Pelle basca

Intervista ad Aritz Aduriz, a 35 anni l'attaccante spagnolo più prolifico: il senso per il gol e l'Athletic, che oggi affronta il Sassuolo.

Il mondo del calcio, il cui asse ruota in un moto di perenne evoluzione e rivoluzione, permette a chi lo abita di attraversare vari ambienti e microclimi. Come nel caso di Aritz Aduriz, che a 35 anni spicca come l’attaccante spagnolo più prolifico: la dimostrazione che nel calcio i premi, se meritati, arrivano anche tardi.

Tornato a trentun anni al suo amato Athletic Bilbao dopo aver peregrinato per Burgos, Valladolid, Maiorca e Valencia, il centravanti basco ha finalmente lasciato il segno: nelle ultime cinque stagioni, compresa quella in corso, ha segnato 108 volte in 196 presenze. L’anno scorso ha chiuso a quota 36 gol stagionali, mentre quest’anno i gol sono già dieci. Stasera, al San Mamés, affronterà il Sassuolo, in un incontro cruciale per la qualificazione ai sedicesimi dell’Europa League.

ⓤ Quello di oggi è  praticamente un incontro da dentro o fuori.

Assolutamente. Mancano due partite, abbiamo lasciato per strada troppi punti e dunque stasera è un match vitale nell’economia della qualificazione. Ci sono due squadre a 6 punti e altre due a 5, distrarsi può essere fatale.

ⓤ Sarà San Mamés l’arma in più dell’Athletic?

È uno stadio che ci dà sempre tantissimo e sono sicuro che anche stasera sarà così.

ⓤ Tu hai avuto la fortuna di giocare sia nel San Mamés vecchio sia in quello nuovo. Che differenze noti tra i due?

L’impatto una volta entrato in campo è simile. Il pubblico è lo stesso, così come lo è il suo fervore e la sua passione. Posso dirti che se l’impianto antico era impregnato di mito e storia, è anche vero che bisogna guardare al futuro. Toccherà a noi e a chi ci seguirà scrivere la storia del San Mamés Barria (“nuovo” in basco, ndr) e far sì che i tifosi che verranno possano vivere lo stesso mito che è stato vissuto fino ad ora.

BILBAO, SPAIN - APRIL 07: Aritz Aduriz of Athletic Club Bilbao (R) celebrates with team mates as he scores their first goal during the UEFA Europa League quarter final first leg match between Athletic Bilbao and Sevilla at San Mames Stadium on April 7, 2016 in Bilbao, Spain. (Photo by David Ramos/Getty Images)
I giocatori dell’Athletic festeggiano al San Mamés un gol di Aduriz contro il Siviglia, lo scorso aprile (David Ramos/Getty Images)

ⓤ Il Sassuolo, in qualità di squadra italiana, porta con sé lo stereotipo di difesa difficilmente penetrabile. Credi sia veramente così?

Non ne sono poi così convinto. È vero che in Italia culturalmente si dà più attenzione alla difesa, ma ormai questo è un luogo comune che lascia il tempo che trova, come dimostra anche l’andata nella quale abbiamo perso 3 a 0. Oggi non sarà una rivincita, ma vogliamo vincere per andare avanti in Europa League e per farlo dobbiamo segnare per primi.

ⓤ A un’italiana hai segnato una doppietta, e nel preliminare di Champions League…

Sì. Quella notte di fine agosto al nuovo San Mamés fu strepitosa. Sapevamo che per battere uno squadrone come il Napoli serviva una partita intensa e così è stato. Noi, con la nostra filosofia peculiare riguardo i componenti della squadra, avevamo lottato tutto l’anno precedente per partecipare alla Champions League, e realizzare una doppietta decisiva in quell’incontro fu una gioia immensa. Eppure non dimenticherò facilmente neanche l’andata al San Paolo…

ⓤ Come mai?

Il boato ruggente dello stadio alla fine dell’inno della Champions fu impressionante. L’ambiente del San Paolo e quel grido di 60mila persone ci sorpresero moltissimo, ma in parte servirono anche come motivazione a far bene. In realtà rimasi incantato dall’attaccamento del pubblico napoletano alla sua squadra, è una manifestazione di amore che dà forza alla squadra ed è il mio miglior ricordo di quella notte.

I 36 gol segnati nella scorsa stagione

ⓤ Tu sei di San Sebastián ma la tua fede per l’Athletic è consolidata. È stato così dalla tua infanzia?

In realtà no. I miei genitori non amavano particolarmente il calcio e quando frequentavo l’ikastola (“scuola” in basco, ndr) ho praticato anche altri sport tra cui il canottaggio. Alla fine ha prevalso il calcio, ma da piccolo non tifavo né per la Real Sociedad né per l’Athletic, volevo solo divertirmi giocando a pallone con i miei amici. Poi, una volta arrivato a Lezama (quartier generale dell’Athletic e sede dell’accademia giovanile, ndr), ho iniziato a sentire la passione crescere dentro di me e a identificarmi moltissimo con il club.

ⓤ A San Sebastián, storicamente, si è sempre parlato più in basco rispetto a Bilbao. Nello spogliatoio dell’Athletic parlate tra di voi in euskera (basco)?

Sì, anche se non con tutti, perché è una lingua molto difficile e che non ha alcun vincolo con altri idiomi. Capisco dunque che per alcuni sia complicato impararlo, quindi quando non tutti parlano euskera comunichiamo in spagnolo, soprattutto quando ci riuniamo al di fuori del club, come amici. In realtà l’Athletic è una kuadrilla, che nel paese basco è il nome che diamo al gruppo di amici storici, quindi il nostro legame va al di là del calcio, siamo coesi nella quotidianità dentro e fuori dal campo. Perché nel calcio si vince in undici, neanche Messi può vincere una partita da solo, quindi la solidarietà e la cooperazione del gruppo è essenziale e noi la sviluppiamo anche nel tempo libero, se non addirittura in vacanza.

