Arriva la Spagna

Cinque firme analizzano l'avversario dell'Italia. Cosa aspettarsi dalla gara di oggi pomeriggio, tra paure e contromosse per fermare la Roja.

Sconfitti ai rigori otto anni fa, massacrati nella finale di quattro anni fa: i ricordi degli azzurri contro la Spagna, negli ultimi Europei, non sono esattamente piacevoli. Tra quel 4-0 di Kiev e gli ottavi di oggi, però, la Spagna è passata attraverso un Mondiale fallimentare: dobbiamo avere paura delle Furie Rosse? Cinque firme – Gian Marco Porcellini, Alfonso Fasano, Marco Zucchetti, Gabriele Lippi e Claudio Savelli – si confrontano.

1) Più forte la Spagna 2008, 2012 o 2016? Quali differenze vedete tra queste tre squadre?

Gian Marco Porcellini (GMP): Se posso andare fuori tema, secondo me la versione migliore della Spagna è stata quella che ha vinto i Mondiali del 2010. Una formazione in grado di esprimere nelle due fasi un’intensità che non ho più rivisto né prima né dopo. Per me il 4-2-3-1 con Casillas in porta Ramos, Pique, Puyol e Capdevila in difesa, Busquets e Xabi a centrocampo, Iniesta, Xavi e Pedro sotto a Villa resta l’apice di una formazione che viveva sempre di possessi alti prolungati, ma in grado di colpire anche in transizione grazie alle accelerazioni di Pedro e soprattutto di un David Villa in una condizione irreale. Una squadra che si poteva permettere di trascurare l’ampiezza del campo e di sopportare la salma di Fernando Torres in tutte e 7 le partite (4 addirittura da titolare!).

Qui mentre spazza via mezzo Honduras.

Se invece devo restringere il campione alle ultime 3 spedizioni europee, escludo subito quella attuale per l’incapacità di alzare i ritmi o di forzare le transizioni nell’arco della partita (almeno finora). Quella che ci ha distrutto in finale nel 2012 è la madre di quella attuale, ossia una Roja che incarnava il calcio di posizione fino ad esasperarlo, con addirittura 5 centrocampisti centrali in campo contemporaneamente (Xabi, Busquets, Xavi, Iniesta e Fabregas) a sviluppare un possesso paziente e a portare una densità clamorosa sulla zona palla. Una formazione che arrivava ad ottenere una supremazia territoriale esagerata, ma che contro squadre capaci di mantenere le spaziature corrette e coprire gli spazi intermedi, come noi nel girone o il Portogallo in semifinale, denotava problemi di profondità e attacco posizionale.

BORDEAUX, FRANCE - JUNE 21: Spain players celebrate their team's first goal during the UEFA EURO 2016 Group D match between Croatia and Spain at Stade Matmut Atlantique on June 21, 2016 in Bordeaux, France. (Photo by Dennis Grombkowski/Getty Images)
La Spagna festeggia dopo la rete di Morata contro la Croazia (Dennis Grombkowski/Getty Images)

Marco Zucchetti (MZ): Più forte la Spagna 2012, che non aveva un Villa stratosferico come la squadra del 2008, ma aveva semplicemente il centrocampo più intelligente di sempre, con Iniesta, Xabi Alonso e uno Xavi all’apice della sua saggezza anche se già in parabola discendente. Entrambe potevano contare anche su un Casillas che era una sicurezza e dava sicurezza.
La Spagna di oggi ha al centro del campo un distruttore come Busquets e il facitore di gioco è solo Iniesta. Silva, l’uomo a cui viene più naturale fraseggiare, non è in grande forma, così le fonti di gioco si inaridiscono. E a dire la verità dietro la coppia Piquè-Sergio Ramos non ha per nulla feeling.

