Isco è perfetto per il Barcellona?

Sembrerebbe di sì, e sarebbe la soluzione migliore per il giocatore, che a Madrid trova poco spazio, e per il Barça, alle prese con una mediana inefficace.

Nella storia del calcio spagnolo, soltanto in due occasioni si è assistito al passaggio di un giocatore dal Real Madrid al Barcellona: nel 1965 con Lucien Muller e nel 1996 con Luis Enrique. Da allora, complici gli strascichi del percorso inverso compiuto da Luis Figo nell’estate del 1999, le due grandi si sono ben guardate dallo scambiarsi giocatori. Almeno fino ad oggi. Quando, cioè, i quotidiani spagnoli, da Mundo Deportivo ad AShanno diffuso la voce di un interesse blaugrana per Francisco Román Alarcón Suárez, meglio noto come Isco, talento mai esploso fino in fondo a Madrid e con il contratto in scadenza nel 2018. I fatti delle ultime settimane vanno in una sola direzione: le strade di Isco e del Real sono destinate a separarsi a fine stagione, non foss’altro per evitare il rischio di perderlo a parametro zero tra un anno.

Tutto è iniziato non più tardi di una settimana fa quando il giocatore, scontento per lo scarso impiego (18 presenze tra campionato e Champions League, per un totale di 1388 minuti giocati considerando anche la Copa del Rey) ha dichiarato al quotidiano Marca: «Sono felice al Real e rimarrei qui per tanti anni. Ma la carriera di un giocatore è breve e io ho bisogno di giocare». La risposta della società non si è fatta attendere: Zidane ha prima minimizzato («Che Isco voglia giocare lo so e mi fa molto piacere, lui ha sempre un buon atteggiamento, è sempre molto coinvolto nella squadra”), poi lo ha addirittura escluso dai convocati per la gara (persa) contro il Valencia. Qualcosa di incredibile, soprattutto considerando che, al di là del minutaggio effettivo, si sta sempre parlando di un giocatore che continua a rivestire un ruolo importante nel nuovo corso tattico dell’allenatore francese come dimostrano i numeri: solo nella Liga, Isco ha messo insieme cinque gol, altrettanti assist e 18 passaggi chiave, con una pass accuracy del 90% (bilanciando perfettamente orizzontalità e verticalità di ogni singola giocata) e con una precisione al tiro di poco sotto al 70%.

Un saggio delle qualità dello spagnolo

In particolare, l’ex Malaga ha dato il meglio di sé nelle partite in cui ha potuto agire da mezzala atipica con licenza di muoversi a piacimento tra le linee avversarie, offrendo un’ alternativa in più a Modric per lo sviluppo del gioco per vie centrali. Nel derby contro l’Atlético Madrid è stato nettamente il migliore in campo dopo Cristiano Ronaldo (autore di una tripletta): 91% di precisione nel tocco, il key pass che ha originato il terzo gol di CR7, un’ulteriore occasione creata, il 75% degli uno contro uno vinti e un intercetto.

La heatmap di Isco contro l’Atletico Madrid. Muovendosi tra le linee senza dare alcun punto di riferimento, il fantasista madrileno è stato praticamente imprendibile per i centrocampisti di Simeone, incapaci di limitarne le giocate in transizione e/o quelle che originavano dal taglio alle spalle del diretto marcatore a seconda della zona di campo occupata
La heatmap di Isco contro l’Atlético Madrid. Muovendosi tra le linee senza dare alcun punto di riferimento, il fantasista madrileno è stato praticamente imprendibile per i centrocampisti di Simeone, incapaci di limitarne le giocate in transizione e/o quelle che originavano dal taglio alle spalle del diretto marcatore a seconda della zona di campo occupata

Nel primo Clásico stagionale, poi, l’importanza di Isco nella nuova impiantistica di gioco del Real (quella, cioè, sviluppata in funzione della contemporanea assenza di Kroos e Casemiro) è apparsa ancor più evidente: in una squadra che, almeno nelle intenzioni, è andata al Camp Nou con l’idea di avere ampi sprazzi di superiorità in fase di possesso palla, la posizione ibrida del nostro (che tagliava continuamente da destra verso sinistra, facendo a fette la mediana del Barcellona) ha costituito la chiave di volta della prima ora di gara. Appena due errori su 30 palloni toccati nel solo primo tempo (chiuderà con il 95% di pass accuracy in 65 minuti di impiego), due occasioni create, un intercetto e la sensazione che, insieme a Modric, riuscisse a gestire a piacimento flussi e tempi di gioco suoi e degli altri.

