Matthijs de Ligt, predestinato

Anche la scelta di andare alla Juventus era scritta nelle stelle.

Quando Matthijs de Ligt venne scelto come capitano dell’Ajax all’età di diciotto anni, i suoi compagni di squadra stranieri furono sconvolti da questa violazione delle immutabili gerarchie calcistiche. Nel giro di poche settimane, tuttavia, avevano completamente accettato il suo ruolo. De Ligt, all’epoca già regolarmente nel giro della Nazionale, era un leader nato che si comportava come se avesse trent’anni. Riusciva, inoltre, a rimanere vivace, tranquillo, quello che gli olandesi chiamano (con sommo apprezzamento) normaal. Era un tale perfezionista che non si sarebbe mai immaginato di essere perfetto. Tutte queste caratteristiche spiegano perché la Juventus l’abbia scelto e, più precisamente, perché lui abbia scelto la Juventus.

Aveva più o meno otto anni quando la squadra di Abcoude, il paese in cui viveva appena fuori Amsterdam, lo segnalò all’Ajax. Inizialmente sembrava troppo lento e sovrappeso, ma uno scout si accorse del padre che guardava la partita da bordocampo, snello e filiforme, e si tranquillizzò. A sedici anni debuttò nella prima squadra dell’Ajax, e nel giro di alcune settimane già ordinava ai compagni di difesa in quale posizione mettersi. Costruito come un tir, sapeva trasformarsi in una moto da corsa nel giro di un secondo e mezzo. E mostrò anche altre qualità come un dribbling elegante, passaggi verticali precisi con entrambi i piedi, e un intuito al limite del geniale per gli inserimenti su calcio d’angolo.

Nel maggio 2017, all’età di 17 anni, diventò il più giovane giocatore di sempre a giocare una finale europea, contro il Manchester United in Europa League. L’Ajax fu sconfitto 2-0, ma de Ligt vinse il 69% dei duelli, come nessun altro compagno. Il suo primo agente, Batty Hulshoff, doveva in continuazione rivedere i piani per la sua carriera, via via che Matthijs distruggeva gli obiettivi con anni di anticipo sulla tabella di marcia. Era dai tempi di Clarence Seedorf, 25 anni prima, che l’accademia dell’Ajax non produceva un giocatore così precoce.

Poco meno di un anno fa, de Ligt ha guidato i Lancieri in una campagna sbalorditiva, fermata soltanto a un minuto dalla finale di Champions League. Ha mostrato ogni qualità che serve a un difensore centrale, riuscendo a segnare contro Tottenham e Juventus, e tuttavia commesso non pochi errori difensivi: con l’Olanda contro Germania, Inghilterra e Portogallo; nella sconfitta fatale dell’Ajax in casa contro il Tottenham, in semifinale di Champions, la rimonta degli inglesi è cominciata quando de Ligt ha abbandonato la sua posizione per seguire un’inutile punizione, con l’Ajax in vantaggio 2-0, mancato una scivolata a centrocampo, e guardato gli Spurs segnare passando proprio attraverso il buco che aveva lasciato.

Con l’Ajax, de Ligt ha disputato 117 partite in competizioni ufficiali, di cui 30 nelle coppe europee (Michael Steele/Getty Images)

Eppure, praticamente ogni singolo grande club d’Europa lo voleva. De Ligt si è affidato a Mino Raiola, ed è stata una scelta perfetta: Raiola ha passato l’ultimo quarto di secolo a perfezionare l’arte del trasferimento. Un pomeriggio del 2016, nella sua casa di Haarlem, mi spiegò il suo sistema. Anziché attendere il primo passo di una squadra, Raiola sceglie quale club è il più adatto al giocatore, e poi tenta di creare il trasferimento. Come si identifica la squadra giusta? «Devi andare da quella che ha bisogno di te». E, naturalmente, il giocatore deve aver bisogno di quel team. Per farla breve: la Juventus non ha scelto de Ligt; de Ligt e Raiola hanno scelto la Juventus.

I soldi, insiste Matthijs, «non hanno avuto nessun ruolo» nella sua scelta. Sarebbe diventato super-ricco ovunque sarebbe andato, e per un ragazzo che viene da una famiglia benestante senza una grande passione per lo shopping e che punta a 15 anni di carriera al top, un milione da una parte o dall’altra importa poco.

Il passaggio alla Juventus nell’estate 2019 per 75 milioni di euro è la terza operazione di mercato più costosa nella storia della Serie A; solo Ronaldo e Higuaín sono stati pagati di più (Marco Bertorello/AFP via Getty Images)

Piuttosto, la Juventus è andata in vantaggio in questa gara già a metà degli anni Novanta, quando Raiola notò un centrocampista ceco che gli ricordò suo padre, ristoratore stakanovista. Raiola mi disse: «Pavel Nedved è un estremista. L’unica cosa che pensa di se stesso è che non può giocare a calcio. Ma può allenarsi più forte di chiunque altro». Nedved considerava gli allenamenti con le squadre in cui giocava una specie di aperitivo, dopodiché tornava a casa e si allenava ancora di più. Raiola portò Nedved alla Lazio, e più tardi alle Juve. Oggi, in qualità di vicepresidente, Nedved è l’uomo che ha acquistato de Ligt.

Anni passati a osservare Nedved (con cui è rimasto amico) hanno rinforzato in Raiola la lezione imparata dal padre: gli “estremisti” ce la fanno. Il corollario: un giovane ambizioso deve circondarsi di estremisti. Per questo, nel 2004, Raiola portò Zlatan Ibrahimovic dall’Ajax alla Juventus. Questa volta, ha scelto di trasferire de Ligt all’università della tecnica difensiva. Raiola ha detto: «È chiaro che è il miglior giovane difensore in circolazione. Adesso ha bisogno di tempo per dimostrare che è il migliore anche a un altro livello». E la Juve ha bisogno di de Ligt perché, a differenza di Giorgio Chiellini e Leonardo Bonucci, l’olandese è cresciuto sulla linea di centrocampo – il posto dove Sarri vuole i suoi centrali. Il suo obiettivo: diventare il miglior difensore del mondo, e difendere quel titolo per un decennio.

Da Undici n° 29