Se gli Hearts sono primi in classifica e possono sconvolgere il calcio scozzese, è grazie a un progetto che viene dal futuro

La squadra di Edimburgo ha cambiato marcia grazie all'arrivo di Tony Bloom, il proprietario del Brighton, e dei suoi metodi visionari.
di Emanuele Giulianelli 21 Novembre 2025 alle 03:50

L’ultima volta il cui il tradizionale duopolio dell’Old Firm in Scozia è stato spezzato, il tecnico dell’Aberdeen che ha vinto il campionato, il non ancora Sir Alex Ferguson, doveva compiere 45 anni. Oggi ne ha quaranta in più. In 127 edizioni della Scottish Premier League, il titolo è finito 110 volte nelle mani dei due club di Glasgow, con un perfetto equilibrio: 55 successi a testa per Celtic e Rangers. Quando, a giugno, il proprietario del Brighton, Tony Bloom, ha acquistato il 29% delle quote azionarie degli Hearts of Midlothian, club della capitale Edimburgo, ha dichiarato, senza mezzi termini che la squadra «potrà interrompere l’egemonia del calcio scozzese». Non è stato un folle visionario, anche se qualcuno avrà storto la bocca o, peggio, l’avrà piegata in una risata di scherno. Bloom, proprietario anche di quell’Union Saint-Gilloise che, non a caso, sta facendo grandi cose nel campionato belga, con le sue affermazioni manifesta in maniera chiara la fiducia nei confronti del sistema che lui ha creato e che sta rivoluzionando, forse in modo irreversibile, il calcio europeo nel suo insieme. Se cercate in rete Jamestown Analytics, troverete che si tratta di uno strumento di analisi dei dati applicato al calcio, utilizzato, oltre che dal Brighton, da altre formazioni in tutto il continente, tra cui il Como – che, pur non appartenendo direttamente a Bloom, è una diramazione della sua azienda Starlizard, specializzata in analisi statistica e modelli predittivi applicati alle scommesse sportive. Gli Hearts, attraverso Tony Bloom, hanno ottenuto l’utilizzo esclusivo del software in Scozia. E i soldi che lui ha investito nel club, circa dieci milioni di sterline, dimostrano chiaramente la sua fiducia nel progetto.

Grazie a questo software, dunque, gli Hearts hanno scelto l’allenatore, fanno scouting per scovare giocatori in ogni parte del pianeta e analizzano in maniera meticolosa tutti i dati di prestazioni, allenamenti e chi più ne ha più ne metta. Altro che miracolo e calcio pane e salame: questo è proprio l’onnipresente algoritmo. E grazie a lui, gli Hearts, dopo 12 giornate, sono imbattuti e in testa alla classifica con sette punti di vantaggio sul Celtic (che però ha disputato una partita in meno), sconfitti con un perentorio 3-1 alla nona giornata.

James Franks, alleato di Bloom, siede nel consiglio di amministrazione, ma il controllo delle quote degli Hearts resta nelle mani del movimento di tifosi Foundation of Hearts. Ma non bisogna dimenticare il ruolo fondamentale di James Anderson, grandioso ma anche modesto filantropo. Che, per ringraziare la Johns Hopkins University di Bologna, dove ha studiato ai tempi della terribile strage, ha donato 100 milioni di euro. E non si calcola quanti ne abbia versati, nel corso degli anni, nelle casse degli Hearts of Midlothian; da grande esperto di finanza e di numeri, ben prima dell’arrivo di Bloom dalle parti di Edimburgo, aveva profetizzato l’importanza fondamentale nel futuro per il data analytics nel calcio, come strumento in grado di rovesciare le gerarchie tradizionali e di portare davvero novità e sorprese.

Anderson, in compagnia della presidente degli Hearts, Ann Budge, fu così entusiasta di ciò che sentì da Bloom durante un incontro esplorativo all’inizio del 2024 che cadde su un marciapiede di Londra mentre se ne andava. Famosa è la sua recente dichiarazione al The Guadian: “Si tratta di costruire le basi per capire fin dove possono arrivare gli Hearts. Per l’amor del cielo, se un paese con meno di 1.500 abitanti in Svezia può vincere il campionato…». Il riferimento è al Mjällby, e a pensarci bene non è così improprio

