Calhanoglu, uguale ma diverso

Il turco sta diventando fondamentale nel Milan di Gattuso, pur senza cambiare il suo modo di giocare.

C’è una classifica in cui Hakan Calhanoglu è terzo dietro a Lionel Messi e Mohamed Salah. È il 220° rapporto del Cies, pubblicato lo scorso 26 marzo, sui migliori giocatori ruolo per ruolo dei cinque top campionati d’Europa nel primo trimestre del 2018. Lo studio dell’osservatorio calcistico svizzero, condotto analizzando sei parametri (disciplina, recuperi difensivi, distribuzione dei passaggi, duelli, occasioni create e tiri), prende in considerazione chi è sceso in campo almeno otto volte per un minimo di 45 minuti a gara. Messi è primo tra le ali con un valore medio di 93,7, Salah segue con 89,9 e, a completare il podio, c’è il turco del Milan a quota 88,8. Al quinto posto, pari merito con Son Heung-Min del Tottenham, c’è poi un altro rossonero, Suso, con 87,1.

Prima della partita contro il Bologna, Calhanoglu e Suso avevano giocato insieme 1581 minuti, permettendo al Milan di segnare 1,65 gol a partita e di viaggiare a una media di due punti a incontro; senza di loro i rossoneri ne hanno conquistati appena 0,6. Se lo spagnolo era – ed è – una garanzia di affidabilità, qualità e soprattutto efficacia offensiva, non sbaglia chi definisce il turco un «amuleto». Dopo aver recuperato dall’infiammazione al ginocchio che gli ha fatto saltare le partite contro Torino e Benevento, in cui il Milan ha raccolto solo un punto, Calhanoglu è tornato titolare al Dall’Ara e ha siglato un gol e un assist fondamentali per riportare il Diavolo a un successo che in campionato mancava dal 18 marzo. L’ex Bayer Leverkusen, in campo per 76 minuti, è risultato il miglior giocatore della sfida con una valutazione di 8,32 su WhoScored.

Non cambiare, ma adattarsi

Hakan Calhanoglu è un trequartista che è stato comprato per fare non si sa bene quale ruolo in una squadra che dopo pochi mesi ha cambiato allenatore. 4-3-3, 3-4-1-2, 3-5-2: Vincenzo Montella ha sperimentato tanto, ma non è riuscito a “far girare” il Milan ed è stato esonerato a novembre. Il turco inoltre veniva da quattro mesi di squalifica e all’inizio, per lui, è stato quasi normale incontrare delle difficoltà. Adesso che Calhanoglu sta iniziando a strappare applausi e complimenti per le sue prestazioni è curioso notare come, in un sistema di gioco diverso, un campionato diverso e con un allenatore diverso, le sue caratteristiche (pregi ma anche difetti) siano rimaste praticamente identiche, adattandosi al meglio in un ruolo nuovo, quello di ala sinistra nel 4-3-3 di Gennaro Gattuso.

Nell’asfissiante calcio offensivo del Bayer Leverkusen di Roger Schmidt, Calhanoglu tirava molto (3,2 conclusioni a partita nel 2014/15, 2,8 nel 2015/16 e 3,1 nel 2016/17), dribblava poco (1,1, 1 e 0,8 di media a gara nei tre anni) e, a discapito di una percentuale di passaggi realizzati non eccellente (69,5%, 74,3% e 77,6%), brillava in fatto di key passes (2,2, 2,6 e 2,9). Numeri in linea con quelli che sta collezionando al Milan, in cui è primo per passaggi chiave (2,3 a match, Suso è secondo a 2,2) e tiri (2,8, come lo spagnolo), ma solo quarto per dribbling (0,8 a partita) e addirittura 13° nella percentuale dei passaggi riusciti (82,3%).

Un po’ come successo nella seconda parte della scorsa stagione con l’arrivo in prestito dall’Everton di Gerard Deulofeu, il numero 10 ha permesso ai rossoneri di sviluppare l’attacco anche sulla fascia sinistra, ribaltando più volte il fronte dell’azione tra lui e Suso. Pur giocando in un’altra posizione, insomma, Calhanoglu fa nel Milan tutto quello che faceva al Bayer, e lo fa allo stesso modo, compreso il punto debole evidenziato su Undici al momento del suo acquisto: «L’eccessiva lentezza con cui capita talvolta di vederlo condurre la fase di rifinitura: se non trova lo sbocco immediato si rifugia in conduzioni orizzontali lasciandosi andare a serie di tocchi futili che consentono agli avversari di compattarsi». A San Siro non capita poi così raramente di sentire rumoreggiare il pubblico per qualche tempo di gioco di troppo perso dal turco.

