«Siamo capaci di rilevare la composizione di un granello di zucchero disperso in 161 piscine olimpioniche». Le parole di Francesco Botré, professore di chimica analitica all’Università degli Studi di Firenze e, da 27 anni, direttore scientifico del Laboratorio Antidoping della Federazione Medico Sportiva Italiana, aiutano a comprendere perché il nostro Paese si è arricchito di una nuova eccellenza mondiale. Si tratta della nuova sede del centro per la lotta contro le sostanze proibite, inaugurato a Roma dopo una corsa contro il tempo per controllare gli atleti protagonisti a Milano Cortina 2026. Le analisi sui campioni degli olimpionici inizieranno il 31 gennaio, quando gli atleti varcheranno la soglia dei villaggi olimpici realizzati a Milano, Livigno e Cortina d’Ampezzo.
Da qui partiranno le oltre 4mila provette che saranno supervisionate nel laboratorio della capitale, costruito in 14 mesi e costato 17,2 milioni di euro (3,2 milioni per l’acquisto dell’edificio, nove milioni per rimettere in sesto il centro e cinque milioni per le attrezzature). Denaro ottenuto dalla legge di bilancio 2024, investito da Sport e Salute per riqualificare un immobile in disuso di proprietà statale nel quartiere popolare di Torre Maura (a Roma est, nelle vicinanze dell’Università di Tor Vergata), scelta per rimpiazzare la vecchia sede dell’Acqua Acetosa, ritenuta non idonea, ma anche per valorizzare una zona distante dal centro cittadino.
«La considero un’impresa che equivale alla pista da bob realizzata per le Olimpiadi», ha dichiarato il ministro dello Sport Andrea Abodi, presente al taglio del nastro insieme al ministro della Salute Orazio Schillaci e al numero uno di Nado Italia, il professore Fabio Pigozzi. Al di là della gioia per il traguardo centrato, a suggellare la bontà del progetto ci sono le caratteristiche tecnologiche e la portata innovativa delle capacità di analisi e trattamento dei campioni biologici del Laboratorio Antidoping. Nei quattro piani e i due seminterrati del palazzo specchiato (soluzione voluta per evitare di attirare attenzioni dall’esterno) esteso per quasi 3mila metri quadrati, i 35 professionisti distribuiti tra chimici, biologi, farmacologi e biotecnologi processeranno e gestiranno più di 25mila campioni in un anno, con picchi di 200 provette quotidiane durante i giorni di gare a cinque cerchi, con risultati forniti in 24/48 ore.
Ma non solo perché la struttura, parte dei 17 laboratori antidoping europei (sui 30 totali) accreditati dall’Agenzia antidoping mondiale (WADA), combina la massima efficienza operativa nell’evasione del carico analitico, con la copertura totale dei metodi analitici approvati dalla WADA e l’abilità di identificare nuovi biomarcatori. A tal proposito, va ricordato che l’impianto svilupperà in futuro la propria attività produttiva e scientifica, in linea con le ultime politiche di efficientamento e con l’opportunità di eseguire screening approfonditi sugli integratori alimentari. Un passo avanti che garantisce la validità della struttura anche contro le droghe sintetiche.
Quanto alle analisi dei campioni biologici, la speranza è non ripetere casi dubbi, spesso sinonimo di proteste, ricorsi e polemiche, poiché il laboratorio romano prevede l’accesso codificato in ogni area, registrando quindi ogni mossa effettuata al suo interno. In caso di campione di sangue o urine positivo a una delle 750 sostanze proibite, il piano prevede l’isolamento immediato della zona adibita alle controanalisi, tramite porte scorrevoli che eludono potenziali contaminazioni. Per intuire il livello di ordine che vige nel laboratorio, inoltre, è utile sapere che in ognuno dei sei piani l’attenzione è focalizzata su differenti ambiti di ricerca. Dall’eritropoietina allo studio delle autotrasfusioni, dal doping genetico agli steroidi, nulla è lasciato al caso in quello che Botré ha definito il centro antidoping «più tecnologico e competitivo del mondo». Almeno fino all’inaugurazione del prossimo laboratorio che contribuirà ad alzare la soglia di innovazione e la lotta contro gli sportivi sleali.