Manuel Pascali è uno che se ne intende di Scozia e di successi imprevedibili: dal 2008 al 2015, infatti, ha militato nel Kilmarnock che ha guidato, indossando la fascia di capitano, al successo nella Scottish League Cup 2012, superando contro ogni pronostico il Celtic in finale. Proprio Pascali ha parlato a Undici del tecnico degli Hearts, scelto dall’algoritmo, e di quello che sta succedendo dentro il club di Edinburgo: «Derek McInnes è un allenatore davvero bravo, molto preparato, che adesso sta facendo bene con gli Hearts. In passato ebbe ottimi risultati ad Aberdeen. Gli Hearts hanno un fascino particolare: basti pensare alla loro maglia amaranto, maroon, come dicono da quelle parti. Il loro stadio, Tynecastle, è uno dei più belli di Scozia. Mi ricordo che anche la Fiorentina ci giocò qualche anno fa. Fanno circa 20.000 spettatori, quasi tutti abbonati. È uno stadio tutto attaccato al campo, un solo anello, e ti arriva addosso tutta la passione della gente».

Poi prosegue: «Quello degli Hearts è un progetto molto ambizioso, anche perché oggi Celtic e Rangers stanno faticando più del solito. Vengono da una stagione negativa, chiusa al settimo posto, sotto le aspettative. Ma quest’anno sono partiti alla grande. I veri valori si vedranno da gennaio in poi. Mi aspetto una grande reazione dal Celtic, che ha cambiato allenatore dopo le dimissioni di Rodgers. Hanno giocatori abituati a vincere: Craig Gordon in porta, James Forrest e diversi australiani, un bel mix di esperienza e freschezza. Non so se gli Hearts riusciranno a tenere questo ritmo, ma sull’onda dell’entusiasmo possono fare cose straordinarie. Replicare quello che fece Ferguson all’Aberdeen? Non lo so, ma se a gennaio saranno ancora lì, potrebbero anche rinforzarsi e giocarsela fino in fondo. Sarebbe bello vedere qualcosa cambiare in Scozia».

Nonostante abbia disputato solo due stagioni con la maglia maroon, Edgardas Jankausas, ex centravanti e attuale commissario tecnico della Lituania, è rimasto nel cuore dei tifosi degli Hearts, al punto che lo hanno inserito nella lista dei migliori stranieri della storia del loro club. «Ho dei bellissimi ricordi», dice a Undici. «Il primo anno agli Hearts è stato davvero incredibile: abbiamo vinto la Coppa di Scozia e siamo arrivati secondi in campionato. Ricordo quanto tutto ciò significasse per la città, per i tifosi, per la gente. Erano sempre dietro di noi, a sostenerci. È davvero piacevole sentire che la gente ricorda, che rispetta ciò che io e i miei compagni siamo riusciti a dare per il successo di questo club».

In merito a quanto sta accadendo in questa stagione, Jankauskas ha un’idea simile a quella di Pascali: «È una situazione interessante, probabilmente una combinazione di circostanze che stanno andando nella direzione giusta per gli Hearts. È un buon inizio per gli Hearts, ma c’è ancora molta strada da fare, perché anche nell’anno in cui conquistammo la coppa l’inizio fu ottimo, con otto vittorie consecutive. Devono solo continuare così. Penso che abbiano l’allenatore giusto, un buon gruppo di giocatori e che stiano mostrando grande solidità. Speriamo che riescano a proseguire fino alla fine».

Quando esprime il suo parere sul rivoluzionario modello del club e sull’abuso di termini miracolistici, Jankauskas ha le idee chiare: «Non credo ci siano grandi miracoli nel lungo periodo. Stanno semplicemente facendo un ottimo lavoro in questo momento, senza alcun miracolo. I giocatori sono motivati, i tifosi sostengono la squadra, c’è il giusto stile di gioco e una buona combinazione di circostanze, anche riguardo ai rivali principali. Non ci sono miracoli: il vero “miracolo” è creare quell’atmosfera, quell’aura tra i giocatori, quella sintonia con i tifosi. Forse oggi si utilizza il termine miracolo, perché il club appare stabile, serio nella gestione, e vede in tutto ciò la strada per raggiungere l’obiettivo principale: il titolo».

L’ultima domanda a Jankauskas è d’obbligo: nel 2006 avete conquistato la Coppa di Scozia e siete arrivati secondi in campionato, ma gli Hearts di oggi possono fare meglio di voi? «Sì, ci credo. Secondo me è possibile, considerando tutti i fattori che ho citato prima: se resteranno forti fino alla fine, con la stessa motivazione, lo stesso sostegno e senza problemi finanziari, come accadeva invece in passato. La stabilità può essere la chiave di questa stagione. Speriamo che ce la facciano, e che riescano a spezzare quei 40 anni di dominio dell’Old Firm». Che poi altro non è che il progetto di Tony Bloom e James Anderson. Sì, proprio loro: quelli dell’algoritmo.

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