La rassegna di facce dello staff federale alle spalle di Milena Bertolini in conferenza stampa: è questa l’immagine sintetica di uno sforzo, finalmente compiuto, che rimane alla fine di Italia-Portogallo, partita di calcio femminile giocata a Firenze l’8 giugno, che la Nazionale ha vinto per 3-0. La vittoria sancisce, con una giornata di anticipo e a punteggio pieno dopo sette incontri, la qualificazione ai Mondiali di Francia 2019. Un traguardo che alle Azzurre mancava da vent’anni.
I volti, le smorfie di tensione, i sorrisi, i gesti compiti, le posture che tradiscono il ruolo di ciascuno, dal dirigente al tecnico: un intero gruppo chiamato dalla Commissaria tecnica della Nazionale a esporsi, a prendersi la dovuta ribalta, dinanzi a una sala stampa piena di giornalisti, giustamente richiamati dalla possibilità dell’evento, in uno stadio importante come il Franchi. Una meritata condivisione della platea, per un successo inaspettato anche se voluto, che con grande classe Bertolini non ha voluto tenere solo per sé. Un risultato storico, che genera una contrazione dell’animo, espressa tutta nei volti, e superata dai più solo grazie alle incursioni scherzose delle giocatrici o uscendo dalla sala alla fine della conferenza.
Le Azzurre erano chiamate all’ultimo sforzo, per suggellare un percorso brillante (diciotto gol segnati, con quelli di venerdì, e solamente due subiti). Rimane adesso una sola partita, ormai ininfluente, il 4 settembre proprio contro il Belgio, principale rivale del gruppo sei di qualificazione ai Mondiali di Francia 2019. Un match che l’Italia giocherà fuori casa e che vorrà vincere di certo, ma che non serve più a rintuzzare la rincorsa delle belghe. La festa si è compiuta davanti a 6.500 spettatori: forse ci si aspettava qualcosa in più in Federazione, per il tradizionale attaccamento di Firenze agli eventi della Nazionale e per la posta in gioco.
«Favolosi fuochi artificiali color giallo che esplodono come ragni attraverso le stelle»
La frase è di Jack Kerouac, da On the road. Da adolescente mi ossessionava, in positivo. Mi è tornata in mente, ripensando a un momento preciso di Italia-Portogallo. All’83° minuto, sul risultato di 2-0, Ilaria Mauro, attaccante della Nazionale e della Fiorentina Women’s, idolo locale, subentrata a Daniela Sabatino, è diretta verso la porta avversaria, alla caparbia ricerca del gol davanti al proprio pubblico, quando viene travolta e trascinata a terra da Raquel Infante, centrale di difesa del Portogallo.
Le Azzurre si dispongono con uno schema particolare. Accanto alle quattro portoghesi in barriera ci sono quattro italiane in disturbo. Dietro di loro, a metà fra linea di porta e barriera, tre compagne posizionate davanti al portiere, a formare una seconda linea di ostacolo alla visuale. Al momento della rincorsa di Cristiana Girelli, cui è affidata la punizione, queste tre corrono verso la barriera: in una sorta di staffetta prendono il posto delle compagne mentre queste ultime, come animate da un impulso centrifugo, si spargono in tutte le direzioni. Sembra un fuoco d’artificio. Nel frattempo la punizione a giro di Girelli – che in conferenza stampa è venuta a curiosare e a riprendere l’insolita e folta platea di giornalisti – si stampava sulla traversa, una volta superata Patricia Morais, portiere portoghese.
«Quello è uno schema della Federazione, delle Nazionali della Federazione», mi spiega Bertolini. «Tra Nazionale maschile e femminile c’è scambio, quindi è una punizione che noi abbiamo rubato all’Under 20 e la stiamo provando, diverse volte. La proviamo e riproviamo e riproviamo. Siamo riusciti a fare gol con il Galles e oggi Cristiana che è qua ha preso la traversa. Ma fa parte della nostra famiglia delle Nazionali». Dietro di lei sorrisi e ammiccamenti. E io penso che Firenze, donne e gioco della palla – come per Amanda Sandrelli in Non ci resta che piangere – hanno sempre a che fare con il «provare, provare, provare».
