Il gol di Dan Ndoye, il gol che ha deciso la finale di Coppa Italia tra Bologna e Milan, è un perfetto mini-mini-trailer della squadra rossoblu. Questione di lucidità e consapevolezza ai limiti dell’incoscienza, questione anche di qualità: l’esterno svizzero, in piena area di rigore e davanti alla porta avversaria, ha fintato il tiro una prima volta, poi una seconda, si è spostato ancora di più per battere meglio col destro e alla fine ha dato una frustata imprendibile al pallone. Che, pochi centesimi di secondi dopo, si è insaccato all’incrocio dei pali.
Ndoye non si è fatto prendere dalla frenesia, dalla concitazione del momento. Ha fatto tre o quattro scelte belle azzardate, ma che alla fine si sono rivelate esatte. Ed ecco perché il suo gol è il biglietto da visita del Bologna, una squadra che va in campo partendo da idee tattiche belle azzardate, non sarebbe esagerato definirle radicali, ma che alla fine si rivelano giuste. Esattamente come quelle della società.
Dopo una notte così, e dopo aver celebrato il gol di Ndoye, è doveroso parlare di Vincenzo Italiano. Di un allenatore che si muove e lavora in modo chiaramente ossessivo-compulsivo, ma che è una sicurezza assoluta in quanto a risultati e qualità della proposta. Lo è da sempre, ora anche chi non voleva riconoscerlo deve piegarsi alla realtà: il su Bologna, al termine di una stagione lunga e comunque eccellente al di là della vittoria in Coppa Italia, ha dominato la finale di Roma, ha stravinto la sfida tattica con il Milan di Sergio Conceição, ha mostrato di essere fisicamente vivo e anche solido dal punto di vista difensivo. Nonostante un’aggressività a 200 bpm, nonostante lo stesso Italiano chiedesse ai suoi centrali di alzare la linea anche al minuto 96′, quando il Milan aveva in campo cinque punte più Pavlovic attaccante aggiunto. È vero, il tecnico del Bologna aveva fatto entrare Casale al posto di Orsolini, Ma l’atteggiamento dei rossoblu non è mai cambiato.
La sintesi della finale di Coppa italia
Vincenzo Italiano ha pagato a caro prezzo questo suo radicalismo, o almeno così dicono i suoi detrattori – quelli per cui le sconfitte in finale ai tempi della Fiorentina. due in Conference League e una in Coppa Italia, sono arrivate proprio a causa dell’eccessivo idealismo del loro ex allenatore. Ora, però, quel modo di allenare e di far giocare le sue squadre si è rivelato un punto di forza. Lo dice l’andamento della stagione del Bologna, lo dice la Coppa Italia nella bacheca del club rossoblu, lo dice la crescita di tantissimi giocatori dell’organico. Si pensi a Orsolini, allo stesso Ndoye, a Castro, a Odgaard, a Beukema. Si potrebbe fare un elenco lunghissimo.
E allora forse la differenza tra il presente e il passato, per Vincenzo Italiano, sta nel materiale che aveva a disposizione. In un gruppo di giocatori di qualità, che in quanto tali hanno saputo assorbire bene la partenza di Thiago Motta, di Calafiori, di Zirkzee, poi l’arrivo di un allenatore dall’identità fortissima, poi una stagione mai così piena di impegni. Come dire: non si arriva in Champions League e poi a una finale di Coppa Italia per caso, non è possibile. Quindi bisogna parlare del lavoro della società, degli investimenti di Saputo, del mercato a cinque stelle di Sartori e Di Vaio, di un progetto che da tempo cresce a ritmi sostenuti e che in questa stagione ha saputo fare un nuovo passo in avanti. Nonostante gli addii, nonostante i cambiamenti.
A volte sembra banale dirlo, ma una squadra che riesce a fare più di quello che ha fatto per cinquant’anni, che in campo non fa valere il gap economico rispetto ad altre società più ambiziose, beh, quella è una squadra fondata sulle idee. E sull’impegno che occorre perché queste idee si realizzino durante le partite. Ecco, nel caso del Bologna le idee sono davvero bellissime. E, soprattutto, funzionano. Da anni, in modo coerente. In questo senso, il confronto ancora caldo con il Milan di Furlani/Moncada/Ibrahimovic/Conceição è davvero impietoso. Ed è l’ennesima dimostrazione del fatto che la competenza, più o meno sempre, abbia un peso maggiore rispetto a quello dei soldi in valore assoluto. Sono quasi dieci anni che ce ne accorgiamo grazie all’Atalanta, è da due anni e mezzo che ce ne accorgiamo grazie al Bologna. Anche qui: è questione di lucidità e consapevolezza. È questione di qualità.
Leggi anche
- Il Bologna è tutto nuovo, eppure è ancora la rivelazione del campionato
- A Bologna sta succedendo qualcosa di magico