Un giocatore per l’estate – Coutinho

Dopo il buon Mondiale, il centrocampista è alla ricerca di centralità anche nel nuovo Barça orfano di Iniesta.

Nel dicembre 2015, spiegando i motivi della crescente centralità di Coutinho nel primo Liverpool di Klopp, Marco Zucchetti sosteneva su Undici che «da falso nove e fantasista allo stato brado, a 23 anni ormai Coutinho si è ritagliato un altro ruolo, quello più che altro di centrocampista offensivo. La velocità di pensiero ereditata da Snejider e la cristallina visione di gioco, unita al dribbling e a una sorprendente propensione ai tackle, lo rendono letale lì, nel cuore della battaglia. Coutinho è un eccellente tiratore, crea il break, ribalta l’azione in tre tocchi, gioca di prima. È un regista avanzato moderno e ultratecnico sia come centrale sia decentrato a sinistra». Si tratta di un’anticipazione di quello che Barney Ronay avrebbe scritto sul Guardian quasi tre anni dopo, commentando la prestazione nella partita contro il Costa Rica al Mondiale russo, risolta, tra l’altro, da un suo guizzo nel finale: «Coutinho è stato una costante di ogni passaggio e di ogni singolo cambio di lato. Guardandolo giocare, totalmente in grado di correre, passare, consolidare il possesso grazie al suo innato equilibrio nelle due fasi, non si poteva non pensare che, tra i centrocampisti di oggi, solo Modric possiede una tale naturalezza. Sono giocatori che esprimono il calcio e la sua energia in ogni movimento che fanno».

Il colpo decisivo contro il Costa Rica

In effetti, l’ultima rassegna internazionale non solo ha certificato l’avvenuta trasformazione del brasiliano in giocatore offensivo universale, ma ha anche giustificato la volontà e la fretta del Barcellona di assicurarselo a tutti i costi e a una cifra sostanzialmente fuori mercato (160 milioni di euro pagati lo scorso gennaio). Non è una questione di numeri (due gol, altrettanti assist, 2,6 passaggi chiave a partita, quasi il 90% di precisione di passaggio su poco più di 65 tocchi di media ogni 90’: questo il suo score in Russia) ma di percezioni legate a quello che Coutinho è in grado di fare sul terreno di gioco e ai benefici che può apportare all’interno di un sistema liquido come quello di Valverde. L’idea di partenza, legata banalmente alla visione di “surrogato” di Neymar, è stata superata dal tempo, dalle circostanze (il recente arrivo di Malcom oltre alla necessità di rilanciare Dembélé) e dalla volontà del tecnico di implementare un modulo alternativo (il 4-3-1-2, con il ruolo di trequartista affidato a un giocatore di corsa e inserimento) al classico 4-3-3: di fatto “The Little Magician” è potenzialmente il vero ago della bilancia del Barca 2018/2019, nello scomodo ruolo di primo erede di Iniesta sia per quel che riguarda l’associatività e la multidimensionalità sviluppate nell’ultimo terzo di campo, che per la continuità con la narrazione che identifica nel “free eight” l’elemento alla base del successo della filosofia blaugrana, Messi o non Messi.

Coutinho è la vera “arma totale” a disposizione di Valverde per dare un senso compiuto al suo progetto tattico: da trequartista puro può sfruttare le sue qualità fronte porta (il tiro dalla distanza, la capacità di aumentare le linee di passaggio disponibili in situazioni di difesa schierata, la possibilità di cercare con maggiore frequenza l’attacco della profondità per linee interne) sgravando lo stesso Messi dai compiti di rifinitura e permettendogli di concentrarsi unicamente sulla finalizzazione, con tutti i benefici derivanti dall’aumento del tasso di conversione dell’argentino; da esterno offensivo non avrebbe problemi a far (ri)emergere le sue caratteristiche di base in un sistema pensato per esaltarle: basti pensare che, nelle ultime otto gare con il Liverpool (sette gol e cinque assist), Coutinho è stato il giocatore che ha dribblato (quasi cinque uno vs uno di media, con una percentuale di successo del 70%) e tirato (quattro conclusioni a partita, di cui 2,8 da fuori area) di più; da mezzala sinistra di raccordo che agisce nello spazio di mezzo di riferimento, sarebbe in grado di interpretare a modo suo il ruolo che fu di Iniesta, alternandosi con Rakitic (novello Xavi) tanto nell’attacco dell’area di rigore attraverso la ricerca del tocco in verticale quanto nel consolidamento del possesso, con Busquets centro di gravità permanente di uno schieramento comunque equilibrato nonostante la contemporanea presenza di tutte le principali bocche da fuoco. Una fusione tra tradizione e innovazione che potrebbe acquisire senso compiuto quasi esclusivamente grazie a lui.

Al di là di suggestioni e simbolismi, la sensazione è che la prossima sia la stagione che determinerà la legacy di Coutinho, a sigillo di un percorso di crescita che, a 26 anni – l’età del massimo sviluppo psicofisico di un calciatore di alto livello – può dirsi finalmente concluso. Dopo aver avuto la pazienza di ricostruirsi a livello tecnico e umano, superando le iniziali timidezze anche in funzione di quella maggiore personalità che oggi esprime sul campo, è arrivato il momento di trovare il proprio posto nel mondo: «Coutinho ha tutte le qualità tipiche del top player moderno – ha dichiaro Tite lo scorso marzo dopo l’amichevole contro la Germania –. Le sue qualità di passatore, la sua competitività, la sua velocità di pensiero ed esecuzione, gli assist che è in grado di fornire…e ora è molto più maturo, che è la cosa più importante». Non c’è più nulla o nessuno da aspettare. Adesso sta solo a lui.