Il fatto che il Barcellona non giochi ancora nel nuovo Camp Nou, a pensarci bene, non è così assurdo: il progetto è mastodontico, la ricostruzione dello stadio lo porterà a essere l’impianto calcistico più grande d’Europa, con 105mila posti a sedere, quindi un ritardo nella consegna doveva essere messo in conto. Il problema è che Joan Laporta e il resto della dirigenza blaugrana avevano promesso il ritorno “a casa” per la festa dei 125 anni del club, a novembre 2024, e invece adesso qualcuno in Spagna – per esempio il prestigioso quotidiano El País – comincia a sussurrare che il Camp Nou potrebbe non essere pronto per la prossima stagione. Nonostante i lavori proseguano per molte ore al giorno.
È strano pensare che questo Barcellona – una delle migliori squadre del mondo nella stagione 2024/25, ancora in corsa per il terzo Triplete della sua storia – risenta ancora della crisi economica e gestionale che l’ha travolto negli ultimi anni. E invece è proprio così. Anzi, proprio lo stadio è una cartina al tornasole della realtà che avvolge il club catalano: se i problemi di identità tecnica sembrano ormai un lontano ricordo, quelli che riguardano la società e i conti sono ancora pesanti. Basti pensare che, soltanto poche settimane fa, Laporta e il dipartimento economico del Barça hanno dovuto “ipotecare” 474 posti VIP del futuro Camp Nou per poter ottemperare alle regole finanziarie della Liga: senza la (controversa) cessione dei diritti trentennali su questi posti, ceduti a non meglio identificati «fondi mediorientali», Dani Olmo e Pau Victor – due giocatori regolarmente sotto contratto – non avrebbero più potuto giocare in questa stagione. Per altro, non tutti i soldi teoricamente incassati dal Barcellona sono stati ritenuti validi dagli organi di controllo: la società catalana, di fatto, ha venduto un asset virtuale, che non esiste ancora. Di conseguenza, i problemi col Fair Play Finanziario sono stati risolti solo in via temporanea. Secondo una fonte interna al club, riportata dal País, «l’impresa edile Limak, che si sta occupando della costruzione dello stadio, installerà i posti VIP alla vigilia della prossima stagione, e così potremo registrare i nuovi acquisti della prossima stagione».
L’impresa Limak, appunto: gli ultimi permessi firmati dal comune di Barcellona per i lavori a Les Corts, il quartiere che ospita/ospiterà il Camp Nou, erano datati fino al 7 aprile. Poi è arrivata un’ulteriore proroga fino alla fine del mese. Per velocizzare l’intero processo, erano stati richiestie– e ottenute – anche delle deroghe per lavorare fino alla mezzanotte, ma poi i residenti si sono lamentati dei rumori e della luminosità in eccesso. Ecco, anche le persone comuni stanno vivendo un bel po’ di problemi: con il Barcellona che gioca a Montjuïc, in un’altra zona della città, i bar e i negozi intorno al Camp Nou hanno visto calare drasticamente i loro introiti. Il proprietario di uno dei locali più frequentati dai tifosi prima e dopo la partita, intervistato da El País, ha spiegato che «ogni gara portava tantissima gente, organizzavamo eventi lunghi sette-otto ore, i fan locali e soprattutto i turisti consumavano molto. Adesso ci reggiamo dagli abitanti del quartiere e dagli operai che lavorano allo stadio. I ricavi sono calati del 60-70%, non ci resta che aspettare». Lo stesso discorso, naturalmente, vale anche per i negozi di souvenir e/o di articoli a marchio Barcellona.
Insomma, tutti ci stanno perdendo soldi. A cominciare dal club, naturalmente, che ha investito quasi un miliardo di euro nella ricostruzione del Camp Nou e da due stagioni si ritrova a giocare in uno stadio in cui la media spettatori complessiva non arriva alle 46mila persone. E poi, come detto, sta venendo a mancare tutto l’indotto “secondario” e quello delle persone di Les Corts che lavorano (lavoravano) grazie alla presenza dei tifosi. Il problema vero è che le prospettive non sembrano rosee, tutt’altro: l’obiettivo dichiarato è quello di iniziare la prossima stagione nel nuovo stadio, o al massimo di giocare in trasferta le prime gare di Liga per poi esordire in casa a metà settembre. Questo cronoprogramma, però, comporta il rischio per cui il Barça potrebbe ritrovarsi “bloccato” a Montjuïc fino al 2025, almeno per quanto riguarda la Champions League: se la prima partita non potesse disputarsi al Camp Nou, infatti, la UEFA non permetterebbe il “trasferimento” a Les Corts fino al termine della fase a gironi, quindi a febbraio del prossimo anno. Sarebbe una vera sciagura, nel caso.