Alfonso Fasano (AF): Non credo possano esserci paragoni. Parliamo di due grandi squadre (2008 e 2016) e di una specie di armata invincibile con tutti i suoi più grandi calciatori nel loro career best moment (2012). Per rinfrescarmi la memoria, ho rivisto la sintesi della finale di quattro anni fa. I primi due gol sono assoluto strapotere tattico, fisico e tecnico. Sono il raggiungimento dell’utopia calcistica, quella del bel gioco che vince pure le partite, sempre e senza dubbio.

Un ricordo triste

Rispetto a quella del 2012, la Spagna di oggi è più umana. Forse, più simile a quella del 2008, pur possedendo caratteristiche diverse in relazione all’ossessione per il possesso palla. È cambiato qualcosa due anni fa, quasi come se la figuraccia brasiliana avesse riportato sulla terra degli umani trasferitisi temporaneamente su Marte per trasformarsi in marziani. Il calcio della Roja si è riadattato agli standard del gioco, pur mantenendo alcuni primati numerici che sono anche estetici: la Spagna è la squadra che fa più passaggi a partita dell’intero Europeo 2016 (674), che passa meglio il pallone (90% di pass accuracy) e che lo fa facendogli percorrere la distanza più breve (16 m per appoggio). Eppure, ha cambiato alcuni principi di gioco (il centravanti ora è Morata, non lo spazio), costruisce una manovra più veloce e verticale e quindi forse anche più godibile per lo spettatore neutrale. Del Bosque ha fatto l’identico percorso di Luis Enrique: togliere alla sua squadra la condanna assoluta al possesso in modo da assecondare meglio, senza esagerare con i traumi, l’abbandono (Xavi), il declino (Xabi Alonso) e il dorato crepuscolo (Iniesta) di una generazione di campioni che si sta spegnendo.

Gabriele Lippi (GL): Se guardiamo alla somma delle qualità tecniche dei singoli, questa è la Spagna meno forte degli ultimi otto anni. Non fosse altro perché Nolito non è David Villa e nessuno potrà mai essere Xavi. Quella del 2016, però, è una squadra più convinta dei suoi mezzi di quella del 2008, che si sbloccò del tutto solo dopo il successo ai rigori contro l’Italia nei quarti di finale, e con più soluzioni offensiva di quella del 2012. La presenza di una punta vera come Morata (e in panchina c’è Aduriz) è una novità quasi assoluta nell’era del tiqui taca di matrice Barça. Nel 2008 Fernando Torres si avvicinava a questa figura, ma restava un attaccante che amava attaccare la profondità, meno uomo d’area dell’attuale numero 7 della Roja. Nel 2012, addirittura, Fabregas si trovò a fare il falso centravanti per via dell’infortunio di Villa e con Torres relegato in panchina dopo aver fatto da titolare il girone. Quella era una squadra che si era auto condannata a giocare con la palla bassa e più in orizzontale, questa è una che può anche alzare qualche cross dalla trequarti e spingersi più spesso in verticale.

Claudio Savelli (CS): La Spagna del 2008 era un magnifico embrione di quella del successivo quadriennio vincente ai Mondiali 2010 e agli Europei 2012. La prima versione era il vento fresco della novità, cavalcava l’onda della scuola-Barcellona e ambiva alla rivoluzione del gioco. La Spagna 2012 era la stessa cosa ma con una maturità, una coscienza infinitamente superiori, quindi probabilmente la più forte. Ebbe qualche difficoltà in più perché nel frattempo, sia a livello di club che di nazionali, le altre squadre hanno studiato e trovato contromisure al gioco spagnolo-blaugrana. La Spagna di quattro anni fa aveva Xavi e Xabi Alonso al culmine della loro carriera, cosa non da poco, visto che erano la prima essenza del calcio della Roja. Credo che la Spagna di quattro anni fa fosse più forte in senso assoluto, ma quella odierna è molto concreta e più vicina ad un’ideale di calcio completo che unisce possesso, dominio degli spazi e verticalizzazioni. In qualche modo quindi la temo di più oggi di allora, perché ha più sfaccettature ed è più difficile prenderne le misure.

