Se è vero che per un centravanti di una squadra di vertice i gol vanno pesati oltre che contati, Mario Mandzukic si trova certamente nel bel mezzo della sua miglior stagione dal punto di vista realizzativo degli ultimi cinque anni: 7 reti in 15 partite, a meno sei dal suo massimo in carriera con la maglia della Juventus, con lo score dello scorso campionato già migliorato. Ma soprattutto il croato è andato a segno in tutte le partite importanti (doppietta al Napoli, gol contro Lazio, Milan e Valencia) di questo inizio di 2018/19 lanciato dei bianconeri. E che questa circostanza si stia verificando proprio nell’anno in cui Cristiano Ronaldo sta monopolizzando gran parte delle soluzioni offensive deve stupire relativamente: Mandzukic si sta dimostrando ancor più condizionante rispetto al passato in una Juve da 17 vittorie nelle prime 19 gare stagionali e da 52 punti su 57 disponibili.
Quando Massimiliano Allegri, nel raccontare la composizione del suo tridente d’attacco alla vigilia della gara dello Stadium contro il Valencia, dice «sarà un 4-3 e poi vediamo che casino facciamo davanti!» – frase arrivata, non a caso, nel periodo in cui il numero 17 era tornato pienamente a disposizione dopo l’infortunio alla caviglia che lo aveva tenuto fuori due settimane – non fa altro che ribadire in chiave ironica come la principale caratteristica della Juventus di quest’anno risieda nell’estrema fluidità posizionale in ogni zona del campo. E, nell’ultimo terzo dello stesso, tale liquidità ed interscambiabilità di ruoli, posizioni e compiti, viene garantita proprio dalla grande adattabilità del croato nell’agire con eguale efficacia sull’intero fronte offensivo.
Il grande inizio di stagione del croato
Di fatto, oggi esistono due Juve: una con Mandzukic titolare insieme a Dybala e CR7 e un’altra in cui, in assenza del croato, la scelta è quella di riempire l’area con gli inserimenti delle mezzali liberati dal movimento delle punte, anche grazie a una fase di possesso resa molto più efficace dalla contemporanea presenza di giocatori di qualità: si pensi, ad esempio, alla grande partita di Old Trafford contro lo United e al quadrilatero Cancelo-Bentancur-Cuadrado-Dybala in grado di garantire una perfetta occupazione degli half spaces tanto in ampiezza quanto in profondità, lasciando a Ronaldo il compito di allungare a piacimento la difesa dei Red Devils.
Non è più, quindi, una questione strettamente legata all’ interpretazione del ruolo di esterno atipico (destro o sinistro cambia poco) quanto di capacità di leggere le singole situazioni di gioco all’interno della stessa partita, adattando la posizione al movimento di compagni ed avversari: le reti di Matuidi al Parma e di Ronaldo all’Udinese originano proprio dalla sottovalutata capacità di Mandzukic di agire in regime di read and react immediato.
Queste due mappe relative ai tocchi effettuati dagli attaccanti della Juventus in determinate zone di campo mostrano la rinnovata fluidità posizionale della squadra di Allegri, con Mandzukic cartina di tornasole ben più di CR7: nel 2017/18, il croato lasciava a Gonzalo Higuain il compito di occupare gli spazi centrali, agendo prevalentemente sull’esterno sinistro anche in fase di non possesso; in questa stagione, invece, lo scambio di posizione con i compagni di reparto è continuo e costante, con i movimenti parametrati in base a ciò che di volta in volta oppone la difesa avversaria (via Tacticsplatform)
Difficile, comunque, che Allegri rinunci al suo numero 17 se non per cause di forza maggiore, non foss’altro per la sua capacità (unica, in considerazione della composizione del reparto offensivo) di riempire l’area, sfruttando al meglio una giocata codificata dei bianconeri, il cross sul secondo palo a tagliar fuori il centrale di riferimento per sfruttare il mismatch fisico con il terzino avversario: le reti contro Napoli e Milan (ma anche la doppietta al Bernabéu contro il Real Madrid nella scorsa stagione) sono la rappresentazione plastica di una “coperta di Linus” comoda ma non esperibile in sua assenza, vista l’attuale tendenza di Cristiano ad allargarsi sulla sinistra per ricevere il maggior numero possibile di palloni giocabili e la momentanea assenza di un giocatore abile negli inserimenti centrali senza palla come Sami Khedira, spesso pronto a surrogarsi al croato nel ruolo di “centravanti ombra”.