ⓤ Dove nasce l’Aduriz calciatore?

Paradossalmente in riva al mare, dove andavo anche a fare canottaggio! (ride, ndr). Con i miei amici ci riunivamo alla spiaggia della Kontxta, in pieno centro di San Sebastián, il sabato e la domenica mattina, quando la marea era bassa, perché di pomeriggio con la marea alta al massimo potevi farti il bagno.

Spain's forward Aritz Aduriz (L) vies with Italy's goalkeeper Gianluigi Buffon during Euro 2016 round of 16 football match between Italy and Spain at the Stade de France stadium in Saint-Denis, near Paris, on June 27, 2016. / AFP / PHILIPPE LOPEZ (Photo credit should read PHILIPPE LOPEZ/AFP/Getty Images)
Duello con Buffon, agli scorsi Europei (Philippe Lopez/AFP/Getty Images)

ⓤ Immagino che bastavano due sandali per fare le porte e un pallone…

No, anzi. Andavamo lì presto con delle porte in ferro da montare in loco e anche con uno di quei carrelli per segnare le linee del campo. Era tutto ben organizzato ed è lì che ho imparato a giocare veramente. In realtà credo che in quelle mattinate in spiaggia sia rinchiusa l’essenza del vero calcio, quello dove non ti filmano con varie telecamere ma dove emerge la passione e il divertimento. La rivalità non era con nessuno in particolare, ma con il pallone stesso e i suoi strani rimbalzi. Di quelle giornate ho solo ottimi ricordi. Poi, certo, se riesci ad emergere a livelli importanti, tanto di cappello.

ⓤ Un proverbio spagnolo recita «A la tercera va la vencida». Ed è stato proprio alla tua terza esperienza all’Athletic che sei esploso come bomber, a 31 anni.

Ho sempre lottato per tornare all’Athletic e trionfare. Al mio arrivo nell’estate del 2012 Marcelo Bielsa, allora tecnico, ammise di non avermi voluto e che il mio ingaggio era una decisione della dirigenza. Poi, poco a poco, riuscii a entrare in sintonia con lui e i suoi metodi, riuscendo a imparare tantissimo, perché è capace di farti rendere al meglio. Mi ritengo fortunato ad aver condiviso un anno con un genio come Bielsa, che ha dato un’inflessione positiva alla mia evoluzione da centravanti.

ⓤ I tuoi registri da goleador e il tuo rendimento sono migliorati con l’età. Come un buon vino…

(Ride, ndr). Credo che, al di là dell’impegno e della dedizione che metto nel mio lavoro, si siano create delle circostanze favorevoli per la mia esplosione. Ho imparato innanzitutto a dosare le mie energie, perché senza l’aiuto del corpo non puoi rendere al meglio. Poi ovviamente l’esperienza aiuta a migliorare e ad essere più concreto sotto porta e in generale.

I cinque gol contro il Genk, nella scorsa partita di Europa League

ⓤ Osvaldo Soriano, scrittore argentino appassionato di calcio, pubblicò un libro chiamato Pensar con los pies. Credi che il calcio sia più una questione di testa o più di istinto?

Dipende dai momenti. Credo di essere più istintivo anche se è vero che bisogna coniugare al meglio i due aspetti. Forse con l’età ho imparato a pensare di più e ad essere meno dirompente e impulsivo.

ⓤ Il gol del 2 a 1 alla Real Sociedad, quando hai beffato Rulli con un tocco sotto, potrebbe essere un esempio di riflessione volta a ottenere il miglior risultato?

Ecco, l’esempio che citi credo sia il migliore per spiegare l’evoluzione che ho avuto negli ultimi anni. In effetti ricordo che, dopo la partita, ne ho parlato con i miei amici e familiari dicendo loro che, se avessi avuto quell’occasione cinque o dieci anni prima, con il pallone morto al limite dell’area, avrei probabilmente calciato di potenza senza pensare. E invece in quel caso ho preso il tempo necessario per fare un gesto che nessuno si aspettava, che poi si è rivelato azzeccato. Vedi, il calcio è un’alternanza continua di prove ed errori dai quali si impara e, possibilmente, spesso è meglio non affrettarsi.

Contro la Real Sociedad, lo scorso 16 ottobre

ⓤ Eppure quel tiro al volo straordinario da oltre trenta metri contro l’Olympique Marsiglia l’anno scorso è stato istinto, così come la mezza rovesciata con l’Eibar. Quale tra questi due è il gol che ricordi con più gioia?

Nessuno dei due! Il gol che ha maggiore importanza per me è stato quello del pareggio contro il Barça al Camp Nou nella partita di ritorno della Supercoppa di Spagna 2015. È vero, avevo calciato malissimo e solo la respinta sbagliata di ter Stegen mi aveva favorito, ma quel gol orribile è stato una liberazione, la sublimazione del momento più felice della mia carriera: la vittoria di un trofeo con l’Athletic, al Camp Nou, e contro il Barça che aveva appena conquistato il triplete. I gol possono essere belli, ma io preferisco siano importanti.

ⓤ A chi si è ispirato Aritz Aduriz per arrivare così in alto?

A nessuno. Non ho mai avuto idoli calcistici in gioventù. E se ho imparato da qualcuno, è stato dai miei amici, con i quali giocavo sulla spiaggia quando la marea era bassa.

Nell’immagine in evidenza, Aritz Aduriz esulta contro il Genk lo scorso 3 novembre (Ander Gillenea/AFP/Getty Images)