NICE, FRANCE - JUNE 17: Alvaro Morata of Spain celebrates scoring his sides first goal during the UEFA EURO 2016 Group D match between Spain and Turkey at Allianz Riviera Stadium on June 17, 2016 in Nice, France. (Photo by Laurence Griffiths/Getty Images)
Alvaro Morata festeggia dopo la rete siglata contro la Turchia nei gironi (Laurence Griffiths/Getty Images)

2) Cosa temete di più, oggi, della Spagna?

(CS) Senza dubbio il fatto che abbia meno aspettative rispetto all’ultimo Mondiale, e questo la porta a giocare con la mente leggera. E poi, penso sia l’avversario peggiore per l’Italia dal punto di vista del gioco. Non sarà facile per noi alzare il loro ritmo tendenzialmente basso e il rischio è quello di rimanere incatenati ad un baricentro troppo basso, conseguenza del 5-3-2 scelto da Conte in fase difensiva. È impossibile reggere un’intera partita chiusi nel fortino: primo perché dovrebbero essere perfetti i tre centrali, ma soprattutto De Rossi negli scivolamenti laterali per assorbire i movimenti a convergere di Nolito e Silva, che non possono essere seguiti totalmente da Barzagli e Chiellini; secondo perché il campo da coprire per eventuali ripartenze sarebbe troppo, soprattutto vista l’assenza di Candreva. Penso che Conte abbia già mostrato la contromossa contro l’Irlanda: Bernardeschi, in quel caso, non andava in marcatura sul laterale offensivo avversario ma sul terzino, con Barzagli che scivolava verso destra e De Sciglio a chiudere la diagonale per una linea difensiva a 4. Un po’ come ha fatto Allegri con la Juve, in alcune gare. Penso sia la soluzione migliore per essere un po’ più aggressivi: sarà fondamentale, perché con la Spagna non puoi sederti davanti alla tua area di rigore.

(MZ) Nell’uno contro uno solo Iniesta e Silva (quando in vena) sono pericolosi. Ma Morata è un killer cinico quanto lo era Villa. Basta un metro e non perdona, anche se sonnecchia e sembra abulico per gli altri 90 minuti. E poi – singolare per una squadra non certo di grande tradizione nel gioco aereo – Piqué e Ramos sui corner sono un pericolo pubblico.

(GL) Quello che ho sempre temuto: il possesso palla. È vero che non è più avvolgente e totalizzante come quello degli anni passati, ma pensare di poter competere su questo piano con loro è folle. Prandelli ci provò, nella finale del 2012 il dato segnò 52% Spagna e 48% Italia, ma il punteggio disse 4-0. Gli Azzurri non si trovano a loro agio se devono gestire il pallone, meglio verticalizzare e cercare le ripartenze. Il problema è che, tenendo quasi sempre la palla loro, riescono a concedere poche occasioni, limitando i rischi di una difesa che senza Puyol è decisamente meno solida che in passato. L’Italia avrà tre-quattro occasioni, se va bene, e dovrà sfruttarle con grande cinismo. Altrimenti sarà difficilissimo arrivare ai quarti.

(AF) Più che la nazionale iberica in sé, temo che l’Italia si squagli completamente contro il primo avversario, sul suo cammino, in grado di inscatolare il talento in un disegno tattico. Dopo i primi dieci minuti di Italia-Belgio, si è capito che la squadra di Wilmots avrebbe attaccato sempre allo stesso modo, solo attraverso le lune volubili dei suoi calciatori più forti. Perfetto per la nostra difesa. Contro la Spagna sarà diverso, perché la Roja di Del Bosque ha tantissime alternative di gioco: la prediletta fascia sinistra (luogo di caccia, finora, del trio Jordi Alba-Iniesta-Nolito), il gioco di possesso prolungato di Iniesta, i tagli dalla destra di Silva e persino la novità della palla in verticale su Morata centravanti puro. Una varietà con la quale non abbiamo ancora fatto i conti, e che potrebbe travolgere qualsiasi difesa. Anche la nostra, soprattutto nel caso in cui non dovessimo riuscire a essere reattivi, a ripartire colpo su colpo come fatto contro il Belgio e come non-fatto nell’amichevole contro la Germania di marzo, un 1-4 senza appello. Ecco, temo che la Spagna possa giocare una partita così. Come il gatto con il topo. Come quattro anni fa.