Ribaltamento del fronte del gioco in quattro passaggi a liberare l’esterno sul lato opposto, cross sul secondo palo a tagliare fuori i due centrali impegnati a seguire Ronaldo e l’inserimento della mezzala che non ha partecipato al possesso, inserimento di Mandzukic sul lato debole a sovrastare fisicamente il terzino: il gol al Milan è uno dei trademark della Juventus 2018/19
Ancor più prezioso, tuttavia, è l’apporto in fase di non possesso, reso ancor più importante dalla relativa partecipazione alla stessa di Dybala e del portoghese: avendo la Juventus deciso di rinunciare ai principi della difesa posizionale, lasciando costantemente alti almeno due giocatori per provare a ribaltare velocemente l’azione dopo il recupero palla, uno come Mandzukic (1,4 contrasti, 0,4 intercetti e 0,7 recuperi effettuati ogni 90’) in grado di correre all’indietro in aiuto di difesa e centrocampo, risulta fondamentale nell’impedire lunghe fasi di inferiorità numerica che, per una squadra che sta ancora imparando ad accettare i rischi dell’uno contro uno a tutto campo, potrebbero essere letali. Fondamentali che non sono ancora del tutto nelle corde di Douglas Costa e, parzialmente, di Cuadrado.
Non mancano, ovviamente, i lati oscuri della medaglia: al netto della già menzionata e rinnovata fluidità offensiva, la stessa risulta comunque qualitativamente inferiore rispetto a quella ammirata nelle partite in cui Mandzukic non era sul terreno di gioco, probabilmente le migliori della Juventus dal punto di vista meramente prestazionale. Il motivo principale è da ricercarsi in una manovra maggiormente cristallizzata su determinati principi (e quindi più prevedibile), nella difficoltà di trovare adeguati riferimenti tra le linee che non siano Dybala e in una minor precisione nel fraseggio stretto, essendo il croato più avvezzo a giocare di sponda con la palla che viaggia negli spazi e senza la necessità della stessa accuracy richiesta da una giocata sui piedi del compagno. Senza contare tutto ciò che la presenza dl numero 17 comporta sulla posizione e sui compiti di Ronaldo: il quale, pur essendosi riscoperto uomo assist, vive lunghe fasi di partita costretto ad prolungato e, talvolta, eccessivo stazionamento sul fronte sinistro e risultando meno determinante in fase di conclusiva. E questo nonostante il gol più importante di questo inizio di stagione, quello contro il Valencia utile per spedire la Juventus agli ottavi di Champions League con un turno d’anticipo, sia originato proprio da questa “forzatura” che sembra essere l’unico modo possibile per far coesistere due giocatori che sarebbero nominalmente due centravanti, seppur con caratteristiche diverse.
Il gol pesantissimo al Valencia
Si tratta, in ogni caso, di un compromesso necessario per far coesistere e ruotare al meglio gli uomini a disposizione in base alle loro caratteristiche per massimizzare l’impatto dei singoli all’interno del collettivo. E nessuno in questa Juventus, ad eccezione di un Ronaldo che è comunque fuori categoria di default, riesce a essere più impattante e condizionante di Mario Mandzukic, attaccante (non più) atipico che ha ribaltato nuovamente i canoni di una narrazione fattasi fin troppo aderente all’idea del sacrificio, della “vita da mediano” dell’area di rigore, del sacrificarsi in nome di una causa più grande. Non che abbia smesso di farlo, anzi: semplicemente lo sta facendo in un modo diverso e che credevamo avesse dimenticato. Segnando i (tanti) gol che servono ad una squadra che punta a vincere tutto.