Kalinic prima di Kalinic

Gli altri giocatori cacciati dalle proprie Nazionali durante il Mondiale.
di Redazione Undici 19 Giugno 2018 alle 11:29

L’attaccante del Milan Nikola Kalinic è stato cacciato dal ritiro mondiale della Croazia per essersi rifiutato di scendere in campo nella partita vinta 2-0 dai balcanici sulla Nigeria. Lunedì il ct croato Zlatko Dalic ha annunciato la sua decisione in una conferenza stampa dicendo: «Nikola si stava scaldando nel finale contro la Nigeria, lo volevo mettere ma mi hanno detto che non sarebbe entrato. Lo stesso era successo contro il Brasile. Mi servono giocatori sani, che possano aiutare la squadra e i compagni. L’ho rimandato a casa perché non è così, se per tre volte non sei pronto».

Kalinic non è il primo giocatore della storia a essere rispedito a casa durante un Mondiale: il giornalista spagnolo Alexis Martín-Tamayo, famoso su Twitter per l’account MisterChip, ha raccolto i casi precedenti. Nel 2014, prima dell’ultima partita del girone contro il Portogallo, il Ghana allontanò Sulley Muntari e Kevin-Prince Boateng per motivi disciplinari: si parlò di una rissa tra i due e di alcuni screzi con il ct Kwesi Appiah e altri membri dello staff. Nicolas Anelka, nel 2010, insultò l’allenatore Raymond Domenech nell’intervallo della partita persa contro il Messico e, rifiutando di scusarsi pubblicamente per le sue parole riportate in prima pagina da L’Équipe, fu cacciato dal ritiro in Sudafrica.

Tra gli indisciplinati dei Mondiali ci sono pure lo sloveno Zlatko Zahovič (2002, litigi con il ct), il romeno Ion Vladoiu (1994, dopo una squalifica per tre giornate in seguito a un fallaccio sullo svizzero Orhel), il tedesco Stefan Effenberg (1994, perché alzò il dito medio verso i tifosi dopo una sostituzione) e il colombiano Faustino Asprilla (1998, che criticò l’allenatore in un’intervista). L’irlandese Roy Keane, nel 2002, fu costretto a lasciare il ritiro dell’Irlanda prima dell’inizio del Mondiale in Giappone e Corea del Sud nonostante fosse il capitano e l’uomo simbolo della squadra guidata da Mick McCarthy. «Non posso consentire a nessuno di trattarmi come ha fatto Keane. Perdiamo un grande giocatore, ma preferisco avere una squadra unita, in cui nessuno remi contro», spiegò il ct. Keane si lamentò della lunghezza del viaggio, della sede scelta per il ritiro della sua Nazionale e per il campo d’allenamento e manifestò tutto questo a McCarthy in pieno stile Roy Keane.

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