La primavera di Theo Walcott

Una crescita troppo veloce, diceva di se stesso, che gli ha impedito una stabile affermazione: fino a quest'anno, riscopertosi valore aggiunto dell'Arsenal.

Si potrebbe scrivere di Theo Walcott senza raccontare nulla delle sue doti calcistiche, di presenze e gol, dei trofei vinti. La forza narrativa di Theo Walcott sta in tutto quello che ha rappresentato, in quello che rappresenta ancora oggi.

Il primo capitolo, quello più entusiasmante, parla di un wonderkid che batte molti record di precocità, che rientra nella shortlist dei predestinati. Lo capisci da molte cose, ad esempio l’esordio in Nazionale maggiore, il 30 maggio del 2006. Contro l’Ungheria, nella penultima amichevole prima del Mondiale tedesco. Walcott ha compiuto 17 anni da tre mesi, non ha ancora giocato un minuto in Premier League, né con l’Arsenal – il club in cui si è trasferito cinque mesi prima – né tantomeno con il Southampton. Entra al 65esimo al posto di Michael Owen, che ancora oggi è il più giovane marcatore inglese di sempre ad una Coppa del Mondo (Francia ’98). La sorte, che per l’occasione veste gli abiti e la faccia e gli occhiali rotondi da sempre del ct inglese Eriksson, non avrebbe potuto scegliere un cambio migliore, più suggestivo, per ufficializzare il passaggio di testimone tra due generazioni.

Non avrebbe potuto scegliere neanche avversario più azzeccato, per questo storico first cap: contro i magiari, hanno esordito in Nazionale Diego Armando Maradona e Lionel Messi. Sarà capitato anche a qualcun altro, ma questi due nomi bastano a rendere ancora più evocativa la cosa. La partita finisce 3-1 in favore degli inglesi, per l’Ungheria segna Pal Dardai. Walcott sarà convocato per i Mondiali, ma non scenderà in campo. Ha 17 anni, ci sarà tempo, dicono. Nel momento in cui scriviamo, Dardai fa l’allenatore dell’Hertha Berlino ed è uno dei tecnici più promettenti d’Europa, mentre Theo Walcott è ancora il più giovane calciatore di sempre ad aver indossato la maglia dell’Inghilterra. Ma non ha ancora disputato una sola partita di Coppa del Mondo.

Un video pubblicato su Youtube il 27 marzo del 2006, con le migliori giocate di un giovanissimo Theo Walcott

Il 4 maggio del 2013, il manager del Tottenham, André Villas-Boas, commenta il premio di miglior calciatore dell’anno secondo i giornalisti sportivi consegnato a Gareth Bale: «L’Academy del Southampton rientra nella stessa categoria d’eccellenza dello Sporting Lisbona, del Barcellona. È una grande scuola di sviluppo». La pagina internet della Bbc che riporta questa dichiarazione è molto interessante: in appoggio, di lato al pezzo principale, c’è un box che elenca i migliori talenti allevati nelle giovanili dei Saints. Oltre a Bale, ci sono Alex Oxlade-Chamberlain, Nathan Dyer, Adam Lallana, Theo Walcott. Facendo una rapida ricerca in rete, scopriamo che Theo Walcott è stato il primo calciatore, tra questi, a fare il grande salto nel calcio che conta. Una pagina Wikipedia che racconta nel dettaglio il sistema di formazione del Southampton conferma e amplia questa cronologia, anche perché cita molti più giocatori cresciuti nell’Hampshire: a meno di considerare Wayne Bridge come un wonderkid riconosciuto a livello internazionale, Walcott è il primo aspirante fuoriclasse ad essere stato allevato dai tecnici del St Mary’s Training Centre dai tempi di Alan Shearer e Matt Le Tissier. Il primo calciatore dei tempi moderni in grado di restituire un lustro reale e realmente internazionale a quella che oggi, nelle pagine del suo sito, si autodefinisce come «one of the leading academies in the Uk».

