Il destino di Icardi

Ha capacità e numeri per diventare uno dei migliori al mondo nel suo ruolo, ma è perseguitato da un senso di incompiutezza legato a doppio filo con l'Inter.

Mauro Icardi e l’Inter stanno insieme perché in realtà sono simili: Icardi non riesce a smettere di essere Icardi nella sua dimensione doppia, bravissimo in campo ma anche personaggio-per-forza oltre il rettangolo di gioco; l’Inter non riesce a smettere di essere l’Inter, con i suoi isterismi e le sue altalene emotive. Due narrazioni complesse, contraddittorie in modo diverso, che finiscono irrimediabilmente per sovrapporsi anche senza somigliarsi davvero. Probabilmente, le parole migliori per raccontare il senso di questa relazione, fatta di similitudini come di diffidenze e differenze, sono quelle di Nicola Mirenzi su Undici, scritte a ottobre, al tempo della faida tra il centravanti argentino e la tifoseria organizzata nerazzurra: «Icardi ha doti, numeri, volontà, tenacia e personalità. Eppure non basta, per incarnare l’interismo. Dell’interismo, Mauro Icardi non ha il pulsante dell’intermittenza: in lui tutto è studiato, dal taglio di capelli all’esultanza, dalla posa in allenamento all’immagine per la pubblicità. L’aggravante è che Icardi costruisce la sua immagine pubblica su Twitter, Facebook e Instagram. E se scorrete le sue pubblicazioni, vi passerà sotto gli occhi una costante celebrazione di sé. Tutto ciò fa sì che su Mauro Icardi la maglia dell’Inter appaia come un puro capo d’abbigliamento: è marketing, non credenza».

Il problema di Mauro Icardi è il suo racconto. Che deve passare obbligatoriamente per l’accostamento tra la sfera della vita personale, quella privata che diventa pubblica, e il rendimento come centravanti. Anche interlocutori molto autorevoli hanno dovuto piegarsi a questa tendenza al gossip, a questa doppia chiave di lettura e riscrittura del personaggio. Durante un’intervista del 2015 alla Cnn, ad esempio, praticamente si non parla di calcio giocato: la telecamera va in dettaglio sui tatuaggi di Icardi, che sorride al giornalista Don Riddell, indossa una t-shirt nera con dettagli lucidi, ha un’aria sempre rilassata. Anche perché la conversazione finisce sull’argomento Wanda Nara-Maxi Lopez e sembra una cosa inevitabile, quasi attesa per la verità. Il titolo e il sottotitolo della pagina web che ospita il video sono costruiti in questo modo: «Mauro Icardi parla della sua sua famiglia e delle sue faide: la giovane star dell’Inter racconta la carriera italiana e spiega come la sua vita privata finisca per dominare i tabloid».

L’ultimo tweet “personale” di Mauro Icardi, in crossover con un account Instagram da 1,7 milioni di follower

L’Inter si inserisce in questa rappresentazione con le sue dinamiche tipiche. Sembrava aver trovato, con Pioli, il sistema di gioco migliore per sfruttare le caratteristiche del suo organico. Pareva essersi messa alle spalle gli esperimenti del progetto de Boer e le incoerenze delle gestioni di Mazzarri e Mancini attraverso un lavoro tattico incentrato sulla forza degli esterni e sulle molteplici soluzioni a centrocampo. Salvo poi ricadere nel vortice di una crisi di gioco, di risultati, di approccio. Il rapporto con il rendimento di Icardi è quello della proporzionalità diretta: l’Inter funziona quando funziona Icardi, e viceversa. Nelle ultime tre partite, un pareggio e due sconfitte per l’Inter e zero gol per l’attaccante argentino. Solo con de Boer in panchina un digiuno più lungo, quattro match dalla sesta alla nona giornata: un solo punto conquistato.

