Dante’s inferno

Come ha fatto uno dei migliori centrali del Bayern campione d'Europa a diventare una macchina degli errori difensivi.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a un cambiamento importante, se non radicale, del ruolo di difensore centrale. È una questione che abbiamo dibattuto anche su Undici, dove sia Mario Desiati che Lele Adani hanno analizzato lo sviluppo di una nuova forma di entità difensiva. Il difensore moderno ha acquisito eleganza, proattività, capacità di gestire il pallone in fase di prima costruzione. Già nel 2013 Bleacher Report analizzava l’importanza di avere in squadra un difensore che fosse capace di influenzare il gioco, senza subirlo, senza essere più semplicemente legato alla necessità di intervenire per porre rimedio alle avanzate degli avversari. L’area di interesse del difensore moderno non si limita più all’attesa di un intervento disperato o alla costruzione di una barricata invalicabile. Il nuovo esemplare difensivo ha avuto un’evoluzione in fatto di tecniche di base ed esigenze di applicazione delle stesse. La necessità di una grande capacità di decisione e l’interesse di molti allenatori in una figura difensiva che aiuti la costruzione del gioco partendo dalle sue primissime fasi, ha spostato l’attenzione dal lato puramente “difensivo” a una serie di necessità nuove. Il “nuovo difensore” deve avere capacità nel dirigere il pallone fuori dalla zona di pericolo, non solo allontanarlo rapidamente come un tempo, ma essere abile nel trasformare immediatamente l’azione difensiva in offensiva. Servono concentrazione, controllo, coraggio e una buona dose di tecnica. C’entra anche la capacità di prendersi dei rischi.

In questa scuola di genetica sono proliferati centrali come David Luiz, che deve la propria abilità in fase di impostazione al suo passato da centrocampista, o John Stones, su cui Guardiola ha lavorato intensamente durante il primo (non privo di errori) anno al City. Proprio Stones è uno dei difensori che è più migliorato negli ultimi mesi, ma a livello puramente difensivo è considerabile come un centrale affidabile? Sam Allardyce, ad esempio, ha detto di lui che avrebbe dovuto «insegnargli come si difende». È una questione che riguarda una macro-area riassumibile nella domanda “Cosa significa difendere oggi?”. Da una parte si schiera la vecchia scuola pragmatista del “non prendere gol è l’unica cosa che conta”, mentre dall’altro lato, innovatori come lo stesso Guardiola o Sarri a Napoli, stanno dando un diverso input al significato di difesa. Guardiola è fondamentale per capire il senso della difesa in relazione a un giocatore come Dante Bonfim. Ai tempi del suo primo Bayern, il tecnico catalano è passato in maniera abbastanza rapida dalla volontà di avere in squadra «mille Dante» a non schierarlo nell’undici titolare in maniera regolare. Motivo per cui il brasiliano abbandonò i campioni bavaresi per passare al Wolfsburg in cerca di una nuova identità europea. Ma tra le due esperienze, uno dei pochi punti di contatto è stata la continuità del brasiliano nel commettere errori decisivi. Se partendo dal giocatore più lontano dalla porta, arrivando fino all’estremo difensore, l’incidenza del singolo errore aumenta quanto più si avvicina alla zona di pericolo, gli sbagli di Dante entrano nell’antro mortifero del fatale.

Dove devo andare?

Negli anni, la crescita di incidenza e importanza delle qualità di passatore all’interno del ruolo di difensore si è fatto sempre più centrale. Ovviamente Guardiola è uno degli allenatori che ha maggiormente influenzato l’evoluzione del modello difensivo. In questo senso la qualità d’impostazione di Dante sarebbe potuta essere un buon potenziale per lo sviluppo di un rapporto duraturo. Ancora oggi, il difensore brasiliano è undicesimo per precisione dei passaggi riusciti in Ligue 1, quinto se si considerano i soli difensori. Ma sono dati sufficienti a raccontarne l’approccio difensivo? A Guardiola non interessa soltanto un dato come la precisione, ma è importante la tipologia di passaggi utili allo sviluppo dell’azione, oltre che una certa dose di concentrazione e costanza nel tenere ben a mente i suoi dettami. Eppure c’è qualcosa di assolutamente disperato e assurdo nella parabola di Dante. Nel 2013, alla soglia dei trent’anni, il brasiliano disputa la sua miglior stagione in carriera: vince tutto quello che si può vincere con la maglia del Bayern, è uno dei protagonisti dell’annata da schiacciasassi della squadra di Jupp Heynckes. Ma quando arriva Guardiola in Baviera le cose cambiano.