Nel Southampton, Theo Walcott ha disputato 23 partite e ha segnato cinque gol. È il più giovane calciatore di sempre ad aver giocato nella prima squadra dei Saints, a 16 anni e 143 giorni. In uno scouting report pubblicato dal Guardian nel novembre del 2005, Walcott viene definito «un talento prodigioso», ma ha già una dimensione tattica incerta: per l’autore del pezzo, David Pleat, «può essere utilizzato sulla fascia, ma ha un probabile futuro nella posizione centrale in cui lo sta utilizzando il Southampton: è il luogo più giusto per sfruttare la sua incredibile velocità».

SOUTHAMPTON, UNITED KINGDOM - OCTOBER 29: Theo Walcott of Southampton celebrates scoring a goal during the Coca-Cola Championship match between Southampton and Stoke City at St Mary's Stadium on October 29, 2005 in Southampton, England. (Photo by Julian Finney/Getty Images)
Un giovanissimo Theo Walcott of Southampton al St Mary’s Stadium, nel 2005 (Julian Finney/Getty Images)

Arsène Wenger lo porta a Londra poco dopo, nel gennaio del 2006, per 10 milioni di euro. Non è una data casuale perché sei mesi dopo verrà inaugurato l’Emirates Stadium; a giugno del 2005, invece, Wenger ha ceduto Patrick Vieira alla Juventus per 25 milioni. Quello del francese è il primo trasferimento in uscita dall’incasso superiore ai 7 milioni fin dall’estate del 2000. In qualche modo, Theo Walcott è uno spartiacque: ha aperto la nuova era del mercato dell’Arsenal, quella legata all’acquisto di calciatori giovani per sostituire i campioni in partenza. Un periodo lungo un quinquennio (i Gunners torneranno a investire più di 50 milioni sul mercato solo nella sessione estiva del 2011) che Wenger ha descritto così, in una «straordinaria conferenza stampa» (Telegraph) ad aprile scorso: «Abbiamo dovuto prendere impegni importanti con le banche, dal punto di vista tecnico e contrattuale da parte del sottoscritto. Quindi, siamo stati costretti a vendere ogni anno i nostri migliori calciatori per sopravvivere».

Walcott all’Arsenal è un’operazione di mercato che ha un tempismo particolare, indeciso: da una parte c’è il rammarico di essere approdato in un club che è in qualche modo costretto a un ridimensionamento tecnico, dall’altra c’è la possibilità di imporsi proprio per questo. Nei primi sei mesi, come detto, non riesce a fare il suo esordio, che arriverà solo nella stagione successiva. L’impatto è lento, ma progressivo: Walcott va per la prima volta in campo nello stesso giorno in cui l’Emirates Stadium ospita il suo primo match ufficiale (Arsenal-Aston Villa 1-1), ed è determinante nell’azione del gol del pareggio di Gilberto Silva; poi gioca nel preliminare di Champions contro la Dinamo Zagabria. Il primo assist “ufficiale” arriva nel primo turno di Champions League, in Arsenal-Amburgo 3-1: Walcott entra a un quarto d’ora dalla fine, serve il pallone del 2-1 ad Eboué e poi trova anche il cross per il terzo gol dei Gunners, realizzato da Júlio Baptista.