Contro la Sampdoria, Calhanoglu ha tirato otto volte: qui sembra che perda il momento giusto per calciare, poi colpisce la traversa

Il ruolo di Gattuso

Calhanoglu è arrivato al Milan lo scorso luglio. Nella sua prima intervista a Milan Tv ha detto: «La prima cosa che mi viene in mente quando penso al Milan? Gattuso». Ma in quel periodo l’allenatore dei rossoneri era ancora Vincenzo Montella. Con Ringhio il turco ha quindi un legame quasi profetico, e non è un caso che le sue migliori prestazioni coincidano con il miglior periodo del Milan di Gattuso: è entrato per difendere il risultato nel derby di Coppa Italia vinto il 27 dicembre, ha segnato il gol del pareggio tre giorni dopo a Firenze e, dalla partita successiva contro il Crotone, è sempre stato titolare fino all’infortunio alla vigilia della trasferta con il Torino.

A febbraio Gattuso ha rivelato: «Con lui ci ho perso un po’ di tempo per cercare di parlargli. Lo facevo venire in ufficio da me, gli facevo vedere il Calhanoglu del Bayer Leverkusen: era un giocatore che faceva entrambe le fasi, abbinando qualità fisiche a qualità tecniche. E lui ha sentito questa fiducia. Lui ha bisogno della carezza o della cinquina, di farlo sentire importante». È vero che, dopo la sconfitta con la Juventus del 31 marzo, l’allenatore lo ha rimproverato pubblicamente dicendo: «La crescita passa anche dal non fare errori come quello di Calhanoglu sul gol. Va bene perdere palla, ma poi non puoi stare lì a guardare il terreno o urlare ai compagni. Devi muovere il culo e correre dietro agli avversari», ma il rapporto tra i due sembra decisamente migliore di quello tra Calhanoglu e Montella, prima difeso («Condivido le sue scelte e la sua filosofia», a fine settembre) e poi punzecchiato («Nella mia carriera non avevo mai giocato con il 3-5-2 che utilizzava Montella», a fine gennaio).

A 1:16 la palla persa che porta poi al 2-1 di Cuadrado

«Gattuso mi ha detto che avevo la testa piena e dovevo liberarla, pensando solo a giocare. Mentalmente mi ha reso più forte», è il ringraziamento che il numero 10 ha fatto al suo tecnico a fine marzo. In quella testa piena c’erano molte difficoltà, dalla lingua («Non avevo mai giocato fuori dalla Germania, non capivo la lingua, era difficile comunicare») a una causa in tribunale intentata da una cantante, poi condannata per falsa testimonianza e diffamazione, che lo accusava di averla messa incinta, picchiata e costretta ad abortire a furia di pressioni psicologiche nel 2014. Arrivato al Milan con l’etichetta di “mago delle punizioni”, Calhanoglu ha anche sofferto il fatto di non segnarne una dal settembre 2016: a metà tra il serio e il faceto, ha dichiarato che «“punizione” è forse la prima parola d’italiano che ho imparato. Tutti a dirmi: “Hakan segni, Hakan segni”. È anche una questione di pressione».

Un futuro al centro?

Nel 2-1 di domenica scorsa sul Bologna, Calhanoglu ha però giocato più al centro del solito. In questa posizione, dal limite dell’area, ha trovato il gol del vantaggio su sponda di Patrick Cutrone, e dopo un pallone recuperato sulla trequarti ha liberato Giacomo Bonaventura per il raddoppio rossonero. Il suo passato può diventare anche il suo futuro, trequartista in un 4-2-3-1 come al Bayer Leverkusen? Dopo la partita Gattuso ha ammesso di pensarci: «Non lo invento io. Secondo me Calhanoglu è stato fondamentale nel secondo tempo, perché ha chiuso le linee di passaggio e ci ha fatto ripartire bene. È più una necessità, in questo momento. Poi sono d’accordo anche io, può fare il 10, il trequartista».

Avendo già dimostrato di sapersi adattare alle novità, pur dopo un periodo complicato, Calhanoglu potrebbe aumentare ulteriormente il valore delle proprie prestazioni tornando a calcare la sua parte di campo preferita.

Il Calhanoglu di Bologna sarà il Calhanoglu della prossima stagione?