Nel grafico relativo alla partita contro il Barcellona si evidenzia come la fitta trama di passaggi ordita da  Isco e Modric abbia consentito al Madrid di giocarsela alla pari con i blaugrana dal punto di vista del predominio territoriale e del possesso palla
Nel grafico relativo alla partita contro il Barcellona si evidenzia come la fitta trama di passaggi ordita da  Isco e Modric abbia consentito al Madrid di giocarsela alla pari con i blaugrana dal punto di vista del predominio territoriale e del possesso palla

 Una volta recuperati a pieno regime sia Kroos che Casemiro, però, Zidane ha preferito tornare alle origini, con la soluzione del doble pivote (il tedesco più Modric) affiancato da un incursore che, in fase di non possesso, si preoccupasse anche di occupare le altrui linee di passaggio, favorendo un recupero alto del pallone per poi avviare la fase di contro-transizione: vale a dire il sistema che, lo scorso maggio, gli ha permesso di alzare l’Undécima nel cielo di Milano. Naturale, quindi, che per Isco lo spazio sia progressivamente diminuito fino alla completa esclusione nelle gare fondamentali di questo scorcio di stagione, compresa l’andata degli ottavi di Champions contro il Napoli. Non certo l’ideale ad un anno e mezzo dal Mondiale in Russia da disputarsi con una Nazionale, quella spagnola, che presenta grande concorrenza nel ruolo.

Ma in che modo il giocatore sarebbe inquadrabile nel centrocampo catalano? E, soprattutto, è davvero lui il giocatore che permetterebbe al Barcellona di uscire dal pantano dell’ultima crisi di gioco (e di risultati)? Da un punto di vista puramente tecnico-tattico, soprattutto se si considerano le ultime versioni della squadra di Luis Enrique, non sembrano esserci controindicazioni di sorta. Anzi, i “pro” superano nettamente i “contro”: da trequartista dal talento cristallino in quel di Malaga, Isco si è trasformato in un centrocampista duttile e completo, in grado di ricoprire le tre posizioni del triangolo di centrocampo assicurando il giusto connubio tra quantità e qualità. Anche perché, ciascuno dei suoi tre allenatori (due e mezzo, considerando la brevità della parentesi Benítez) ha aggiunto qualcosa al suo backgroung calcistico, rendendolo potenzialmente intercambiabile con ciascuno dei tre centrocampisti titolari: del Real e, in linea puramente teorica, anche del Barcellona.

FBL-ESP-LIGA-REALMADRID-GRANADA

Le difficoltà iniziali dell’Isco madrileno dipesero in gran parte dalla sua difficoltà di adattamento ad un contesto totalmente nuovo: da titolare indiscusso a Malaga a riserva di lusso che deve giocarsi settimanalmente il posto, il passo è stato fin troppo breve e per nulla semplice. Tanto che, con un Carlo Ancelotti costretto a reinventare Di María nel ruolo di mezzala pur di poter schierare un 4-3-3 con un minimo di criterio logico, l’apporto di Isco nella stagione del doblete di coppe (Champions e Copa del Rey) è molto marginale: utilizzato spesso come primo cambio dei tre davanti, presenta gravi lacune in fase di non possesso (appena un’azione difensiva di media a partita, per un totale di 19 intercetti in 32 presenze in campionato) e si trova sovente avulso da un sistema di gioco non ancora compreso fino in fondo.

Una prima svolta avviene già nella stagione successiva: complice l’arrivo di James e l’infortunio di Modric, Ancelotti prova Isco nella posizione del croato, doble pivote classico ad alternarsi con Toni Kroos in fase di prima costruzione dell’azione. I dettami del tecnico italiano al suo giovane fuoriclasse sono semplici: meno palla tra piedi, maggiore immediatezza nella giocata pur se in funzione di un possesso ragionato e volto a stanare gli avversari per poi colpirli con gli inserimenti dal lato debole. Il rendimento e la continuità delle prestazioni salgono esponenzialmente come testimoniano l’aumento dei chilometri percorsi in fase passiva, l’88% di pass accuracy con l’ovvia predilezione per la verticalità (quasi il 62% dei tocchi), la capacità di creare occasioni per sé e per gli altri leggendo in anticipo lo sviluppo del gioco (9 assist e 44 key passes solo nella Liga). Certo la presenza in zona gol ne risente (appena sei reti tra in 53 gare stagionali, tirando poco più di 1.3 volte a partita nonostante la tendenza a saper sfruttare più di Modric gli spazi centrali aperti dai movimenti di CR7) ma, per la prima volta nella sua carriera, Isco si dimostra un giocatore duttile: da mezzala o regista sui generis, il giocatore monodimensionale degli esordi appare già un lontano ricordo.