Una delle grosse lacune di Dante come difensore è proprio l’incapacità di tenere alta la concentrazione per tutti i 90 minuti di gara. Se a questo si aggiunge l’attitudine di Guardiola a preferire, in alcuni casi, l’impiego di un centrocampista difensivo a un centrale di ruolo, si capisce il motivo per cui il brasiliano è infine risultato superfluo nei piani di Pep. C’è una particolare predisposizione in Dante nel perdere la marcatura, oltre a una endemica incapacità di comandare la difesa. Spesso lo troviamo guardarsi intorno come alla ricerca di un riferimento che in realtà dovrebbe essere proprio lui. Quello con Guardiola è stato per Dante un rapporto anomalo, in particolare se si pensa alle dichiarazioni arrivate in momenti diversi: parole che sembrano restituire un bipolarismo tanto reale quanto il suo alternare incapacità difensiva e abilità nel palleggio.

Bayern Muenchen - Training & Press Conference

Gli anni stanno concedendo sempre meno clemenza a Dante. Non è un caso che a dargli una nuova chance sia stato Lucien Favre, che con il difensore aveva già lavorato nella stagione di Bundesliga 2011/12, al Borussia Mönchengladbach, che arrivò quarto in campionato. La domanda che viene da porsi è se la regressione del centrale brasiliano sia dovuta a un eccesso di hybris, di una esagerata confidenza nei propri mezzi fisici o atletici dopo l’ottenimento di grandi risultati, o sia, piuttosto, la naturale evoluzione di una carriera a cui il tempo sta sottraendo sempre più energie.

Dante era tra i titolari del Brasile nella notte della drammatica sconfitta subita dalla Germania nel 2014. La coppia difensiva era formata quella sera da lui e David Luiz, proprio due di quei difensori a cui spesso si ci riferisce con la definizione di “moderni”; in una prestazione che verrà ricordata come una delle peggiori di sempre da parte di una Nazionale arrivata alla fase a eliminazione di un Mondiale, quella dei due verdeoro fu a suo modo indimenticabile. C’è un filo rosso che lega Dante e la storia: sempre lui è il centrale titolare del Wolfsburg nella gara in cui Robert Lewandowski realizzò 5 reti in soli 9 minuti.

Nella gara d’andata contro la Lazio in Europa League, l’errore che regala a Caicedo la rete del momentaneo 1 a 1

La scorsa stagione, con un Nizza in versione extra-lusso, ha in qualche modo nascosto il lento processo di appannamento del difensore. Favre l’ha scelto per la qualità nel far salire la squadra con le sue doti di palleggio, e l’aura di infallibilità che attorniava gran parte della rosa dei rossoneri è stata capace di mascherare alcune lacune che si facevano via via più evidenti. La stagione in corso, complice l’aria di dismissione dovuta al mercato estivo e il doppio impegno che sta sfiancando in nizzardi, ha evidenziato tutte le carenze che sono proprie di un giocatore di 34 anni. Dante è ormai sempre più in difficoltà nel coprire la profondità, ogni volta che un avversario prova a ingaggiare un uno contro uno, si può notare lo sguardo impaurito di chi sa già che non ha più le doti fisiche per reggere il confronto. Tra il primo e il 27 di ottobre, il brasiliano ha vissuto un momento orribile. Dalla sconfitta per 4 a 2 contro il Marsiglia fino al 3 a 0 esterno in casa del Psg, Dante è stato protagonista con un’autorete e una serie di episodi solo impensabili l’anno precedente. In particolare, a tradire sono stati due giocatori come Seri e Cardinale, che insieme a Dante hanno rappresentato le basi su cui costruire i successi dello scorso anno.

Arrivato ormai a fine carriera, Dante sta sfiorendo poco lentamente sotto i pugni del tempo. Anche gli interventi apparentemente più semplici diventano un elemento di difficoltà inattesa. Mentre scorrono i flashback delle annate più vincenti, la realtà attuale mostra uno scenario davvero poco edificante.