La rivoluzione di Luis Enrique va in diretta su Twitch

Il ct della Spagna ha inventato un nuovo modo di fare comunicazione calcistica.

Luis Enrique cena con sei uova. Tre fritte e tre bollite. Lo ha detto lui stesso, sono parole sue. Non le mangia tutti i giorni, però alla fine della settimana saranno sicuramente più della soglia consigliata. Lo ha raccontato nell’unico posto in cui una frase del genere non sembra una battuta da vendere alle prime pagine dei giornali, anche se poi sui giornali ci è finito lo stesso. Era in una live su Twitch, sul suo nuovo profilo: un canale dedicato al racconto dall’interno della campagna della Spagna ai Mondiali del Qatar. Poco prima dell’inizio del torneo l’allenatore della Roja ha annunciato un ciclo di dirette su un canale nuovo, con una decisione senza precedenti per un allenatore: si è offerto al faccia a faccia e senza filtri con i tifosi, pur essendo l’esponente di un mondo che, di solito, preferisce non aprirsi all’esterno se non con frasi di plastica, precompilate, con parole che vogliono dire tutto e niente (più spesso niente).

Quando si inquadra nella sua postazione, alla scrivania, Luis Enrique si mostra nel modo più semplice possibile: appare spettinato, non prova a nascondere le rughe o le occhiaie. Sembra uno streamer esperto, impressiona la sua capacità di stare davanti alla telecamera e al microfono, il modo in cui si sbarazza del troll di turno, il ritmo che riesce a dare a dirette che durano più di un’ora. Il format è semplice: una piccolissima introduzione, giusto qualche parola di ingresso e poi via a leggere le domande che arrivano dagli spettatori, che possono essere sul calcio – quindi sul suo lavoro – o cose ancora più leggere. Da quando gli hanno chiesto della cena, e lui ha specificato quel dettaglio sulle uova, c’è sempre qualcuno che gli domanda quante ne abbia mangiate quel giorno o la sera prima.

È tutto talmente semplice e talmente attraente, almeno durante una Coppa del Mondo, che le dirette Twitch di Luis Enrique sono diventate subito un successo: la prima live ha raggiunto un picco di oltre 150mila spettatori simultanei, in una chiacchierata durata poco più di un’ora. In generale ogni volta che si concede ai suoi follower registra poco meno di 500mila spettatori. Peccato che dopo il pareggio con la Germania abbia ipotizzato una riduzione delle dirette, concentrandole ai soli giorni postpartita – quindi altre cinque al massimo, se la Spagna dovesse arrivare in finale. Ha detto di aver fatto questa scelta «perché siamo tutti stanchi».

Raccontare l’esperienza in Qatar dall’interno del quartier generale della Spagna è un inedito, o se vogliamo una piccola rivoluzione nel modo di produrre contenuti per i tifosi di calcio. Costringersi davanti alla telecamera per un’ora e mezza, in momenti carichi di emozioni – nel bene o nel male – per una nazione intera è l’esatto opposto della versione piatta e disumanizzata del calciatore e dell’allenatore che viene fornita solitamente in conferenza stampa o sui canali dei club e delle Nazionali. Anche quando il Real Madrid, il Bayern Monaco o la Juventus di turno propongono contenuti su Instagram o TikTok, o video più complessi su YouTube, queste opere appaiono sempre filtrate, artificiali, elaborate, belle per essere belle. E va benissimo, e piacciono perché danno ai tifosi esattamente quello che vogliono: la squadra del cuore nella cornice più pulita possibile. Le live di Lucho sono sicuramente concordate con la federazione, il resto dello staff tecnico e lo spogliatoio, ma allo stesso tempo restituiscono un’idea di dialogo meno filtrata, più autentica, quindi anche sincera.

