Dici Norvegia e nel calcio pensi a un modello sostenibile che, in meno di una generazione, ha creato una Nazionale top a livello europeo. Un sistema, chiamato “Barnefotballens verdigrunnlag” (sì, il nome è del tutto impronunciabile) che ha funzionato alla grande. Potremmo tradurlo liberamente come “I valori del calcio dei bambini”. Un sorta di salsa norvegese del nostro “ripartiamo dai ragazzi”, quelli che “non giocano più per strada”. A quelle latitudini in mezzo agli incroci i palloni non sono mai girati, però i bambini non si avvicinavano più al calcio. Il piano prevedeva la creazione di numerosi campetti da street football nelle scuole, impianti al chiuso, gratuiti e accessibili per tutti. L’obiettivo era stimolare il gioco libero e creativo. Nessun giudizio, punteggio, risultato o classifica. Il perfetto mix tra il dovere dello studio e il piacere dello sport. Un modello di welfare incollato al calcio. Tutto molto norvegese. L’imprinting federale ha spinto anche i club a fare la loro parte, replicando di fatto lo stesso schema. Diverse squadre hanno investito sul vivaio, assunto professionisti provenienti da contesti diversi, modernizzato i metodi di allenamento e adottato un approccio olistico nella cura e nelle prevenzioni degli infortuni. Il livello si è alzato così tanto, in tutta, la prima divisione (ufficialmente la Eliteserien), tanto che il dominio quasi ventennale del Rosenborg è stato interrotto da Brann, Valerenga, Stabæk, Molde. E poi, ovviamente dal Bodo/Glimt.
Grazie all’accordo tra la Norsk Toppfotball (la lega che riunisce prima e seconda serie) e Transferoom, che ha decuplicato in sette anni il valore dei trasferimenti in uscita dal Paese, i club hanno visto aumentare il loro budget, permettendosi anche di trattenere talenti, felici di rimanere in società sane che garantiscono strutture d’eccellenza. Dal 2020, poi, è iniziato il dominio del Bodo/Glimt, che ha vinto quattro degli ultimi cinque titoli e soprattutto ha raggiunto una semifinale di Europa League l’anno scorso. Si tratta del miglior risultato per una squadra norvegese nelle competizioni europee, “ampliato” poi dall’approdo ai gironi dell’edizione in corso. Non è però tutto oro quello che luccica da quelle parti. Perché, dopo i successi continentali dei gialloneri, in Norvegia sono arrivati mucchi di soldi, da parte dell’UEFA e non solo. Ma è vero pure che non sono stati redistribuiti come ci si aspettava.
Come analizzato dal media norvegese VG, infatti, una minoranza composta da cinque club di prima divisione ha bloccato la distribuzione dei fondi di solidarietà all’Obosliga (la seconda divisione) attraverso una votazione anonima tra le società dell’Eliteserien. La decisione, presa prima del fine settimana, sta suscitando forti reazioni: «Lo trovo molto poco norvegese», ha commentato Trygve Amundsen, direttore generale dell’Åsane, riferendosi al modo in cui i club di vertice hanno scelto di gestire la ripartizione del denaro proveniente dall’UEFA. A differenza degli anni precedenti, l’organismo federale europeo ha consentito che il denaro fosse distribuito tra i club dei due massimi livelli nazionali. Secondo il regolamento, affinché una parte del denaro possa essere destinata all’Obosliga è necessario il consenso del 75% dei club dell’Eliteserien. Ecco, questo quorum non è stato raggiunto. E così gli incassi di quest’anno – che ammontano a circa 70 milioni di corone norvegesi, vale a dire 5,8 milioni di euro – non sono stati condivisi con i club di seconda divisione.
Come spiegato da Cato Haug, presidente della Norsk Toppfotball, il consiglio direttivo di NTF aveva raccomandato all’unanimità una distribuzione solidale dei fondi tra Eliteserien e Obosliga. E invece cinque club di massima serie si sono opposti alla proposta, bocciata con Undici voti favorevoli su 16. Tra i club favorevoli c’era anche lo stesso Bodo/Glimt, che ha contribuito in larga parte alla formazione del fondo: «Abbiamo votato a favore della proposta del consiglio, ma la decisione finale è stata diversa», spiega il direttore generale Frode Thomassen. «Riteniamo giusto che una parte più ampia del calcio norvegese possa beneficiare dei valori creati e che questo favorisca lo sviluppo del movimento nel suo complesso». La decisione ha colto alla sprovvista anche diversi dirigenti dell’Obosliga: «Sono rimasto molto sorpreso, pensavo fosse una formalità» afferma Frank Lidahl, direttore generale del Ranheim.
Amundsen sottolinea il ruolo fondamentale dell’Obosliga nello sviluppo del calcio norvegese e afferma di aver creduto che la questione fosse ormai definita. Pur dichiarando di rispettare il processo democratico, critica la modalità di voto: «Trovo anomalo che si sia ricorso a una votazione segreta. Avrei preferito una discussione aperta e trasparente». Da parte sua, Norsk Toppfotball ha spiegato che la procedura di voto è regolata dallo statuto approvato dai club. In base alle norme, le votazioni devono avvenire tramite scheda o altro mezzo scritto, secondo le modalità stabilite dal presidente dell’assemblea. Poiché la riunione si è svolta in formato digitale, è stata adottata una votazione anonima online. Haug precisa inoltre che nessun club ha richiesto una modalità di voto alternativa.
Lidahl osserva che, pur essendo previsto dallo statuto, il voto anonimo non viene sempre applicato. «In un incontro su Teams dedicato a un tema di solidarietà e di interesse collettivo, è stato sorprendente che fin dall’inizio si sia deciso per il voto segreto», afferma, aggiungendo che si tratta di un fondo destinato a crescere nei prossimi anni. La decisione di NTF resterà valida almeno fino al 2028. Dal fronte dei club di seconda divisione, le reazioni oscillano tra rassegnazione e critica costruttiva.«Peccato per noi, ma è andata così», commenta Espen Nystuen, direttore generale del Kongsvinger. «La decisione spetta ai club dell’Eliteserien. E, trattandosi di un voto anonimo, non sappiamo nemmeno chi si sia opposto». Jesper Törnqvist, dirigente dell’Hødd, pur rispettando l’esito della votazione, sottolinea l’importanza del principio di solidarietà: «Se vogliamo allevare giocatori di talento, anche per la Nazionale, è necessario che più realtà abbiano l’opportunità di contribuire». Sulla stessa linea Mats Thyli, direttore generale del Raufoss, che prende atto della divisione tra gli undici club favorevoli e i cinque contrari. «Per noi è chiaro che il vertice del calcio norvegese debba restare unito: tutti contribuiscono a far crescere il movimento e, di conseguenza, è giusto che questi fondi vengano distribuiti in modo solidale».