Il calcio italiano continua a produrre difensori molto forti, e che ora in campo sanno fare qualsiasi cosa

Bastoni e Buongiorno, Calafiori e Scalvini, Udogie e Leoni: c'è una nuova generazione di centrali e terzini che non sono bravi solo a marcare, ma anche a impostare il gioco, a rifinire e a finalizzare la manovra offensiva.
di Francesco Gottardi 31 Dicembre 2025 alle 03:02

Certe eredità nascono osservando la storia compiersi. Da Berlino a Wembley. Giorgio Chiellini era sugli spalti dell’Olympiastadion, quando Fabio Cannavaro alzava la Coppa del Mondo al termine di un percorso epico – e nel fortissimo segno della difesa, fino all’ultimo rigore. E le gesta di quella generazione d’oro, per quanto obnubilate dai successivi eventi, sono rimaste custodite fra mille difficoltà dal futuro capitano dell’Italia. Che dopo è cresciuto, si è consacrato, nella Juve più vincente di sempre ha trovato i compagni di viaggio ideali e insieme a uno di loro realizzerà a sua volta quell’impresa nazionale che sconfina nella leggenda. Non solo per eccellenza nei movimenti e rendimento da porta blindata: anche e soprattutto per estetica, linguaggio e indomabile mentalità. Perché l’immaginario collettivo azzurro di Euro 2020 non è cosparso di gol o parate. È Chiellini che dà del mentiroso a Jordi Alba, surclassando psicologicamente la Spagna prima dei rigori; è Bonucci che si “sciacqua la bocca” in finale, profanando il tempio del calcio e chi l’ha creato, o ancora Giorgione che strattona il povero Saka ai supplementari laureandosi honoris causa in fenomenologia del fallo tattico a regola d’arte.

Davanti a tutto questo, in panchina, c’era Alessandro Bastoni. Oggi il centrale dell’Inter è la quintessenza di un modo di difendere – e interpretare questo ruolo, ben oltre i 90 minuti – che evolve e si tramanda lungo il filo conduttore che passa per Coverciano. Bastoni non rappresenta soltanto la modernità, fatta da un’impeccabile fase di non possesso combinata alla destrezza nell’impostare l’azione e, all’occorrenza, graffiare sotto porta – è attualmente il calciatore italiano più prezioso in assoluto, 80 milioni di euro secondo Transfermarkt. Ma è anche il capostipite di un nuovo lignaggio di formidabili colleghi di reparto accomunati dall’indole, ancora più che dalle competenze sul campo: tutti “bravi ragazzi”, esemplari per atteggiamento e pulizia dell’immagine, al contempo aperti al calcio e alla vita. Foss’anche all’estero, nel campionato più bello del mondo o ai vertici del nostro.

Si tratta di un blocco di difensori emergenti, più o meno realizzati, su cui il movimento italiano potrà contare negli anni a venire in un rapporto che si perpetua. Affinandosi, adattandosi ai tempi: il proverbiale “catenaccio e contropiede”, croce e delizia dei trascorsi azzurri, è invecchiato oltre ogni stereotipo. A proposito di osservare: qualcuno Bastoni lo vide da vicino, come un faro, sin dalle giovanili. È il caso di Giorgio Scalvini, che si faceva le ossa nel vivaio dell’Atalanta mentre Alessandro muoveva i primi passi nella squadra di Gasperini. Dopo averne ripercorso le orme promettendo un gran bene, Nazionale compresa, ora Scalvini è alle prese con un calvario fisico che si protrae da oltre una stagione. Ma tornerà. «Col dolore sono cresciuto, mi riprenderò tutto», ha detto il difensore dell’Atalanta. «Oggi mi sento più che mai giocatore del presente: solo se fai bene nel presente puoi avere un buon futuro. E il passato serve a imparare, a capire cosa fare meglio, a non 48 sbagliare più».

Parole di cui fare tesoro, soprattutto per chi è 49 ancora più giovane: Giovanni Leoni ha fatto appena in tempo ad assaggiare la maglia del Liverpool, che deve fare i conti anche lui con la rottura del crociato. Eppure gli era bastata una signora stagione al Parma per staccare il ticket della Premier League, con enormi prospettive di lungo termine e una propensione all’ignoto – non è un caso se la locuzione open-minded in italiano nemmeno esiste come aggettivo – che può fare scuola, abbattere barriere. Come lui l’hanno fatto diversi altri protagonisti di questo blocco, sintomo di una benefica mobilità generazionale: Diego Coppola pronto a ricominciare al Brighton, dopo aver tenuto il Verona aggrappato alla Serie A; Destiny Udogie – sconfinando ai terzini – a sprintare per il Tottenham; Riccardo Calafiori nuovo pilastro dell’Arsenal. E proprio la traiettoria dell’ex centrale del Bologna è emblematica di quanto si diceva sull’incalcolabile quid emotivo trasmesso sull’onda lunga di Bonucci e Chiellini: della disastrosa e apatica spedizione azzurra in Germania, forse l’unica istantanea davvero toccante, davvero da ricordare, è la sua cavalcata con lacrime liberatorie contro la Croazia, redenzione di un precedente autogol – imprevisto del mestiere, che il ragazzo prova a riscattare per un Paese intero.

Al contempo c’è chi continua ad affermarsi in Italia, e costituisce un punto di riferimento essenziale per quei giovani disorientati dal valzer dei vivai. Ha trovato l’uscita Pietro Comuzzo alla Fiorentina, con impressionante precocità e un epiteto – “soldato”, di diliviana memoria – che si addice ai grandi. E per Alessandro Buongiorno – via Torino, cresciuto sognando Nesta e Maldini – è arrivata la definitiva consacrazione con lo scudetto conquistato al Napoli. Lui e Bastoni hanno entrambi 26 anni, sfrecciano verso il culmine della carriera e mostrano la via a chi s’affaccia al loro mondo d’élite. «Quando ho trovato la mia figurina e l’ho attaccata sull’album dei calciatori», racconta il centrale azzurro, «è stata una bellissima emozione: da piccolo vedi quei volti come degli eroi, un giorno speri di arrivarci anche tu». Oggi più che mai sono i volti della difesa.

Da Undici n° 65
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