Nella diretta che ha preceduto la partita con la Germania Luis Enrique ha detto un po’ di banalità che avremmo sentito anche in una normale conferenza stampa, poi ha anticipato un po’ di temi tattici sulle necessità dei tedeschi di rischiare qualcosa in più dopo la prima sconfitta con il Giappone; ha raccontato i difetti e i margini di crescita di Gavi, che è un 2004 ma è titolare in una Nazionale che è una contender credibile per la vittoria dei Mondiali; ha aggiunto un dettaglio molto interessante sulla gestione psicologica del gruppo e dei momenti di massima tensione: «L’ultima chiacchierata prima della partita può servire per le ultime indicazioni tattiche». Poi sembra correggersi per mettere giù un pensiero più vero: «Puoi fare giusto un breve discorso per aggiungere un punto motivacionál, più che altro». Alla domanda successiva uno gli chiede se nel carrozzone del suo staff  in Qatar – che dovrebbe essere di circa sessanta persone – c’è anche un barbiere: no, non c’è, Lucho non si taglierà i capelli, «ma mi rendo conto che i giocatori se li tagliano tre volte a settimana anche per curare la loro immagine». E quindi forse si sono messi in contatto con qualcuno della Federazione per trovare uno sul posto, «perché ho l’impressione che qualcuno si sia già tagliato i capelli almeno una volta».

L’esposizione senza filtri può costare qualche passo falso di troppo, soprattutto a chi di mestiere allena i calciatori e non fa il presentatore, il giornalista o l’addetto alla comunicazione – nella prima live ha detto che la Costa Rica è un Paese del Sud America anziché del Centro America. Oppure può capitare di dire cose semplicemente fuori luogo: «È ridicolo vietare il sesso, è una cosa normale. Non mi dispiace che i giocatori facciano sesso la sera prima delle partite ma traccio un limite per le orge. Quando ero giocatore se ero a casa prima di una partita, con mia moglie, be’, facevamo quello che dovevamo fare». Insomma, avrebbe potuto fermarsi dopo la prima frase, e in ogni caso si tratta di un’informazione un po’ troppo schietta da dare in pasto a un pubblico così ampio.

Gli va decisamente meglio quando è più concentrato, quando parla di calcio giocato. Luis Enrique è stato uno dei primi a criticare i recuperi extralarge di questi Mondiali, a dire che queste regole, come tutte le regole del calcio, dovrebbero essere gestite prima di tutto con il buon senso. Poi si trasforma in Antonio Cassano, o forse c’è un accordo segreto tra gli ex calciatori molto tecnici che diventano streamer: «Es mi opinión, puedo estar equivocado».

Per chi avesse un po’ di tempo: il meglio di Luis Enrique nelle sue dirette

L’eccezionalità di Luis Enrique in versione streamer su Twitch è una piacevole esperienza per chi si è stancato dei soliti contenuti sul calcio. Anche Rodri, centrocampista della Spagna e del Manchester City che in Qatar sta giocando da centrale in difesa, lo considera un esperimento riuscito: «Il mister è un tipo coraggioso», ha detto. «Non avevo mai visto niente di simile. Ma sta funzionando bene perché è un tipo molto simpatico e sincero, e la gente lo apprezza. E poi ovviamente se deve dire una cosa te la dice, non si fa problemi, lo dico per esperienza personale». Dall’altro lato sembra inevitabile pensare che Luis Enrique stia cercando di nascondere in qualche modo un vulnus nella sua comunicazione: in buona sostanza Lucho «scavalca i media tradizionali che tanto detesta, filtra le informazioni scegliendo tra le domande e decide l’ordine del giorno», scriveva José Sámano su El País, in un articolo pubblicato all’inizio dei Mondiali. Il ct aveva un rapporto complicato con la stampa anche da calciatore, soprattutto con i giornali di Madrid dopo il passaggio dal Real al Barcellona. Poi da allenatore non sembra cambiato molto.

Su Twitch il tecnico teso e freddo – qualche volta aggressivo – delle interviste sa trasformarsi in un simpatico zio asturiano, loquace e scanzonato. Questa strategia allontana la stampa, in qualche modo le rende ancor meno accessibile la squadra. O, più semplicemente, eliminando un filtro tra tifosi e squadra, è Luis Enrique stesso a fare da filtro. È sempre meglio dell’appiattimento di certi comunicati e di certe conferenze stampa, ma se Luis Enrique parla solo di ciò che vuole, come si fa quando c’è bisogno di parlare di quel che non vuole? Forse per avere una risposta bisogna aspettare un vero passo falso della Spagna e collegarsi per la diretta del giorno dopo. Fino ad allora, meglio preparare sei uova.