Questa narrazione incrociata finisce per condizionare un giudizio di Mauro Icardi che possa essere una riflessione obiettiva sulla sua carriera, una determinazione della dimensione reale e attuale del giocatore. È difficile collocare Icardi in un’ideale mappa internazionale del talento calcistico, nonostante l’arrogante eloquenza dei numeri: a 24 anni è un centravanti da 88 gol in 188 partite ufficiali tra Sampdoria, Inter e rappresentative argentine. Ha vinto il titolo di capocannoniere del campionato italiano 2014/2015, ovvero nella stagione a cavallo tra i suoi 21 e i 22 anni – solo Paolo Rossi e Giuseppe Meazza, nella storia della Serie A a girone unico, hanno colto lo stesso risultato a un’età pari o inferiore. Nella stagione in corso è decisivo nella fase di conclusione della manovra: i 20 gol realizzati e gli 8 assist decisivi lo pongono al comando della classifica combinata accanto a Belotti e Džeko, solo che il centravanti della Roma e quello del Torino arrivano alla stessa quota con 24 reti e 4 assist, quindi il loro contributo nella fase di rifinitura è più episodico rispetto a quello dell’attaccante nerazzurro.

Icardi, attraverso la forza di queste cifre, riesce a ritagliarsi un proprio spazio all’interno del discorso sulla punta moderna che partecipa alla manovra, non sacrifica la regia offensiva sull’altare del gol a tutti i costi. Eppure, la sua carriera è distante da una certezza assoluta, da una compiutezza definitiva. Dal riconoscimento di uno status di vera grandezza, magari internazionale. Domani scenderà in campo per il suo ottavo derby di Milano, il quarto da quando è stato nominato capitano dell’Inter. Non ha mai segnato al Milan. Probabilmente anche questo ha un significato nel racconto ancora incompleto di Mauro Icardi, A questo punto, però, diventa fondamentale una definizione del rapporto: le contraddizioni dell’Inter stanno limitando l’affermazione di Icardi o la dimensione di Icardi, a sua volta contraddittoria, non riuscirebbe comunque a superare certi limiti?

Mauro Icardi all’Inter, primo episodio: stagione 2013/2014

Uno degli scouting report più recenti su Icardi è firmato da Adam Digby su bleacherreport. Il testo non sfugge alla costruzione classica e necessaria della narrativa su Maurito, alterna la storia della sua vita privata mischiata ai termini normali di un pezzo di genere, con letture tattiche e l’elenco dei club potenzialmente interessati al suo acquisto. La parte finale è quella più significativa, perché inquadra al meglio la percezione di Icardi al di fuori dei confini italiani: «Dato il suo grande miglioramento nella costruzione del gioco offensivo, molte squadre potrebbero pensare di potenziarsi comprando un cacciatore di gol del livello di Icardi. Il suo stile è definito sempre dall’abilità in zona gol, raramente necessita di un secondo in più per cercare la conclusione, e questo lo rende adatto per squadre come Chlesea e Liverpool, ad esempio, più che per sistemi organici come quello di Guardiola al Man City. Ma la domanda è sempre la stessa: si può ignorare la prosa extracampo?». Digby, per intendere prosa, utilizza il termine inglese drama. Che rende il tutto molto più suggestivo.

Il discorso tecnico del pezzo si articola in due sottotracce: la presenza di una cifra importante di talento e la sensazione che il trasferimento in un altro contesto, inteso come un club che abbia ambizioni maggiori rispetto all’Inter, potrebbe favorire la consacrazione di Icardi. O quantomeno aiuterebbe a risolvere i dubbi sulle sue effettive qualità. È il senso di questa nostra analisi, ed è difficile non essere d’accordo con la prima ipotesi. I numeri che abbiamo già snocciolato, insieme al rapporto strettissimo tra il rendimento di Icardi e quello della sua squadra, dimostrano che ci troviamo di fronte a un calciatore determinante. Il centravanti argentino, fin dagli esordi con la Sampdoria, «ha saputo rappresentare al meglio il mix tra velocità, fisicità e propensione al lavoro di squadra che caratterizza il profilo del centravanti moderno» (sempre Adam Digby, su FourFourTwo). Il percorso di crescita vissuto negli anni ha portato Icardi a costruire un campionario completo di soluzioni realizzative (con l’Inter ha realizzato 46 gol di destro di cui 8 rigori, 17 di sinistro, 10 di testa e uno di petto) e a sviluppare una buonissima aderenza ai compiti tattici richiesti a una prima punta del gioco contemporaneo. All’aumento progressivo delle conclusioni per match (1,8 nella prima stagione all’Inter, 3,4 oggi), Mauro ha fatto seguire una crescita nel numero di assist totali (4 l’anno scorso, già 8 quest’anno) e di passaggi chiave (0,9 per match nell’annata da capocannoniere, 1,3 in quella in corso).

