La controcultura di Douglas Costa

Anarchico e talentuosissimo: pregi e limiti del brasiliano che non riesce ancora a essere un titolare di ferro.

Allianz Arena, 14 Agosto 2015. È la prima giornata di Bundesliga, il Bayern Monaco ha appena battuto l’Amburgo con un eloquente 5-0. Pep Guardiola, tecnico dei bavaresi, parla in conferenza stampa del nuovo arrivato Douglas Costa: «È già uno dei migliori esterni offensivi al mondo, ma può puntare alla top five del ruolo. La sua qualità migliore è il dribbling, non è facile trovare calciatori bravi come lui in questo fondamentale. Inoltre possiede anche l’intelligenza e la comprensione del gioco che servono per individuare le migliori situazioni, per costruire le occasioni da gol più pericolose».

Il discorso di Guardiola è costruito in modo non casuale, la scelta e le sequenzialità di parole e periodi definiscono il talento, il catalogo tecnico, i limiti di Douglas Costa. La dote più riconoscibile del fantasista gaúcho – la sua cittadina natale, Sapucaia do Sul, dista 35 chilometri da Porto Alegre – è proprio l’eccezionale controllo della palla e della velocità in situazione dinamica: Douglas Costa punta sistematicamente gli avversari in accelerazione, evita in maniera agevole i loro interventi, poi si ricoordina istantaneamente per un nuovo scatto; la conduzione del pallone è caratterizzata da tocchi e spostamenti continui, da evoluzioni rapidissime. È un codice di gioco teso al duello individuale, che rischia di esasperare il possesso e finisce per mettere spesso in secondo piano le sue qualità associative. Allora può succedere che Douglas Costa allunghi di un istante il timing della giocata, appesantisca la sua stessa azione, renda meno immediata e quindi meno pericolosa una lettura avanzata che pure appartiene al suo bagaglio tecnico – un passaggio filtrante, un cross dietro la linea avversaria, un’apertura a premiare la sovrapposizione del laterale difensivo. I dati comparati confermano queste percezioni, anzi le trasformano in evidenze statistiche: Douglas Costa è il primo calciatore in Serie A – oltre le 10 presenze – per dribbling tentati (6,6) e riusciti (5,1) ogni 90 minuti, eppure è in sedicesima posizione per numero di occasioni create per match (2,86).

Pur avendo a disposizione tre soluzioni di passaggio ravvicinato (più una possibile apertura su Lichtsteiner, che alza la mano e chiede di essere servito), Douglas Costa parte palla al piede. E viene fermato dal raddoppio avversario

Nonostante i due anni di anticipo sulla realtà del mercato, il Guardiola del 2015 ha descritto perfettamente l’impatto complesso di Douglas Costa sulla Juventus, sul calcio italiano. Ha individuato coni di luce e zone d’ombra, ha spiegato preventivamente l’incertezza di Massimiliano Allegri rispetto al peso dell’esterno ex Shakhtar nell’economia della sua squadra. Non è un caso che il minutaggio concesso a Douglas Costa sia ridimensionato rispetto alle attese (1.289′ in campo, 12esima quota dell’organico bianconero), come non è un caso che il brasiliano abbia giocato una sola volta da titolare nelle ultime cinque partite di campionato. È una questione essenzialmente tattica, di interpretazione calcistica: Douglas Costa è un esterno istintivo, tendenzialmente anarchico, è un giocatore controculturale per il nostro campionato. Un pezzo pubblicato da Undici dopo l’annuncio del suo arrivo a Torino spiega la sua unicità: «Douglas Costa risulta molto mobile: tende ad allargarsi su entrambe le fasce, taglia spesso il campo longitudinalmente, da destra verso sinistra. È un movimento che, nella sua semplicità, denota una personalità imponente (nel bene e nel male), che dimostra come l’ex Shakhtar non si preoccupi del tempo che scorre. Anche per questa tendenza, il suo atteggiamento sul campo può apparire un po’ elitario, è quasi come se fosse dipendente dalla velocità, ed è caratterizzato da una scarsa dedizione alla causa in fase difensiva. Douglas Costa deve essere capito, perché possa trasformare in profitto le proprie potenzialità».

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Il profilo di Douglas Costa è dunque particolarmente complesso, non replicabile, si tratta di un calciatore “di rottura” rispetto all’impianto di Allegri. Queste sue caratteristiche rendono complicato il processo di scolarizzazione rispetto al ruolo di esterno offensivo nei sistemi di gioco utilizzati dalla Juventus – il 4-2-3-1 a inizio stagione, poi il 4-3-3. Il tecnico bianconero ha applicato un turnover ampio, scientifico, e ha sperimentato Douglas Costa sull’out destro come su quello mancino. La miglior prestazione individuale è arrivata a Napoli, in un contesto tattico insolito, per la Juventus come per lo stesso Douglas Costa. Nel match del San Paolo, contro un avversario dall’approccio proattivo, il tridente asimmetrico scelto da Allegri sbilanciava dal lato del brasiliano, schierato a destra, la costruzione e le transizioni dopo la fase difensiva con baricentro basso. In questo modo, Douglas Costa ha avuto lo spazio (lasciato dal Napoli) e la libertà (accordatagli dal piano partita) di giocare spesso il pallone – 46 tocchi al 90esimo, 6 in più di Dybala e 19 in più di Khedira –, di portarlo dentro il campo conducendolo con il piede preferito. Ha espresso i movimenti e le letture migliori del suo gioco, ha anche fatto fruttare l’azione più riconoscibile del suo repertorio: il gol di Higuaín e un’altra grande occasione nel primo tempo nascono da una sua percussione con traiettoria diagonale da destra a sinistra, tagliando il campo ad altissima velocità.

