È l’incredibile potere del nuovo Bernabéu. Prendere o lasciare – a scanso di equivoci: il Real Madrid ha preso senza nemmeno farsi pregare. Troppo ghiotto un impatto economico da almeno 150 milioni di euro, per il club e la città, a fronte di una singola partita di National Football League ospitata nello stadio dei Blancos durante la pausa nazionali. Un successo di pubblico, sponsor e addetti ai lavori oltre ogni previsione – anche sull’onda di una prima volta assoluta, la gara fra Dolphins e Commanders, sul suolo spagnolo. E nelle scorse settimane aveva affascinato il mondo la capacità dell’impianto di ristrutturarsi e cambiare faccia nel giro di pochi giorni: da colosseo denso di tradizione calcistica ad arena a uso e consumo del football, proprio come negli Stati Uniti. Il problema – che logisticamente stupisce fino a un certo punto – è che il cambio di look non è avvenuto in modo così repentino e indolore.
Per garantire la riuscita dell’evento, già in estate il Real si era assicurato di giocare sempre in trasferta per un mese di fila, tra il 4 novembre e il 3 dicembre. Sono state sei gare in tutto, tra Liga e Champions. E lo score dei ragazzi di Xabi Alonso ne ha risentito eccome: prima di allora Bellingham erano un rullo compressore da 13 vittorie su 14 partite stagionali – l’unico passo falso, per quanto pesante, era stato il ko nel derby contro l’Atlético. E poi? S’è spenta la luce. E la panchina dell’ex Bayer è arrivata perfino a vacillare. Sconfitta a Anfield, pareggini in casa di Elche e Rayo Vallecano, sofferta vittoria ad Atene contro l’Olympiakos, altro pari a Girona e infine – forse l’unica prestazione da Real in questo filotto – secco tris rifilato all’Athletic Bilbao al San Mamés. A inizio novembre i Blancos avevano cinque lunghezze di vantaggio sul Barça in campionato. Ora sono secondi a -1. Nulla di irreparabile, ma c’è da riflettere.
Anche perché nel frattempo, come racconta The Athletic, sono emerse diverse crepe tattico-attitudinali tra Xabi Alonso e parte dello spogliatoio. L’allenatore sente la pressione, fatica a gestire un gruppo che di fatto è la sommatoria di singole multinazionali del pallone – Jude, Kylian, Vini Jr. E non tutti – anzi, quasi nessuno – possono vantare le eccezionali doti caratteriali di Ancelotti, non a caso il più vincente di sempre sulla panchina del Real Madrid (15 titoli in bacheca). Era chiaro che sull’ex centrocampista chiamato ad aprire un nuovo ciclo tecnico le aspettative sarebbero state galattiche: tutto può ancora volgere per il meglio, ma il prossimo blocco di partite – Celta Vigo e Manchester City, finalmente in casa – sarà già decisivo.
Certo è che una vita on the road, su una squadra ancora in costruzione, non ha affatto aiutato. Secondo il Real i lavori per trasformare il Bernabéu nella temporanea casa dei Dolphins erano iniziati il 3 novembre per poi concludersi il 19: tre giorni dopo la sfida di NFL. Eppure sono passate quasi tre settimane prima del ritorno dei Blancos fra le mura amiche, domenica 7 dicembre. Se il football a Madrid è stato una prima volta, per le prossime andrà aggiustato il tiro e l’assetto organizzativo. Ne va delle performance del Real.