Lettura dello spazio, controllo a seguire e tocco ad evitare l’uscita del portiere. Sulla palla che si allarga, doppio controllo di destro e poi cross d’esterno, perfetto, sempre di destro, per l’inserimento a rimorchio del compagno. Il centravanti, riveduto e corretto.

Come scritto anche da Digby, la forza e lo stile di Icardi sono parametri definiti soprattutto da quello che succede in area di rigore, nel momento della conclusione. Guardare una videocompilation dei gol di Icardi vuol dire riconoscere un set di movimenti, in verticale e in orizzontale, che descrivono una vera e propria predisposizione mentale alla ricerca del gol. Il centravanti di Rosario è bravissimo a suggerire il gioco dei compagni, ad attaccare lo spazio per conquistarlo e garantirsi il primo impatto col pallone, a cercare di tirare il più velocemente possibile. Nel montaggio sotto, che raccoglie le realizzazioni della stagione 2014/2015, le sequenze più significative sono quelle dei gol alla Juventus (in trasferta) e alla Roma. Non per il blasone dell’avversario, ma per la situazione di gioco in cui prendono forma, in cui Icardi si ritrova a danzare. Il tocco in diagonale che beffa Buffon arriva dopo una lettura della profondità e di un servizio di Guarín, avviene nonostante una corsa spalla a spalla con Bonucci, chiude un movimento ad allargarsi con un angolo di tiro strettissimo, tanto che il pallone entra in porta toccando la porzione di rete immediatamente accanto al palo. Tutto questo avviene di prima, nel senso che Icardi non controlla il pallone se non con la mente e con la posizione del corpo, e dalle riprese tv si percepisce che non guarda mai il portiere avversario.

Il gol con la Roma è simile, è un’illustrazione video della velocità di esecuzione: il filtrante in area è di Podolski, Icardi controlla a seguire col destro, allarga la traiettoria della palla in modo da evitare l’intervento di Manolas e poi tira. Neanche tanto bene, in verità, perché De Sanctis potrebbe fare molto meglio e invece devia maldestramente il pallone. È gol, il difensore greco della Roma si mette le mani nei capelli: Icardi l’ha letteralmente bruciato nel duello all’interno dello spazio, nella sfida della velocità, delle gambe e del pensiero, l’ha sorpreso con un movimento che invece doveva aspettarsi perché fa parte della memoria fisica del centravanti nerazzurro. In una delle prime interviste rilasciate dopo il passaggio all’Inter, Icardi si autodefinisce in spagnolo come «un 9 de área, rápido en velocidad». Evidentemente, ha sempre avuto una buona consapevolezza di sé stesso e delle proprie qualità.

Mauro Icardi all’Inter, secondo episodio: stagione 2014/2015, quella del titolo di capocannoniere

Il secondo spunto sollevato da Digby nel suo pezzo riguarda un eventuale trasferimento di Icardi, soprattutto alla luce della posizione in classifica di un’Inter ormai ben distante dalla zona Champions League. Una competizione che Icardi non ha mai assaggiato in carriera, il suo carnet internazionale si ferma a 15 presenze (e 6 reti) in Europa League. Più una partita giocata con la Nazionale argentina, frutto di un’altra storia controversa e dai contorni davvero poco chiari.

