Sentirsi a sproposito in casa propria, nel mondiale che si sta organizzando nel proprio Paese. È un’accusa strana quella che lanciano i tifosi messicani. Eppure ha dei fondamenti, perché questo formato a 48 squadre che punta inevitabilmente a coinvolgere quante più federazioni possibili per ovvie questioni di business in un posto che trasuda calcio da ogni città proprio non piace. A cominciare dall’organizzazione e dalle sedi delle partite, quasi tutte negli Stati Uniti, nonostante a ospitare i Mondiali ci siano anche Canada e appunto Messico.
Solo 13 dei 104 match, infatti, sono in programma in Messico. Ben 78 incontri si giocheranno negli Stati Uniti. «Ci sentiamo esclusi» spiegano i tifosi. La delusione è condivisa, dato che il Messico è quello che conta più appassionati tra i tre Paesi. Un evento che dovrebbe incarnare un senso di solidarietà internazionale attraverso lo sport si svolge invece in un contesto geopolitico sempre più teso, segnato dal secondo mandato del presidente statunitense Donald Trump, che ha inasprito i rapporti con i due vicini nordamericani tra dazi, muri e e politiche anti-immigrazione.
A complicare il clima contribuisce anche la confusione su chi potrà effettivamente assistere alle partite in Messico. La Fifa ha dichiarato di aver ricevuto cinque milioni di richieste per l’ultimo sorteggio di biglietti, aperto per sole 24 ore. Secondo l’organo di governo del calcio mondiale, due milioni di biglietti sono già stati venduti nelle prime due fasi di vendita anticipata, lasciandone meno di cinque milioni disponibili. Nell’ultima fase di sorteggio i prezzi per un posto standard variavano tra i 1.290 e i 1.825 dollari, senza alcuna garanzia di riuscire davvero a comprarlo. Le opzioni hospitality arrivano a circa 10.000 dollari. Cifre astronomiche in un Paese dove lo stipendio medio mensile di un professionista è di circa 7.500 pesos (poco più di 400 dollari) e nettamente superiori ai prezzi dei Mondiali precedenti.
Per confronto, un biglietto per una partita di Liga MX allo stesso stadio costava tra i 15 e i 50 dollari prima dell’inizio dei grandi lavori di ristrutturazione lo scorso anno. Un posto in un palco di lusso per la finale del Clausura 2024 tra América e Cruz Azul ha raggiunto i 2.000 dollari. «Questi prezzi non sono per un messicano medio» ha raccontato al giornale inglese The Guardian lo scrittore Rodrigo Márquez Tizano, autore di A Brief History of Almost There, una raccolta di saggi sulla nazionale messicana ai Mondiali. «Il Mondiale del 1986 in Messico profumava ancora di sudore e speranza» ha ricordato. «Oggi, prima ancora di andare allo stadio, siamo in una coda virtuale. Gli imprenditori si sono appropriati del pallone che un tempo apparteneva alla gente».
Secondo Márquez, dopo quattro anni di attesa per il ritorno del Messico sulla scena globale, il sentimento diffuso è di anticlimax. «La realtà è purtroppo inferiore a ciò che avevamo sognato, perché c’è la sensazione che nessuno abbia i biglietti». Anche lui ha partecipato ai sorteggi Fifa senza successo. Le difficoltà non riguardano solo le partite in Messico. Anche ottenere biglietti per gli incontri negli Stati Uniti si è rivelato complicato. La Fifa ha annunciato che rilascerà un numero limitato di biglietti a basso costo da 60 dollari, che però non saranno disponibili sulla piattaforma ufficiale, ma tramite le federazioni nazionali delle squadre partecipanti. Fatto sta che in Messico sono davvero arrabbiati, con ragione.