(GMP) Quello che mi spaventa da 6 anni a questa parte, il dominio che riesce ad imprimere alla partita. È vero che questa selezione si sforza di allargare il campo e di attaccare la profondità con maggior continuità, come dimostra la scelta di puntare su Nolito e Morata, ma di base resta fedele ai principi del calcio di posizione, ossia un palleggio paziente ai limiti della pigrizia con cui al tempo stesso si difende attivamente e ricerca la smagliatura nel sistema difensivo avversario per attaccarla nella maniera più pulita possibile. Il tutto con tanti uomini nel raggio di pochi metri. Restando sempre all’interno dei canoni del calcio di posizione, mi spaventa la maestria degli iberici nell’occupare gli spazi intermedi: mi riferisco nello specifico al primo tempo con la Croazia, in cui i vari Nolito, Silva e Fabregas si sono guadagnati delle ricezioni frontali alle spalle del centrocampo biancorosso una miriade di volte (a fine partita ben 217 passaggi nell’ultimo terzo di campo!), creando in sequenza i presupposti per rifinire/finalizzare l’azione.

Spain's midfielder Cesc Fabregas (L) speaks with Spain's defender Sergio Ramos before his penalty during the Euro 2016 group D football match between Croatia and Spain at the Matmut Atlantique stadium in Bordeaux on June 21, 2016. / AFP / LOIC VENANCE (Photo credit should read LOIC VENANCE/AFP/Getty Images)
Cesc Fabregas e Sergio Ramos prima del rigore sbagliato contro la Croazia (Loic Venance/Afp/Getty Images)

3) Un giudizio delle 3 partite della Spagna a Euro 2016. Cosa vi aspettavate e cosa no?

(AF) Non mi aspettavo che la Spagna perdesse contro la Croazia, anche alla luce di un primo tempo dominato e di un gol, quello di Morata, letteralmente da mani nei capelli per quanto bello, perfetto, elegante. Eppure, è successo. Un calo di tensione tattica e tecnica (evidenti le colpe di De Gea sul gol nel finale di Perisic) che rientra perfettamente nel nuovo corso di adattamento di questa squadra a un gioco meno utopico, forse per questo più esposto anche agli attacchi avversari rispetto al passato. Probabilmente, neanche gli stessi calciatori spagnoli si sentivano così pronti e sicuri di questo cambiamento improvviso e radicale, tanto da considerarsi nuovamente onnipotenti dopo aver battuto Repubblica Ceca e Turchia (digressione: chi aveva scritto che questo era il girone della morte? Le avete viste bene Repubblica Ceca e Turchia?) e quindi in grado di battere anche la Croazia con un gol e il minimo sforzo mentale. Quando la Spagna inizia a sentirsi così, succedono due cose: stravince l’Europeo (2012) o esce ai gironi dei Mondiali (2014). Mi aspettavo stracciasse anche la Croazia e imboccasse la prima strada, non è andata così. Ma è stata una sconfitta indolore, forse anche terapeutica. Ce lo dirà la partita di Saint-Denis.

