Nel Nord di Londra, il calcio raffinato dell’Arsenal sta dando dei segnali chiari in questo inizio di stagione. I quattro punti di vantaggio sulle inseguitrici in Premier League dopo nove gare giocate, così come il percorso netto fatto fin qui in Champions League, dicono che il progetto di Arteta potrebbe essere arrivato alla definitiva maturazione. Da più parti si parla dell’Arsenal come della principessa di questa Premier League, della squadra che dopo tre secondi posti consecutivi potrebbe tornare sul trono d’Inghilterra più di vent’anni dopo l’ultima volta, riuscendoci e il merito sarebbe da attribuire al calcio ragionato ed elegante del suo allenatore. Esattamente come in campo, dove i giocatori seguono uno spartito tattico da musica classica, anche sugli spalti sembra che i tifosi – ingentiliti dalla ritrovata nobiltà ma spenti dal ventennio di magra – siano all’Emirates per ascoltare le dolci e melodiose note di un’orchestra sinfonica piuttosto che per tifare la loro squadra. E la cosa, proprio a Mikel Arteta, non va più bene.
Dopo aver portato cambiamenti radicali, innovativi e anche bizzarri nel modo in cui si approccia al suo ruolo, il manager spagnolo ha deciso di intervenire anche sull’atmosfera che si vive allo stadio, allo scopo di «dar vita alla migliore atmosfera del mondo all’Emirates». Tra le prime richieste fatte al pubblico, lo scorso aprile in occasione della semifinale di andata contro il Paris Saint-Germain l’allenatore dei Gunners aveva chiesto ai tifosi di presentarsi allo stadio con pantaloncini e scarpini, come se dovessero scendere in campo al fianco dei giocatori. Lo scopo era quello di creare un corpo unico, un corridoio emotivo che unisse calciatori e tifosi, dando vita ad un’atmosfera surreale. Purtroppo per i Gunners, la superiorità del PSG nel doppio confronto ha precluso l’accesso alla seconda finale di Champions League nella storia dell’Arsenal.
A qualche mese di distanza, l’allarme non è rientrato. E così il club ha iniziato a fare dei grossi cambiamenti nel modo in cui i tifosi vivono lo stadio e il matchday. Innanzitutto è stata rimossa la copertura del tunnel dal quale entrano i giocatori. In questo modo, proprio come accade nel pugilato, mentre l’Arsenal entra ed esce dal campo, è possibile (e auspicabile) che i giocatori abbiano interazioni dirette con i tifosi, in modo che l’energia – che Arteta ritiene fondamentale – circoli tra i giocatori e chi occupa gli spalti. Il tecnico spagnolo non si è fermato qui: ha anche cambiato il modo in cui vengono coinvolti i tifosi al momento di un gol. In Italia siamo abituati allo speaker che, quando viene segnata una rete, scandisce un po’ di volte il nome del giocatore lasciando ai tifosi il tempo di gridare il cognome del marcatore tra una ripetizione e l’altra. In questo modo il gol viene festeggiato collettivamente, generando un senso di identità ancora più forte. Ecco, all’Emirates questo non si faceva fino a qualche tempo fa, mentre adesso questo tipo di celebrazione è entrata nella routine.
Per ultime, due scelte tecnologiche: la prima riguarda l’illuminazione pre-match. Prima delle grandi partite l’Emirates diventa un palcoscenico dove luci e ombre aiutano a creare l’atmosfera giusta perché tifosi e giocatori stiano “dentro” la partita fin dal primo momento. Anche la seconda mossa va in questa direzione: l’Arsenal ha deciso che, nei secondi tempi delle partite, nessuna azione venga trasmessa sui teleschermi dell’impianto, e questo perché il tecnico vuole che i tifosi siano parte attiva e viva del match. Utilizzare gli schermi mette un filtro nonostante la vicinanza con il campo da gioco che Arteta vuole eliminare, così da rendere ancora più viscerale il rapporto tra tifosi e calciatori. A fine anno vedremo se tutte questi cambiamenti avranno avuto un effetto reale.