Il primo gol di Theo Walcott con la maglia dell’Arsenal

Il video appena sopra è un estratto della finale di Carling Cup del 2007. Theo Walcott gioca da titolare, apre le marcature con una giocata di grande intelligenza e squisita cifra tecnica: inserimento, stop a seguire e palla all’angolino, tutto col destro. Kevin McCarra, inviato del Guardian al Millennium Stadium (Wembley è in ricostruzione) scrive che «Theo Walcott ha il diritto di credere che questa partita possa essere la chiave per aprire la fase adulta della sua carriera». Non andrà proprio così: fino alla stagione 2009/2010, Walcott non riuscirà mai a superare le 16 presenze da titolare in campionato. Colpa di una lunga serie di infortuni, ma anche di una forte sovraesposizione mediatica, che lo stesso Walcott spiega così in un’intervista rilasciata nel marzo del 2010: «Ho solo vent’anni e sono sotto i riflettori già dal mio esordio, quattro anni fa. I giovani, solitamente, vivono il proprio percorso di formazione in tranquillità, ma la convocazione per la Coppa del Mondo nel 2006 ha fatto in modo che la pressione su di me fosse altissima fin da subito. Ora, spero di non avere più infortuni e di potermi concentrare sulla mia crescita». Non è un caso che la sua autobiografia, pubblicata già nel 2011, si intitoli “Theo: Growing Up Fast”.

Nel frattempo, però, Walcott si diverte ad alimentare la freschissima mitopoiesi della sua carriera e della sua figura extracalcistica. Durante il ritiro per il Mondiale del 2006, dichiara alla stampa inglese di essere un accesissimo tifoso del Liverpool, con tanto di dettagli sui festeggiamenti per la vittoria della Champions League a Istanbul, nella stagione precedente. Nell’aprile del 2010 scrive e pubblica due libri per bambini, dedicati alle avventure di un giovane calciatore di nome T.J. Sulle bookpage di Amazon è possibile leggere le recensioni del Guardian, del Sun, dell’Observer. Sono tutte positive. Tre mesi dopo, luglio 2010, la saga si amplierà con altri due libri.

E poi, è diventato pure il più giovane calciatore di sempre a realizzare una tripletta in Nazionale: è il 10 settembre del 2008, l’Inghilterra è reduce dalla mancata qualificazione agli Europei di Austria e Svizzera, maturata in un match interno contro la Croazia. A Zagabria va in scena la rivincita, e la squadra di Capello vince per 4-1. Le tre reti di Walcott sono le prime realizzate con la white shirt, e il suo record come Youngest player to score hat-trick è ancora oggi imbattuto.

Inghilterra-Croazia 1-4

L’altra grande chiave narrativa riguarda il ruolo in campo di Theo Walcott, la perenne incertezza tra un destino da centravanti e un miglior rendimento come esterno destro, winger per dirla all’inglese. Su questo gioco delle convenienze tattiche, più che sui gol e sui trofei, è basato l’ultimo periodo di carriera. In rete esiste una vera e propria letteratura su questa indecisione perenne: le ultime dichiarazioni del giocatore, rilasciate al Daily Mail giusto quest’estate («voglio tornare a giocare a destra») sconfessano un po’ il percorso della sua carriera, che l’ha visto spostarsi progressivamente verso il ruolo di centravanti, seppur con un’interpretazione atipica di movimenti e giocate. Questa, in pratica, è l’idea di Arsène Wenger, da sempre sostenitore di questa trasformazione tattica: nel 2015, il manager francese spiegava come Walcott possedesse le qualità per questo ruolo e fosse «ancora in tempo» per studiare da prima punta. La sua miglior stagione in quanto a media realizzativa (2012/2013, 14 gol in 32 giornate di Premier e un totale di 21 gol stagionali) fu effettivamente “divisa” tra i due ruoli, ma poi è rimasta senza seguito a causa dei soliti infortuni: nelle tre annate successive, Walcott ha messo insieme appena 55 presenze in campionato.

Il tentativo è stato definitivamente archiviato nella scorsa stagione: dopo un inizio promettente da centravanti – tanto da far scrivere al Guardian che quello era «il ruolo del futuro» -, Walcott si infortuna. Di nuovo. Al rientro viene schierato come esterno. A conti fatti, quello che sembrava l’ennesimo scherzetto della malasorte si è rivelata una fortuna: il ritorno nella sua posizione originaria e originale ha caratterizzato tutta la seconda parte dello scorso campionato, ma soprattutto lo splendido avvio di questa stagione. Walcott è il riferimento a destra del nuovo tridente di Wenger con Alexis Sánchez centravanti e Oxlade-Chamberlain a sinistra, ha segnato 5 gol nelle prime 9 partite di Premier e 3 reti in Champions League. È semplicemente un altro calciatore, più tonico, più propositivo. Decisivo, per dirlo con una sola parola.