(MZ) Personalmente mi aspettavo una manovra più fluida e quel gioco che ha di fatto coinciso con le meraviglie del Barcellona per questi lunghi anni. Invece se si eccettua la partita contro la modestissima e suicida Turchia, in sostanza la Spagna procede per fiammate e colpi singoli. Con una potenza di fuoco sempre notevole, ma con idee un po’ confuse. È come se si affidasse a qualche invenzione, in genere di Iniesta, o alle mischie, più che alle geometrie. Un’improvvisazione più figlia dell’ultimo mondiale deludente piuttosto che dei trionfali europei passati.

Una delle gare più belle di questo Europeo

(CS) La Spagna mi ha sorpreso in positivo, credo sia la nazionale che ha giocato complessivamente meglio – sbavature con la Croazia escluse – nelle prime tre partite. Temevo i dubbi di Del Bosque, risolti invece in maniera decisa alla vigilia dell’Europeo, sia nelle convocazioni che nella scelta dei titolari. Il ct spagnolo si affida sempre agli stessi, anche i cambi più o meno sempre quelli. Questo porta ad un difetto: la Spagna non ha un vero e proprio “piano B”, e se il primo viene neutralizzato si può battere. L’ha fatto la Croazia, che nella ripresa ha cambiato modo di giocare pressando più alto e costringendo Iniesta a ricevere troppo a ridosso della difesa. La Spagna non ha cambiato, e ha perso. La più evidente falla nel sistema spagnolo è ovviamente l’incertezza difensiva. La Spagna rischia, perché sia Alba che Juanfran supportano contemporaneamente e costantemente la fase offensiva, costringendo Busquets ad indietreggiare e Piquè e Ramos a coprire in ampiezza. Se Parolo e Giaccherini riusciranno ad infilarsi nello spazio alle spalle dei terzini, saranno decisivi. Sarebbe lo scacco matto alla Spagna.

(GL) Mi aspettavo la fatica nella gara d’esordio. È una tradizione che ha permeato anche gli anni migliori della Spagna: se si esclude il 4-1 alla Russia nella prima partita di Euro 2008, a Sudafrica 2010 cominciarono con una sconfitta dalla Svizzera e a Euro 2012 pareggiarono 1-1 con l’Italia. Contro la Repubblica Ceca, si è vista la Spagna più simile a quella degli anni passati: un enorme dominio territoriale accompagnato a un’incapacità sostanziale di pungere davanti. Non mi aspettavo il 3-0 contro la Turchia, al netto della bassa qualità dei rivali, e la sconfitta con la Croazia. Nel primo caso, a sorprendermi, non è stato il risultato in sé, ma il modo in cui sono arrivati i gol. Verticalizzazioni molto più rapide che in passato e addirittura una rete di testa (la prima di Morata) su un cross arrivato dai 25 metri. Nel secondo caso sono rimasto interdetto dall’atteggiamento molle scattato dopo aver trovato il vantaggio immediato con una straordinaria giocata da Spagna, spia di un narcisismo mai del tutto sopito. L’Italia dovrà far leva su questo tipo di debolezza.

(GMP) Se da un lato non mi aspettavo chiudesse il girone al secondo posto (contro la Croazia hanno esagerato nella leziosità e l’hanno pagata con una sconfitta probabilmente ingenerosa), dall’altro a livello di prestazioni invece mi aspettavo praticamente quanto visto, in particolare nei primi 45 minuti con Repubblica Ceca, Turchia e Croazia. Che è poi quanto ho scritto nella risposta precedente. Mi aspettavo un Morata prolifico, nonostante non lo reputi il best scenario in questo sistema di gioco, ma comunque un compromesso molto più funzionale rispetto alle punte schierate nel recente passato, leggi Torres, Soldado o Diego Costa. E mi aspettavo in tutta onestà una Roja che potesse patire un eventuale innalzamento dei ritmi e che faticasse a difendere fuori posizione, ma non fino a questo punto. Quelle poche volte in cui ha provato a forzare le transizioni negative, lo ha fatto senza aggressività, convinzione e senza accorciare la squadra in maniera adeguata, concedendo ampi margini di manovra al portatore di palla, che con un semplice passaggio ha potuto avviare una ripartenza in campo aperto.  Contro la Croazia, la Spagna ha provato a pressare gli uomini di Kacic, ma con esiti rivedibili. In queste tre situazioni, i campioni d’Europa in carica si sono salvati grazie alla tattica individuale dei singoli.