Tenacia contro pazzia
La frase di Kerouac era un tributo alla pazzia, che, tuttavia, non è un tratto distintivo di questa Nazionale, se non quando c’è da festeggiare. Un dato dell’Italia femminile è invece la tecnica individuale, unita alla tattica e alla visione strategica complessiva. E poi alla tenacia, che l’Italia ha dimostrato da subito. Si sapeva che il Portogallo presentava delle insidie, perché è una squadra veloce, tecnica, brava nel fraseggio stretto, un po’ meno esperta dal punto di vista tattico. Però la partita era complicata da ciò che c’era in palio. La sensazione forte avuta è quella di volerla stroncare, questa gara. E infatti il Portogallo, pur avendo giocato il primo pallone al calcio d’inizio, non è riuscito a superare la metà campo nei primi quattro minuti del match: sono state schiacciate fino al primo gol, proprio di Girelli, arrivato al quarto minuto su calcio d’angolo della solita Manuela Giugliano (che da Bertolini ha il mandato di battere qualunque calcio piazzato, ovunque nel campo). Dopo il vantaggio l’assetto non è cambiato, e dieci minuti dopo, al 14′, è arrivato il raddoppio con Cecilia Salvai, su ribattuta del portiere dopo l’ennesimo calcio d’angolo. In telecronaca Patrizia Panico, ex stella del calcio femminile, ha commentato: «Questo a dimostrazione di quanto si provano le palle inattive, di quanto possono essere utili». Specie se a calciarle è il piede educato di Giugliano, che in zona mista mi racconta: «Col mister ho un buon rapporto, sono contenta che mi stia dando tanta fiducia. E spero di poterle dare quello che si aspetta. Perché noi a centrocampo siamo una squadra in cui sappiamo che dobbiamo girare. Nessuno è mediano, nessuno è interno: giriamo, ruotiamo. Di sicuro è un centrocampo che si muove».
In questo movimento, il resto della partita è stata fatta di gestione, con qualche lampo della Nazionale italiana. I due cambi portoghesi durante l’intervallo non hanno dato vita a grandi rivoluzioni e il Portogallo, al di là dei tentativi di contropiede, affidati in particolare alla velocità di Diana Silva, ha avuto modo di fare davvero poco.
E al 75′ è arrivato chiaro a tutti il richiamo di Milena Bertolini dalla panchina: «Ragazze, non ci si rilassa!». L’ordine ha risvegliato la squadra che, pur avendo amministrato senza rischi, ha rilanciato, avviando una caparbia ricerca del terzo gol, in particolare da parte di Barbara Bonansea. Un processo chiuso al novantesimo; un esempio della volontà di Bertolini di riportare sempre le proprie giocatrici alla responsabilità del gioco. Di questa determinazione a non mollare un centimetro di campo, una testimonianza è in Alia Guagni (continua la sua percussione sulle fasce e talvolta per vie centrali). Al 92′, sul 3-0, dopo aver perso una palla pericolosa a centrocampo, avrebbe potuto arrendersi al pericoloso contropiede del Portogallo in due contro tre, e invece di adagiarsi a terra si rialzava, correndo dietro all’avversaria, per recuperare in chiusura e fermare il pericolo.
«L’impostazione più che altro è un atteggiamento mentale», è il giudizio conclusivo della Commissaria tecnica. «Noi abbiamo cercato più che altro di sfruttare le nostre qualità, essere aggressive, cercare di fare la partita. Più trovi una squadra tecnica e rapida, più devi essere aggressivo. Ma stasera c’era anche questa ferocia, che ti deriva dall’anima, perché sai che questa è “la partita”. E questo è sicuramente un fatto positivo».
Prospettive mondiali
È inutile negarlo: l’interesse sulla partita, al di là del traguardo storico, sta anche nella coincidenza con il fallimento della Nazionale maschile, non qualificata ai Mondiali di Russia. «Non è una rivincita. Il fatto che la Nazionale maschile non sia andata ai Mondiali è una sconfitta, per tutto il movimento», ha commentato Bertolini in conferenza stampa. «Per noi però c’è solo orgoglio. Questa Nazionale che va ai Mondiali dà soddisfazione a tutti gli addetti ai lavori del calcio femminile, dai miei colleghi ai dirigenti e ai club. È chiaro che abbiamo avuto un vantaggio sul piano mediatico, che però le ragazze si meritano». E su quelle che sono le prospettive per Francia 2019: «Adesso ci vorremmo godere questa vittoria, poi ci penseremo. Quello che posso dire è che queste ragazze hanno grande qualità, e l’hanno fatto vedere. Quindi credo che sia normale per noi, quando affrontiamo una manifestazione, andare là per fare il meglio».