Interrogarsi sul futuro di Icardi vuol dire interrogarsi sul futuro del progetto Inter, sulle ambizioni della nuova proprietà e sul senso che il calciatore vorrà dare alla propria carriera. Il rinnovo firmato in autunno, che ha esteso il suo contratto fino al 2021, ha in qualche modo chiarito questo punto: Icardi ha palesato tutta l’intenzione di diventare un punto di riferimento per il nuovo corso del club. La stessa autonarrazione del personaggio mediatico, per quanto costruita, ha sposato dinamiche e retoriche tipiche del condottiero: i tweet che non riguardano campagne promozionali o momenti strettamente familiari sono sempre accompagnati da emoji colorate e hashtag riferiti all’Inter, le interviste recenti raccontano di una lunga permanenza futura e della speranza di «tornare a vincere presto, alzare tanti trofei con la maglia nerazzurra». A modo suo, Icardi si sente interista, anche se finora questo rapporto non ha portato a grandi risultati di squadra e non è stato privo di momenti di tensione.

Il futuro prossimo prevede ancora Icardi all’Inter. E quindi, in qualche modo, obbliga il club nerazzurro a un upgrade dal punto di vista dei risultati per non alimentare la sgradevole sensazione del talento sprecato. La letteratura di campo su Mauro Icardi è caratterizzata da un dubbio di incompiutezza che nasce dalla mancata verifica delle sue doti su palcoscenici davvero importanti. Per una reale affermazione del giocatore, soprattutto nel calcio di oggi, non possono più bastare i numeri dominanti in campionato, i primati personali. Serve qualcosa di più, e il paradosso è che deve essere l’Inter a garantirlo a Mauro Icardi. Non viceversa, sarebbe poco realistico. Probabilmente anche ingrato. Anche perché basta analizzare l’incidenza del centravanti argentino sulla classifica dei nerazzurri per capire quali siano le proporzioni: se cancellassimo i soli gol decisivi dai tabellini di questo campionato, i punti in meno per l’Inter sarebbero addirittura 14.

Mauro Icardi all’Inter, terzo episodio: stagione 2015/2016

Se il professionista Icardi ha già superato il bivio della scelta di vita e di carriera, decidendo di sposare l’Inter, l’atleta si ritrova di fronte a una strada complicata verso la patente di top player. Supportare il suo talento, aumentare il valore della squadra in funzione di Icardi potrebbe essere il modo per risolvere tutti gli equivoci sulla sua figura. Sarebbe l’esame vero e definitivo anche per stabilire qual è il posto di Icardi nello star system del calcio moderno. La più bella interpretazione di questo concetto è di Roberto Torti, ed è stata scritta su Il Nero e l’Azzurro, sito che si occupa in un certo modo del racconto interista: «Mauro Icardi è un personaggio in costruzione, nel senso più letterale del termine. Intorno alle imprese sul campo ha preso forma anche il resto. Un “resto” che deve essere costantemente, ossessivamente quello di un top player che (ancora) non è. Nel mentre, sia chiaro, Mauro si occupa di fare bene il suo mestiere “vero”. Si allena, gioca, segna. È un ottimo atleta professionista, è un attaccante fortissimo. Che però è all’Inter e non vince niente. È il link che manca per accedere al club dei top player. Un requisito necessario. E allora la costruzione continua, per non rimanere indietro. Anzi, per essere a pari con gli altri, almeno nei contenuti accessori».

L’Inter che ritrova le sue ambizioni di sempre, i suoi palcoscenici storici, permetterebbe a Icardi di superare queste forzature narrative, e di provare a iscriversi davvero al club dell’élite. Di tentare a farlo dall’interno. Sarebbe una grande occasione per Mauro: potrebbe certificare che è stata l’Inter, finora, a recintare la sua esplosione. Potrebbe confermare i rapporti di forza, che oggi lo descrivono come un grande centravanti limitato in e da una squadra incapace di garantirgli la scena giusta per il suo talento. Potrebbe aumentare il peso specifico delle imprese del calcio in un racconto del giocatore ancora troppo influenzato da quello che succede fuori dal rettangolo verde. Finalmente, verrebbe da dire un po’ a tutti. Finalmente, verrebbe da dire anche a Mauro. Che consumerebbe, in questo modo, la più dolce delle rivincite verso i suoi detrattori: quella del campo e basta.