La pressione rivedibile contro la Croazia

4) Se poteste togliere a loro un giocatore, chi sarebbe?

(MZ) Jordi Alba è probabilmente uno dei terzini sinistri più molesti (per gli avversari) di tutto l’Europeo. E considerando che gioca dalla parte dove preferisce agire Iniesta, gli offre sempre una opzione su cui giocare. Iniesta è chiuso? Sa sempre che di là spunterà il trottolino catalano. Togliamo Alba e mettiamo Bellerin e vediamo se è la stessa cosa…

(GL) Facilissimo dire Andrés Iniesta. È l’uomo che dà qualità alla squadra, probabilmente il miglior giocatore dell’Europeo per qualità e continuità di prestazioni. L’assenza di Xavi lo responsabilizza ancora di più, e pur non avendo perso la capacità di creare superiorità numerica col dribbling, sta brillando soprattutto per la qualità delle sue verticalizzazioni. Ma c’è anche un altro giocatore che la Spagna non può sostituire: Sergi Busquets. Non saprei scegliere chi toglierle tra i due, dico Iniesta spinto dal mio senso estetico.

(GMP) Pur reputando Sergi Busquets il migliore volante al mondo e pur stimando infinitamente un Iniesta sempre più centrale (e quindi influente) in questa Spagna, la priverei volentieri di David Silva, il meno posizionale tra i centrocampisti di Del Bosque. La sua figura, per quanto poco appariscente, rappresenta una delle chiavi del gioco iberico con cui generare superiorità locale. Non attraverso il dribbling (ne completa solo 1,85, cioè il 45% di quelli tentati), quanto semmai attraverso la sua capacità di muoversi tra le linee, che gli permette di fornire ai compagni un’opzione pulita, trasformandolo in una sorta di moltiplicatore di linee di passaggio. Il giocatore del Manchester City però non è soltanto un guastatore da sfruttare negli ultimi 30 metri, ma anche un consolidatore del possesso o un trigger che, partendo da posizione esterna, innesca l’azione scaricando palla centralmente per poi convergere infilandosi negli interstizi che si aprono in mezzo o alle spalle del centrocampo avversario. Una ricezione palla nell’ultimo terzo campo poi si traduce spesso in un passaggio chiave: nelle 3 sfide del girone, ne ha effettuati ben 4,07, staccando nettamente Iniesta (2,67), Nolito (2,35) e Fabregas (1,62).

(AF) Faccio fatica a immaginare la lista dei convocabili italiani per questo Europeo senza defezioni. Quindi per me, nella Nazionale di Conte, ci sono anche Marchisio e Verratti. Per questo, solo per questo, non ruberei Iniesta. Ecco che, allora, non mi resta che togliere alla Spagna il calciatore che manca all’Italia: Alvaro Morata. Il nuovo (re)acquisto del Real Madrid è il perfetto attaccante dei tempi moderni: gioca, corre, pensa, dialoga, segna. Tutto insieme, tutto al massimo. Non è ancora titolare in un top club perché ha dei momenti di buio a intermittenza nell’arco di una stagione, ma non ha neanche 24 anni ed ha già giocato due finali di Champions, vincendone una. Nella stessa competizione conta 8 gol in 26 partite a singhiozzo, ed è l’attuale capocannoniere dell’Europeo insieme a un signore che si chiama Gareth Bale e che ha una squadra in mano. Occorre altro?

