso unico in un club unico: la partnership con Nocta.
Per noi rappresenta alla perfezione ciò che vogliamo che il Venezia sia, ovvero un club che unisce innovazione, coraggio, creatività. Nocta porta una rilevanza globale e un linguaggio creativo che ci permette di distinguerci nel panorama calcistico. Non è una semplice operazione commerciale ma qualcosa di molto più grande: è una narrazione condivisa in cui sport, moda, cultura, musica e tanto altro si fondono insieme e ogni elemento nato da questa collaborazione non è un semplice prodotto, è un manifesto che racconta la nostra identità.

Oltre il merch, quali sono le altre aree di potenziamento, di crescita?
Una crescita molto importante è certamente quello che noi chiamiamo Venues and Experiences, e quindi stadio, ticketing e altri eventi che organizziamo. Qui la crescita è di circa il 40 per cento rispetto all’ultimo anno in Serie B. Poi ci sono le partnership e le sponsorship, nelle quali annoveriamo l’interesse di aziende locali e internazionali, grazie alle quali la crescita si attesta intorno al 50 per cento, sempre rispetto all’ultima stagione di B. Anche sui social stiamo vedendo una crescita costante del 100-110%. Questo però è solo l’inizio. Abbiamo appena iniziato a creare una nuova strategia, a lavorare sul brand, a impostare un dialogo di comunicazione con i nostri clienti e i nostri appassionati. Siamo molto fiduciosi sul futuro.
Ma quanto incidono i risultati sportivi in un percorso del genere?
I risultati incidono moltissimo. Non direi la verità se dicessi una cosa diversa. Il nostro direttore sportivo Filippo Antonelli sta facendo un lavoro fantastico per far crescere la squadra a livello calcistico. La nostra missione adesso è tornare in Serie A il prossimo anno. A lungo termine l’obiettivo è costruire più squadre che rappresentino l’eccellenza nel mondo del calcio in ogni serie, maschile, femminile, giovanile, fino ai bambini del dell’Academy.
Ragionando a livello generale, su cosa pensi debba migliorare il calcio italiano?
Io vedo quattro quattro grandi opportunità. La prima è la speranza di investire su maggiore leadership e sulla diversificazione di talenti, di esperienze e di background. Poi vedo una necessità molto forte di investimenti sul territori, sulle comunità e soprattutto sui giovani. I giovani sono il futuro ed è fondamentale capirlo. Terza opportunità, sono gli investimenti nelle infrastrutture perché il futuro di questa industria risiede nel business dell’entertainment. Infine, una migliore e più elevata strategia nell’ambito dei diritti televisivi, con una maggiore innovazione riguardante l’accesso ai campionati per un consumatore globale. Sull’innovazione digitale siamo molto indietro rispetto ad altri campionati. Il consumatore globale si aspetta una connessione moderna, un accesso a informazioni di qualsiasi tipo con un servizio continuo e di eccellenza. In Italia abbiamo ancora un po’ di strada da fare sotto questo punto di vista.

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