<> at Wentworth on May 22, 2013 in Virginia Water, England.
Durante una pausa dalla Premier, a Virginia Water durante un torneo di golf (David Cannon/Getty Images)

Il cambiamento nasce da una serie di contingenze innescate da una delusione: Walcott viene escluso da Euro 2016, e per tutta risposta passa l’estate a lavorare con un personal trainer. Al rientro per la preparazione estiva, è in una forma fisica perfetta, assoluta. La sua, però, non è solo una maturazione fisica, ma anche tattica e mentale. L’ha spiegato lo stesso Wenger dopo l’eccezionale avvio di stagione, giusto qualche giorno fa: «La rinuncia forzata agli Europei è stata un duro colpo. Theo oggi ha 27 anni, un’età importante, ma ha sempre saputo fare una valutazione oggettiva sue performance, delle sue qualità. Ho detto molte volte che prima o poi avremmo visto un Walcott diverso, e questa mia profezia si sta avverando. Walcott è diventato fondamentale per noi perché ha imparato a giocare per la squadra, a mettersi al servizio dei compagni: se prima dedicava all’attacco il 90% della sua partita, ora la percentuale è scesa al 50%. Ha reagito alla grande alla mancata convocazione e pure al fatto che non sia ancora riuscito a mantenere tutte le promesse di un tempo. Io, però, ho sempre saputo che c’era qualcosa di speciale in lui».

Il titolo di questo video è: “Theo Walcott 2016/17 – A New Man”

L’Arsenal è primo in classifica a pari punti con Manchester City e Liverpool, ha vissuto un inizio di stagione brillante, dal punto di vista del gioco e dei risultati. Forzando un po’ la narrazione, si potrebbe legare l’ottimo rendimento della squadra di Wenger alla rinascita di Theo Walcott, quasi come un risarcimento dopo diversi anni passati a chiedersi cosa volessero fare da grandi, Theo e il suo club. Gli indizi di oggi sembrano andare verso un upgrade condiviso, anche se non tutti sono ancora pienamente convinti di questo lieto fine. Walcott, infatti, non ha brillato nel suo attesissimo ritorno in Nazionale, per i match di qualificazione ai Mondiali contro Slovacchia, Malta e Slovenia. Dominic Fifield, sul Guardian, è stato perentorio nel giudizio: «Il suo anonimato è stato irritante, anche perché si tratta di un giocatore in grado di offrire tantissimo. Forse Walcott è il tipo di giocatore la cui forma è influenzata quasi interamente da quella del collettivo, ma allo stesso tempo non è possibile dimenticare i ricordi dei fallimenti precedenti con la maglia dell’Inghilterra».

Un po’ la storia della pressione eccessiva, del Growing Up Fast che si adatta a nuove età, a nuove dimensioni, a nuove resaponsabilità. È un destino, per Theo Walcott. La cui forza narrativa sta in quello che ha rappresentato, in quello che rappresenta ancora oggi. Proprio da oggi, però, non è esagerato, né troppo ottimistico, ipotizzare che la forza narrativa di Theo Walcott potrebbe stare anche in quello che rappresenterà, in quello che di bello e di grande farà domani. Nella fase adulta della sua carriera, che sembra finalmente essere arrivata. È la prima volta che possiamo scriverlo ed esserne pure abbastanza sicuri, dopo tanto tempo.

 

Nell’immagine in evidenza, Theo Walcott applaude i tifosi durante una partita dell’Arsenal dello scorso gennaio (Glyn Kirk/AFP/Getty Images)