(CS) Banale dire Iniesta, ma è una nomination dovuta. Credo che oggi, Andres sia davvero LA Spagna. Vedo in questo un’inversione di tendenza del sistema di gioco di Del Bosque: nelle precedenti versioni era uno stile collettivo, che rendeva quasi superfluo l’utilizzo di un giocatore piuttosto che un altro. Ora la Spagna è meno orchestrale e più “accentratrice” su Iniesta. Tutto parte davvero dai suoi piedi, è come un filo che lega insieme tutti gli altri giocatori, li contestualizza in maniera precisa. In nazionale, Andrés deve far partire l’azione, “pulirla” quando la manovra diventa elaborata e quindi consolidare il possesso, e infine trovare il passaggio chiave, cosa che fa con la consueta e sublime visione di gioco trascendente. Iniesta vede ciò che noi umani neanche pensiamo. Tutto ciò, il numero 6 lo fa con un’attenzione all’equilibrio della squadra maggiore che in passato. È un giocatore già sovraumano, che ora ha raggiunto la piena maturità calcistica, cogliendo il ruolo di leader tecnico e spirituale della squadra lasciato da Xavi.

Spain's players warm up before the Euro 2016 group D football match between Croatia and Spain at at the Matmut Atlantique stadium in Bordeaux on June 21, 2016. / AFP / MEHDI FEDOUACH (Photo credit should read MEHDI FEDOUACH/AFP/Getty Images)
La Spagna in un momento di riscaldamento prima del match contro la Croazia (Mehdi Fedouach/AFP/Getty Images)

5) Che partita sarà? L’Italia può farcela?

(CS) Sono curioso, perché non ho ancora decifrato il limite competitivo di questa Italia. Sarà fondamentale l’intensità che gli azzurri riusciranno a mettere in campo, soprattutto nella parte centrale del match, tra la fine del primo tempo e l’inizio del secondo, quando la Spagna tende a sfruttare la colonizzazione della trequarti avversaria. L’Italia non dovrà essere remissiva, ma proiettarsi il più possibile in avanti per sporcare, disturbare l’incipit della manovra spagnola. Non potrà farlo all’infinito, dovrà per forza di cose farlo a folate, ma devono essere intense e ben eseguite da tutti i giocatori. Banale dirlo, ma l’altro aspetto fondamentale, conseguenza del primo, sarà la lucidità mentale. Il loro possesso porta allo smarrimento, e solo il pensiero positivo degli azzurri può contrastare questa sensazione. Credo ci siano i presupposti, e i giocatori, per evitare questa condanna: in fondo, il blocco juventino ha reagito ad una situazione simile in Champions League contro il Bayern Monaco. In soldoni, vedo una sfida finalmente d’alto livello, e quindi in bilico: vincerà la Spagna se l’Italia mostrerà eccessivo rispetto, il che la porterà a schiacciarsi. Ma se gli azzurri dovessero essere in grado di aggredire alto, credo che l’Italia possa passare il turno, a patto che gli attaccanti siano concreti: non sarà ammessa una prova offensiva sterile, perché le occasioni saranno un paio e di solito a noi non bastano per segnare. Dico Spagna comunque, ma di poco.

(AF) Credo proprio che il nostro Europeo finirà oggi, a Saint-Denis. Ancora contro la Spagna. La differenza di qualità tra i calciatori in campo è troppo elevata per poterla pensare diversamente. Eppure, mi sento in pace con me stesso: so che l’Italia giocherà una partita gagliarda, che metterà in difficoltà il dispositivo di Del Bosque. Ma che, pure dopo un match bello e tirato, perderà. Nonostante la sconfitta, però, ripenseremo a questo Europeo con un misto tra orgoglio e rassegnazione. Quella cosa del tipo “usciamo a testa alta, abbiamo dato il massimo, non si poteva fare di più”. Il vero dramma, in realtà, è proprio questo. È molto triste pensare che un tifoso dell’Italia debba perdere un Europeo, agli ottavi di finale, e debba pure esserne in qualche modo felice, appagato. Non mi va giù, eppure andrà proprio così.