La grande annata di Isco nel 2014/15

In ottica Barça non sarebbe peregrina, quindi, l’ipotesi di un Isco utilizzato da pivote classico in luogo di Busquets (comunque tra i migliori al mondo nel giocare la palla ad uno, massimo due tocchi), magari per favorire quell’ulteriore cambio di passo nella zona centrale del campo che sembra fare difetto ai blaugrana in questo preciso momento. Di base, comunque, in un’ ideale versione 2017/18 del Barcellona, il ruolo ideale di Isco resta quello di controfigura di un Iniesta fatalmente alle prese con gli affanni del tempo che passa.

Si tratta di un passaggio di consegne già avviato in Nazionale dai tempi di Del Bosque (che vedeva i due alternativi e non complementari) e oggi facilitato dall’apprendistato tecnico svolto sotto Benítez prima (che gli ha richiesto di tornare a creare da fermo come ai tempi di Malaga, ma cercando più spesso la verticalizzazione negli ultimi trenta metri, riportandolo molto più vicino alla porta e spingendolo a cercare di più la conclusione in prima persona: ovvero l’esatto opposto di quel che gli chiedeva Ancelotti) e Zidane poi: come Iniesta, Isco è un giocatore abilissimo nel trovare (e trovarsi) la posizione in campo in funzione del singolo momento di una partita, in particolare galleggiando tra le linee di centrocampo e attacco (poco importa se fronte o spalle alla porta) evitando di fornire punti di riferimento agli avversari che, quindi, non sanno mai in quale zona di campo andarlo a braccare. In questo modo riesce a rendersi efficace tanto come iniziatore quanto come prosecutore dell’azione d’attacco, in un movimento continuo e costante alla ricerca della miglior soluzione possibile per far saltare il piano difensivo altrui. L’ideale, quindi, per una squadra che, a fronte del primato del possesso palla (59% di media in Liga) ha creato molto meno rispetto al Real Madrid (281 occasioni totali contro 321) e che sta avendo più difficoltà del previsto nel far arrivare palloni giocabili ad una MSN notevolmente depotenziata rispetto al recente passato.

La mappa dei passaggi completati dal trio Iniesta-Busquets-André Gomes nella gara di Champions contro il Paris Saint Germain: a fronte del 92% di precisione nei tocchi sono state zero le occasioni originate da una ragnatela di passaggi tanto fitta quanto sterile. Il Barcellona, di fatto, non è mai riuscito a rendersi pericoloso, con la difesa parigina che non ha avuto particolari difficoltà nell’arginare le iniziative isolate di Messi, Neymar e Suarez
La mappa dei passaggi completati dal trio Iniesta-Busquets-André Gomes nella gara di Champions contro il Paris Saint Germain: a fronte del 92% di precisione nei tocchi, sono state zero le occasioni originate da una ragnatela di passaggi tanto fitta quanto sterile. Il Barcellona, di fatto, non è mai riuscito a rendersi pericoloso, con la difesa parigina che non ha avuto particolari difficoltà nell’arginare le iniziative isolate di Messi, Neymar e Suarez

 Isco, quindi, sarebbe potenzialmente già inseribile (con notevoli benefici, soprattutto in termini di sviluppo più rapido e verticale dell’azione) nel sistema di gioco catalano a patto, però, di limare ulteriormente alcuni difetti atavici del suo gioco: la difficoltà a ricondurre del tutto il suo talento in un sistema di gioco organico e che porti il collettivo a mettersi al servizio di determinate individualità (non necessariamente la sua, come accade a Madrid), nonché la tendenza a perdere un tempo di gioco per tenere la palla tra i piedi qualche secondo più del necessario e che finirebbe per fargli pestare i piedi con compagni di reparto dalle caratteristiche simili alle sue.

Di base, però, Isco è un giocatore che sembra essere stato pensato proprio per l’interpretazione antropologica del calcio alla catalana: brevilineo, rapido di piede e di pensiero, ambidestro, tecnicamente alla stessa pagina del manuale di chi si trova già lì, in grado di comprendere (e prevedere in una logica di read and react pura e semplice) le singole situazioni generate dal gioco posizionale, perfettamente adattabile ad una fase di non possesso in cui il recupero del pallone viene forzato a seguito dell’applicazione di un rigido schema di marcature e letture preventive e non ricercato attraverso una maggiore fisicità, assolutamente intercambiabile con i compagni di reparto per favorire l’imprevedibilità e la liquidità del modulo di partenza, evitando di fornire riferimenti certi agli avversari che si mettono sulle sue tracce.