La bella notizia per la Juve non è solo la semifinale

Cinque anni fa la Juventus era senza timone e senza direzione: bisogna conoscere ed esultare per la gestione societaria prima di tutto.
di Federico Sarica
24 Aprile 2015

E poi arriva il giorno dei sorteggi delle semifinali della Champions League e sei lì che ti godi, da tifoso, lo spettacolo di titoli come «Juve sei stata accontentata, Real colosso ma coi cerotti». Arriva e ovviamente, da juventino, un po’ appunto ti godi il momento del ritrovato status – cui si aggiunge un campionato fino a qui eccellente – e un po’, da osservatore, cerchi di rimettere in fila i fatti che ci hanno portato qui, ad avere una squadra che solo cinque anni fa era completamente da ricostruire che oggi torna fra le prime quattro d’Europa, fra l’altro le stesse che figurano ai primi posti della classifica dei club che hanno disputato più semifinali nella storia della Champions. Come siamo dunque arrivati fino a qui? I fatti portano a una risposta: programmazione.

Perché, mentre il lavoro fatto sul campo prima da Antonio Conte e poi da Massimiliano Allegri e dai rispettivi staff, e ovviamente dai giocatori della rosa, è stato ed è sotto gli occhi di tutti, analizzato sotto molteplici aspetti, credo che non si sia abbastanza parlato di tutto quello che è successo e succede fuori dal rettangolo verde. Non smetteremo mai di dirlo qui su Undici: nel discorso sul calcio italiano si parla troppo poco di modelli e di management sportivo. È un male grosso nonchè un campanello d’allarme che va suonato forte se si ha a cuore il futuro del nostro sistema pallone. Fuori dal campo, dalle parti della Juventus, sono successe molte cose: lo stadio innanzitutto, di cui vi abbiamo già raccontato tutto intervistandone il direttore. Ma anche una visione ben precisa messa in pratica da un gruppo dirigente, senza tentennamenti e pensando al lungo corso. Solidità, declinata anche e soprattutto sul mercato e nella gestione sportiva. Alcuni esempi: la scelta di Allegri nel momento più difficile degli ultimi tre anni, l’addio di Conte, fatta contro tutto e tutti; una manciata pazzesca di giocatori acquistati a parametro zero, da Pirlo a Barzagli, fra lo scetticismo iniziale generale; le invenzioni di Pogba, di Vidal, di Tévez (facile celebrarlo ora, meno dargli il numero dieci e responsabilizzarlo in un momento in cui di lui si diceva che fosse un piantagrane sovrappeso e nulla più).

Per questo, se mi chiedete qual è la notizia più bella di queste ore per un tifoso della Juve, vi rispondo di scendere un po’ nelle gerarchie dei siti sportivi, mollare i titoloni sul Real, e focalizzarsi qualche centimetro più in giù, dove si parla, senza enfasi, di due rinnovi poco appariscenti ma non meno eccellenti di quelli dei fuoriclasse che scendono in campo: il nuovo contratto triennale di Marotta e Paratici, rispettivamente ad e direttore sportivo del club di Torino. A tutti gli effetti due dei campioni del nuovo corso bianconero guidato da Andrea Agnelli. Questa semifinale è anche e soprattutto loro: se lo ricordino quelli che stanno mettendo mano agli altri club per costruirne il futuro. Si riparte solo così: visione, solidità, pazienza e programmazione fuori dai riflettori.

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