La prima vittoria nel girone D, di misura sulla Repubblica Ceca.

(GMP) Secondo me sarà interessante capire se l’Italia continuerà a volere la palla, oppure preferirà/sarà costretta a cedere il possesso ai campioni d’Europa in carica, certamente più a loro agio nel gestire la gara palleggiando sotto ritmo. Detto che questa mi pare un’Italia che predilige di gran lunga l’azione consolidata da dietro agli attacchi in contropiede, anche perché in queste ultime 3 sfide non si è più visto il recupero palla alto cui abbiamo assistito nel resto del biennio, se sarà come prevedibile la Spagna a comandare le operazioni, sarà difficile risalire il campo senza uomini che sappiano ribaltare il fronte in velocità, leggi El Shaarawy o Insigne. A questo proposito mi sono riguardato l’amichevole di marzo terminata 1-1, in cui gli azzurri hanno chiuso con il 47% di possesso palla, un dato considerevole se rapportato alla tipologia di avversario. In quell’occasione il commissario tecnico salentino aveva varato un 3-4- 3 ibrido, con Eder che in fase offensiva si avvicinava a Pellè, mentre Candreva entrava dentro al campo per rifinire o concludere l’azione. Un sistema che si era rivelato efficace anche perché la nazionale riusciva a coprire efficacemente il campo, specialmente in orizzontale, e perché in uscita dalla difesa Thiago Motta aveva mosso molto bene la sfera a 1-2 tocchi, eludendo spesso il centrocampo avversario, costretto persino ad abbassare gli esterni di quella partita, Morata e Mata, per uscire su Florenzi e Giaccherini. D’altro canto il 4-3- 3 spagnolo, privo in quell’occasione di Busquets e Iniesta, contro un ipotetico 3-4- 3 potrebbe fare leva sulla superiorità numerica in mezzo al campo per costruire il suo palleggio, che obbligherebbe l’Italia a mantenere le spaziature orizzontali e verticali pressoché perfette per non concedere un vantaggio geografico negli ultimi 30 metri.

Un fattore che Iniesta e soci e possono soffrire è l’intensità su cui Conte sta cercando di plasmare la sua fase offensiva codificata: verticale di Bonucci per Pellè, scarico per la mezza punta o un interno, apertura sulla fascia e attacco in ampiezza (altra situazione potenzialmente delicata per le furie rosse) su cui far leva per ricercare la superiorità numerica. In definitiva mi aspetto una partita in linea con le ultime 5 sfide dal 2008 ad oggi, non tanto perché li consideri influenti a fini statistici, ma perché le due formazioni per caratteristiche non si discostano molto da quelle proposte nei precedenti. Per cui grande equilibrio e punteggio basso. Il mio pronostico? 51% Spagna, 49% Italia.

(GL) L’Italia può passare il turno. Può vincere la sfida in difesa, dove nell’uno contro uno, Barzagli-Bonucci-Chiellini sono superiori a Nolito-Morata-Silva. La Spagna farà la partita, ma quando perderà palla (perché capiterà, anche se non tante volte), si esporrà alle ripartenze azzurre. E se i loro difensori, presi singolarmente, sono tutti di altissimo livello, sembrano fare fatica a muoversi coerentemente.

(MZ) L’assenza di Candreva pesa moltissimo, più di quanto si possa pensare. Perché Candreva è l’unico che va uno contro uno e avrebbe appunto limitato le scorribande di Alba. Senza Candreva l’Italia sarà contropiede puro, ma temo che lasciare il pallino alla Spagna – seppur nella sua versione con poco fosforo – sia una soluzione perdente. Morale: l’Italia si chiuderà bene, magari la Spagna creerà poco, ma temo che di riffa o di raffa, magari quando il cronometro sarà agli sgoccioli, un guizzo buono potrebbe incrinare la difesa azzurra.