Douglas Costa e la creazione della superiorità numerica

Per la Juventus certe partite rappresentano un’eccezione, la grande maggioranza delle squadre che affrontano i bianconeri hanno qualità individuali e collettive inferiori a quelle del Napoli, e quindi preferiscono un atteggiamento meno aggressivo e propositivo, che non consente a calciatori come Douglas Costa di avere spazi ampi da attaccare palla al piede. Contro avversari di questo tipo, la Juventus tende a tenere i ritmi bassi, costruisce la manovra d’attacco con grande pazienza, senza sbilanciare troppo la squadra, soprattutto sulle fasce. È un’impostazione che sfavorisce Douglas Costa, senza un supporto continuo il brasiliano finisce per imbottigliarsi in spazi che diventano troppo stretti, anche per le sue grandi qualità nel dribbling.

Nella definizione della nuova Juventus, da quando Allegri ha avviato l’esperimento del 4-3-3 asimmetrico, le scelte per la formazione titolare sono ricadute su giocatori diversi. Nello slot di esterno destro hanno trovato spazio calciatori più associativi di Douglas Costa (Dybala, Cuadrado o Bernardeschi, secondo diverse interpretazioni), mentre Mandzukic agisce nel ruolo ormai consolidato di laterale sinistro. La scelta del tecnico bianconero è stata spiegata così in un pezzo di Undici: «Allegri sembra aver trovato la quadra grazie al consueto apporto in fase di non possesso di Mandzukic, ma è risultato determinante anche l’inserimento in pianta stabile di un terzo centrocampista sul lato sinistro del campo (principalmente Matuidi). In questo modo, la Juventus ha ricominciato a coprire meglio lo spazio in ampiezza e ha recuperato il rendimento difensivo che sembrava smarrito».

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Queste letture tattiche spiegano perché Allegri abbia deciso di utilizzare meno Douglas Costa anche sulla fascia sinistra. Il contributo di Mandzukic consiste soprattutto nel lavoro di sponda per azionare il laterale difensivo (Alex Sandro, nella versione più offensiva della difesa a quattro), oppure per premiare il rimorchio della mezzala sinistra. È una variabile che permette alla Juventus di sfruttare il cambio di gioco in maniera immediata, mentre Douglas Costa andrebbe servito in maniera diversa, magari costruendo linee di passaggio attraverso il gioco di posizione con terzino e interno. Una soluzione non proprio compatibile con i ritmi lenti a cui sono abituati i bianconeri. Inoltre, la diversa consistenza in fase di non possesso (Mandzukic ha una quota di 3,11 eventi difensivi per match, mentre Douglas Costa si ferma a 0,62) consiglia ad Allegri di schierare il croato in coppia con Alex Sandro. I due brasiliani, da inizio stagione, hanno iniziato solamente 9 partite su 28 dal primo minuto. Il rendimento difensivo della Juventus spiega che questa reticenza del tecnico bianconero a mettere insieme i due talenti verdeoro può essere considerata un eccesso di prudenza: in queste 9 partite, i gol subiti sono stati appena 5. Di questi, 3 sono arrivati al Camp Nou, contro il Barcellona.

Juventus-Spal, Douglas Costa e Alex Sandro duettano (bene) sulla fascia sinistra.

Al netto del turn over, la sensazione è che l’inserimento di Douglas Costa come titolare sia stato (momentaneamente?) rallentato dal percorso di ricostruzione difensiva disegnato da Allegri per la Juventus 2017/2018. L’esterno brasiliano, nell’ultimo periodo prima della sosta, è stato messo in secondo piano rispetto a calciatori con profili più disciplinati e tatticamente disponibili, in grado di garantire alla squadra un assorbimento del nuovo sistema senza troppi contraccolpi difensivi. Mentre la Juventus recuperava l’equilibrio mancato in avvio di stagione con il passaggio al 4-3-3 – un solo gol subito nelle ultime 11 partite in tutte le competizioni–, Douglas Costa è stato “interpretato” da Allegri come una variabile importante a partita iniziata (è avvenuto a Cagliari, con un impatto decisivo sul risultato). Ovviamente questa dimensione è riduttiva per un calciatore con il valore assoluto e potenziale di Douglas Costa, anche perché la nuova solidità arretrata potrebbe spingere Allegri a sperimentare soluzioni più offensive. Ad esempio la riproposizione dell’attacco a tre fluido visto a Napoli, con Douglas Costa nella sua posizione preferita di laterale destro a supporto di Dybala e Higuaín; oppure un tridente puro, simmetrico, con il brasiliano a sinistra e Bernardeschi dall’altra parte a sostegno della prima punta.

Una Juve schierata in questo modo, e magari in grado di aumentare l’intensità nella fase di possesso, metterebbe Douglas Costa in condizione di concretizzare il suo titolo virtuale, quello di miglior creatore di superiorità numerica dell’intera Serie A. Ma ci sono dei dettagli da sistemare, ed è un discorso vicendevole, che riguarda il gioco di Douglas Costa come quello della squadra. L’esterno brasiliano può ancora crescere nella gestione di alcune situazioni, come nell’interpretazione composita delle due fasi; la nuova Juventus plasmata da Allegri, ora, può pensare di creare intorno a Douglas Costa un contesto di ritmo (più alto) e mentalità (più offensiva) maggiormente compatibile alle sue qualità. In palio c’è un mix potenzialmente letale per la corsa scudetto, e che potrebbe disegnare scenari allettanti pure per la campagna europea. Vale la pena provarci, dopotutto.

 

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